Entriamo nel vivo, ormai. La terza stagione di Daredevil ha iniziato a scoprire le proprie carte e a indicarci dove vuole collocare i suoi protagonisti: nel più profondo e sconsolato caos. The Perfect Game e The Devil You Know sono due episodi che tracciano una strada precisa attraverso i due temi portanti di questa stagione. Il cambiamento che, a differenza di quanto si potesse pensare all’inizio, non investe solo Matt Murdock ma tutti i personaggi e il delirio in cui la mente di Wilson Fisk sta gradualmente spedendo tutti coloro che lo circondano.
Interessante come, da un punto di vista non solo narrativo, ma anche di economia della serie, la quinta puntata sia quasi interamente dedicata a Dex, in un racconto della sua vita attraverso gli occhi di Fisk. Dedicare così tanto minutaggio a questo personaggio ci permette di comprendere quanto importante sarà nello sviluppo della storia, e un assaggio in questo senso lo abbiamo già nell’episodio successivo. Nasce infatti, grazie a Wilson Fisk, Bullseye, la versione televisiva del personaggio dei fumetti acerrimo nemico di Daredevil. Ma facciamo un passo indietro.
L’espediente scenico di inserire Wilson Fisk nella rappresentazione dei momenti salienti della vita di Dex, come simbolo del fatto che il criminale stia leggendo e ascoltando i file riguardanti la vita del ragazzo, è una scelta intelligente. In questo modo, infatti, siamo visivamente preparati al fatto che Fisk stia subdolamente entrando nella vita dell’agente, spingendolo sul fondo del barile attraverso il quale lui stesso gli lancerà una fune di apparente salvezza.
“Questa città ha bisogno di un nuovo cattivo”.
L’opinione pubblica, lo sa bene Fisk, si distrae facilmente, e cosa c’è di meglio se non creare un finto Daredevil assassino a cui attribuire la colpa di una strage nella redazione di un giornale? Di certo si smetterà di parlare di lui e anzi, forse in questo modo, potrà ergersi a salvatore della città: come l’uomo che eliminerà Daredevil. Senza che la gente sappia che quel Daredevil è stato da lui creato. La manipolazione nei confronti di Dex, infatti, gioca tutta attorno al concetto di esclusione e abbandono: “quelli come noi“, gli dice Fisk, non saranno mai accettati dal mondo. È tempo, dunque, di smettere di vivere nella struttura rigida in cui siamo compressi, e di iniziare a inserirci per quello che siamo.
Dex è uno psicopatico. Attraverso le giuste stelle polari della sua vita era riuscito a controllare questo aspetto, ma la perdita del lavoro e il rifiuto della ragazza di cui è visceralmente e morbosamente innamorato consegnano a Fisk (autore di entrambe le vicende) l’opportunità per sfruttare tutto il lato malato del ragazzo: gli dà il costume di Daredevil e lo manda a uccidere il testimone, Evans, che a momenti avrebbe incastrato lo stesso Fisk. C’è un ordine preciso per Dex: se ti chiedono chi tu sia, la risposta deve essere “Sono Daredevil”.
L’abbandono, sottolineato da Fisk a Dex nella sua arte manipolatoria, è tematica comune e ricorrente anche per Matt in questa coppia di episodi. Sono Foggy prima, e la suora Maggie dopo, a sottolineare come Matt sia stato sempre abbandonato nella sua vita, ed è compito dei suoi amici (cioè lo stesso Foggy e Karen) non voltargli le spalle adesso, anche se meriterebbe un trattamento simile.
In questo, il cambiamento scorre perpetuo come un fiume in piena: ci siamo chiesti che fine avesse fatto Matt Murdock, eliminato anche simbolicamente con la rinuncia a bastone e occhiali. Adesso lo vediamo tornare, solo formalmente, con gli occhiali e il bastone che però sono il preludio a qualcosa di più: la volontà di consegnarsi all’FBI per aiutare i propri amici, con cui diceva di non voler avere niente a che fare fino a qualche puntata fa.
Ma, come anticipato, Matt non è l’unico in perpetuo cambiamento. Karen rappresenta, in questo senso, una figura drammatica in The Devil You Know. Oltre a rivelare all’amico e avvocato Foggy il suo crimine a cui abbiamo assistito nella prima stagione, mostra un cinismo e una determinazione che colpiscono anche Matt. Esempio lampante è il ricatto a cui sottopone il criminale Evans per costringerlo a testimoniare.
Il Diavolo, sembra dirci la serie, può celarsi veramente in ognuno di noi.
Come sempre, infine, è piacevole cullarci nello spazio e nel peso che Daredevil attribuisce all’aspetto tecnico. A tal proposito, il combattimento tra Dex e Matt è un altro piccolo capolavoro: non è girato in piano sequenza (come quello dell’episodio 4), ma ha pochissimi cut e la telecamera anticipa, con le inquadrature, gli spazi in cui i due combattenti si scontreranno. Un plauso a Stephen Surjik.