Aftermath inizia con il Quartetto n.12 di Beethoven, primo degli ultimi cinque quartetti del musicista tedesco. In particolare, ascoltiamo il primo movimento: Maestoso – Allegro. Non a caso, infatti, esso accompagna il trionfo di Wilson Fisk nella sua suite, che è riuscito ad arredare con quasi tutti i suoi averi. Ma non è tutto. Scopriamo subito dopo, infatti, di un passaggio segreto che consente a Fisk di raggiungere una stanza colma di telecamere che controllano l’FBI e, in un certo senso, l’intero quartiere. Mettere Daredevil alla gogna mediatica è la ciliegina sulla torta: il male sta vincendo.
La settima e l’ottava puntata, Aftermath e Upstairs/Downstairs, interrogano i protagonisti e gli spettatori sul significato di eroe. La nuova versione di Matt Murdock, che stiamo imparando a conoscere, risponde a questa definizione? Ci sono, in questo senso, due snodi fondamentali, uno verbale e l’altro comportamentale. Mentre è a caccia dell’uomo che ha indossato la tuta di Daredevil e compiuto una strage al Bulletin, Matt cerca e trova Melvin, l’uomo che in passato l’aveva prodotta per lui e che ora si è piegato alle richieste di Fisk. La prima cosa che il delinquente gli dice è “Posso fartene un’altra“, ma Matt gli risponde:
“La tuta non mi rappresenta più”.
Il costume di Daredevil è, come per quelli di ogni supereroe, un simbolo, oltre che un mezzo pratico utile nel combattimento. Abbandonare la tuta per Matt non significa solo svestire un comodo insieme di armi che lo agevolavano nelle lotte, ma vuol dire rifiutare ciò che il costume rappresenta: il suo essere un eroe. Il ritorno al suo vestiario improvvisato della prima stagione, infatti, gli conferisce quell’aspetto di vigilante molto più confacente all’uomo che è in questo momento.
Il secondo snodo, invece, avviene poco dopo: riuscito a scampare alla trappola di Melvin, Matt deve scegliere se salvarlo dall’FBI o mettersi in salvo. Cosa farebbe un eroe? Di certo rischierebbe la vita per salvare il suo amico, anche se lo aveva appena tradito. Ma Matt si mette in salvo, abbandona Melvin: questo gesto coincide con la morte dell’eroe che era un tempo, e la nascita di un altro tipo di eroe, un Daredevil che guarda al bene superiore. A chiudere questo cerchio di cambiamento sono le parole rammaricate della ragazza di Melvin, la poliziotta Betsy, che dice a Matt “[Melvin] Ti riteneva un eroe!”. La risposta di Matt è un assordante silenzio.
Il percorso di sviluppo di Matt rischia di essere messo in totale crisi (non sappiamo però con che risvolti) dalla scoperta che l’amata suora Maggie è in realtà sua madre: con questa notizia si conclude l’ottavo episodio, che ha concentrato l’attenzione sul personaggio dell’agente speciale Nadeem e su Dex. Il primo, in particolare, si rivela essere molto più complesso e meno stereotipato di quanto avevamo pensato alla fine dell’episodio 6 (nel momento in cui crede, come quasi tutti, alla bufala che Daredevil abbia massacrato il Bulletin): è disposto, infatti, a farsi aprire gli occhi dal vero Daredevil e a lavorare per scoprire come Fisk sta usando l’FBI per i suoi scopi.
Collabora con Matt al punto da scoprire che Dex è l’uomo in costume che ha ucciso Evans al Bulletin per conto di Fisk. La sua figura, ispira inizialmente empatia (a causa delle difficoltà economiche della famiglia), poi rabbia per la stupidità avuta nel fidarsi di Fisk, e nuovamente empatia perché dotato di una caratteristica non irrilevante: vuole la verità.
Meritevole di empatia (mista soprattutto a compassione) è anche Dex, un uomo che vive sul filo del rasoio. Vuole stare meglio, vuole controllare il suo lato psicopatico, ma non capisce che fidarsi di Fisk è stato l’inizio della sua fine. Il criminale, infatti, ordinerà di uccidere Julie, la ragazza di cui Dex è innamorato e alla quale ha chiesto aiuto, in modo da essere l’unico riferimento per l’agente FBI: tuttavia, non è da escludere che il ragazzo possa ribellarsi a Fisk nel momento in cui dovesse scoprire (se ciò avverrà) che ha ucciso la sua amica.
Nonostante ciò, Dex si avvicina sempre più alla definitiva perdita del suo lato umano a vantaggio di quello mostruoso: simbolo di questo inesorabile trionfo del male è il bruciare tutte le audiocassette delle terapie che lo aiutavano a ritrovare la rotta quando perdeva la ragione.
Arrivati a questo punto, Daredevil ha predisposto tutti gli elementi giusti per una seconda e finale parte di stagione decisamente entusiasmante. Il livello tenuto finora è altissimo, e la speranza è che venga mantenuto così o, magari, portato a uno step superiore. Charlie Cox svolge in questa stagione un lavoro eccelso e superiore a quello delle precedenti, trasmettendo più chiaramente il dissidio interiore che vive il suo personaggio, costantemente picchiato sia fisicamente che moralmente: la sua ultima scoperta, forse, ci porterà a un livello interpretativo che finora non abbiamo mai visto.