Dirk Gently: Holistic Agency torna e riparte da dove ci aveva lasciato. Ci apprestiamo alla visione di questi dieci episodi con la consapevolezza che saranno gli ultimi. Con la tristezza che ci accompagna. Dirk e Todd cavalcano la scena per l’ultima volta e siamo pronti a seguirli. Siamo pronti a catapultarci di nuovo in quel mondo fatto di interconnessioni e buffi figuri, di stranezze e misteriosi marchingegni.
La prima stagione si era conclusa con un crescendo di emozioni. Dirk prelevato dall’Ala Nera e Amanda in fuga con Vogel. Todd invece, il fedele compagno del nostro eclettico protagonista, finiva in preda al suo primo attacco di “pararibulite”. Da qui riparte la seconda stagione di Dirk Gently: Holistic Agency. O almeno non molto tempo dopo. Lo fa attraverso un racconto che regge il confronto con la prima stagione anche se con qualche pecca.
Manca d’altronde l’effetto novità e i personaggi ci appaiono più canonici. Ma Dirk con la sua straordinaria originalità continua a dominare la scena e il racconto a emozionarci. La stagione gioca interamente sulla trasformazione psicologica dei personaggi, sulla loro evoluzione rispetto ai presupposti della prima stagione. Così l’assenza iniziale di Dirk è compensata da uno sconclusionato Todd alla disperata ricerca dell’amico. La sua fede inesausta in qualunque possibilità, in un esito iperbolico di ogni situazione rende i primi episodi una preparazione all’intera stagione.
In Todd si incarna parodicamente lo spettatore.
Siamo noi già formati come Todd alla prima straordinaria stagione ad aspettarci di tutto. Ad attenderci che, da un momento all’altro, l’universo produca un picco di stranezze e tutto si metta in moto. L’eccitazione di Todd, le sue strampalate teorie su ogni più insignificante elemento divertono e distraggono. Permettono di farci abbassare la guardia e nello stesso tempo di maturare un’attesa sempre più spasmodica per l’avventura che dominerà la stagione.
Dirk Gently: Holistic Agency ci prepara così all’ennesimo viaggio strampalato tra sogno e realtà. Abbandonati i viaggi nel tempo e i loop temporali veniamo catapultati nell’irreale. Nel fantastico. L’elemento fantasy dominerà in lungo e largo ma costituirà pur sempre elemento accessorio rispetto all’analisi dei personaggi e delle loro azioni. Già, perché nel fedele riguardo del modello letterario di Douglas Adams, è l’eccentricità e la filosofia nascosta in ognuno dei personaggi a farla da padrone.
Se abbiamo visto come Todd, il nostro alter-ego “letterario”, sia più consapevole del funzionamento olistico del mondo, Dirk sembra avere una crisi esistenziale. Quella dubbiosa consapevolezza che pur sempre lo muoveva nella prima stagione si tramuta in altro. In lui nasce il pensiero di essere uno strumento. Rinchiuso e variamente messo alla prova nella sede dell’Ala Nera si rende conto che non è nulla. Che non ha meriti. È l’universo a guidarlo, a indirizzarlo verso i casi. Così si sorprende a riflettere su un aspetto che la prima stagione aveva trascurato. Quello del libero arbitrio. Se l’universo agisce usando Dirk come mezzo, vuoto strumento in mano al destino, dov’è la scelta? L’investigatore olistico si sente così in balia del tutto, passivo recettore. Episodio dopo episodio lo vediamo sempre più sconsolato e incerto. Sempre più inerme. “È tutto già scritto e lo sarà per sempre”, confessa a Todd.
È questo il vero fulcro della stagione, l’approfondimento che serviva alla straordinaria narrazione di Dirk Gently: Holistic Agency.
La risposta è affidata ai tanti personaggi che si succedono sulla scena. Così il fedele assistente proverà a riportarlo nei ranghi. “Tu non sei una pedina, Dirk. Non è tutto predestinato: il fato e la sorte, loro non si annullano a vicenda”. Todd ha guadagnato molta più sicurezza dell’amico nel suo primo caso olistico. Ha compreso l’importanza dell’agire. Di come tutto non si metta in moto da solo se non siamo in primis noi a impegnarci. “È vero, ti ho visto fallire ma del resto ti ho visto anche vincere. Non puoi farti condizionare dall’universo, amico mio. È così che finisci “sbatacucciato”, come hai detto tu. Devi fare scelte molto più grandi. Vuoi delle risposte? Riprendi il controllo della tua vita”.
Di controllo della vita parla anche e soprattutto uno dei personaggi secondari più affascinanti della stagione, Suzie. Il villain di Dirk Gently: Holistic Agency 2 è una donna che impariamo a conoscere meglio episodio dopo episodio. Siamo inizialmente condizionati nel giudizio dall’atteggiamento che gli altri anni nei suoi confronti. Da quel loro modo di fare scontroso o indifferente che ci fa simpatizzare per lei. Max Landis gioca come nella scorsa stagione con la costante parodia. In questo caso la figura di Suzie fa il verso involontariamente ai protagonisti dei drama. Quell’approfondimento psicologico, quell’analisi delle cause che hanno portato alla genesi del villain diventano la scusa di Suzie per giustificare le sue azioni. La donna stravolge il suo passato con un vittimismo carico di ironia. Suzie non ha vissuto rifiuti. Non ha subito discriminazione o violenza.
È solo una persona egoista. Un villain vecchio stampo.
Rispetto alle insicurezze del Mago, la sua cattiveria è d’acciaio. Se il Mago rappresenta allora il modello moderno di antagonista, incertissimo nelle sue azioni, Suzie è la granitica strega che vuole solo il potere. Vuole imporsi a tutti i costi e avere il controllo. Riuscire a essere artefice della sua vita e di quella degli altri. Ma, come afferma ancora con lungimiranza Todd, “Il controllo della propria vita si riacquista cambiando noi, non quello che ci circonda. Non si cambia usando una bacchetta magica che si può sventolare in aria e trasformare tutto a suo piacimento”. Non è nella magia che troviamo le risposte. E non è con un click che risolviamo i problemi e diamo una svolta alla nostra vita ma lottando per quello che vogliamo, credendo in noi stessi e negli amici che ci circondano.
È questa anche la rinnovata consapevolezza che ridà vigore a Dirk, che lo spinge a mettere in moto gli eventi. Così il nostro investigatore olistico riesce finalmente a capire la trama generale, a risolvere, grazie alla sua applicazione, il caso. Perché come rivela la Strega del bosco “Il fato e il caso non si possono mai escludere reciprocamente. E contemporaneamente esiste il libero arbitrio”. Niente è scritto, niente è irreversibile. Anche quel sogno in cui ogni finale sembrava già scritto dal suo sognatore, il Bambino, si rivela invece autonomo, in divenire.
L’esito non è quello sognato, il mago non risulta sconfitto.
O almeno non come immaginato. Non subito. Dirk Gently: Holistic Agency in questa seconda stagione ci ammonisce sul disegno olistico. Su ciò che costituisce una variante fondamentale nel fato: l’uomo. Le sue azioni, le sue decisioni, la sua lotta. Dirk, è vero, è attirato verso gli eventi che costituiscono alterazioni nelle maglie dell’universo. Ma risolvere quei difetti, portare a compimento il “caso” dipende solo da lui. Dalla sua volontà, dal suo libero arbitrio.
Così anche la sorella di Todd, Amanda, si mette a disposizione dell’universo ma è grazie alla sua forza di volontà che raggiunge il successo. Non per tutti però l’esito è felice. Bart prova a venire meno al suo fato, al suo destino di assassina. Paradossalmente però è proprio questo buon proposito che innesca gli eventi. Non uccidendo Suzie darà avvio alla sequenza di eventi che porteranno la donna a far strage di tanti innocenti. Per questo Bart, nonostante nuovi amici e un riscatto sociale, chiosa sconsolata: “Credevo di essere una foglia nel flusso della creazione ma mi sbagliavo. Mi stanno manovrando. Sono una marionetta. Non sono neanche una persona. Sono soltanto un’arma”.
Il suo percorso di crescita sarebbe potuto essere un’interessante argomento di una stagione che non si farà. Così pure la deriva malvagia di Ken, sempre più compromesso nella mania di controllo dell’universo. Dirk Gently: Holistic Agency ci dice addio troppo presto. Lascia tanti potenziali discorsi insoluti. E soprattutto la sua cancellazione ci priva di un racconto sempre intrigante e carico di riflessioni.