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Doctor Who 12×07 – Un viaggio nel tempo, nello spazio e nei protagonisti

Doctor Who
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Can You Hear Me? ricalca la struttura di Praxeus, seppur in modo diverso. Tutti e due gli episodi di Doctor Who presentano la Fam che, per la prima metà, è divisa e inserita in sottotrame apparentemente disconnesse ma che finiscono per intrecciarsi nella seconda parte. Praxeus colloca i personaggi in diversi punti della Terra. Can You Hear Me? lo fa nel tempo e nello spazio, dall’Aleppo del 1300 allo spazio anni luce distante dal sistema solare e in un futuro lontano. Un approccio simile è stato usato anche in Spyfall Part 1 e 2 (qui la recensione).

Se Praxeus parla di una problematica sociale e globale come l’inquinamento, Can You Hear Me? affronta temi molto cari a Doctor Who: i sogni, gli incubi, le paure e i dubbi.

Tutti i Dottori dell’era moderna si sono dovuti cimentare con i sogni. Basti pensare a episodi tipo Night Terrors, Amy’s Choice o Last Christmas. Come in quei casi, Can You Hear Me? è un viaggio introspettivo nelle menti dei protagonisti di Doctor Who. Perché alla fine la forza della fantascienza è riuscire a racchiudere metafore complesse in involucri fantastici, affrontando argomenti delicati in modo non minaccioso.

E Doctor Who 12×07 fa proprio questo: unisce i sogni a una trama non lineare creando un’atmosfera cupa e, così, offre uno sguardo sulla salute mentale sincero senza essere troppo serio.

I villain dell’episodio si nutrono proprio di quelle paure che colpiscono gli esseri umani. La loro scrittura può sembrare banale e infantile, ma i due sono perfettamente funzionali nella trama. Zellin e Rakaya non sono costruiti per essere dei personaggi completamente realizzati. È vero, il modo con cui questi esseri immortali sono sconfitti può far storcere il naso. Ma è quello che rappresentano il loro lato interessante. Sono una forza che non può essere totalmente superata ma solo trattenuta, che si nutre del dubbio e dei sensi di colpa. Una chiara metafora della depressione.

Esercitano il loro potere non perché sono inarrestabili, ma perché depredano l’umanità nella sua forma più debole, nella sua massima paura. Uno dei punti di forza di Can You Hear Me? è proprio il riconoscimento che, se si affrontano le nostre paure, siamo in grado di controllarle. Se si affronta la depressione, si può superarla.

Infatti il settimo episodio di Doctor Who offre esempi di personaggi che cercano aiuto ma non riescono a chiederlo. Ad esempio Tibo si sente solo poiché la tecnologia limita l’interazione umana tanto che si reca al supermercato solo per parlare con la cassiera. Riesce a trovare un aiuto nella terapia di gruppo, scoprendo che non è l’unico a sentirsi così.

Anche una giovane Yaz riceve aiuto e consigli in un momento difficile della sua vita. E qui arriviamo al grande punto di forza di questa puntata di Doctor Who.

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I singoli componenti del Team TARDIS non avevano un grande spessore. La loro personalità è stata poco affrontata negli episodi precedenti, non hanno mai avuto la possibilità di distinguersi tra di loro e rispetto al Dottore. Can You Hear Me? riempie questa enorme mancanza o almeno cerca di farlo. Grazie all’espediente degli incubi, attraverso le paure e il passato, i companion acquistano una tridimensionalità che finora era stata quasi del tutto assente.

In particolare il flashback su Yaz è interessante per capire qualcosa di più su un personaggio che, fino a questo momento, è sempre rimasto sullo sfondo. Approfondisce il suo carattere, mostrandocela come una giovane donna che desidera di più dalla vita, che vuole vedere il mondo più di quanto le aspettative culturali e familiari le consentano. E il rapporto con la sorella non è così monodimensionale come ci era stato inizialmente presentato.

Ryan, dopo aver incontrato Tibo, vedendo come il loro rapporto è cambiato, inizia a ripensare ai viaggi con il Dottore. Sa di essere in un’esperienza unica ma si sta perdendo la vita delle persone a lui care. E su questo si confronta con Yaz in una scena che cementa il legame tra i personaggi e con gli spettatori. Questo dialogo può essere il preludio per l’uscita di uno dei personaggi da Doctor Who. Il più papabile è proprio Ryan e non solo per i dubbi che solleva. L’attore che lo interpreta ha ottenuto un ruolo importante in un film americano che vede la disponibilità per la prossima stagione ridotta drasticamente (qui un ulteriore approfondimento).

Sempre nella scena finale, Graham parla con il Dottore della paura che il cancro ritorni. Thirteen non dice nulla perché, in certi casi, basta semplicemente ascoltare. Ma non sa proprio come ribattere forse perché una malattia come questa non è preoccupante per un alieno che vive migliaia di anni e può rigenerarsi. O semplicemente perché ci sono diversi modi per affrontare un problema di salute mentale. Che sia la terapia di gruppo o un semplice sfogarsi con un amico/conoscente.

Nonostante tutto questo approfondimento sia interessante, è arrivato troppo tardi. Dopo due stagioni quasi non ci interessa più sapere qualcosa su Yaz, Ryan e Graham.

Can You Hear Me? riesce definire in maniera più precisa persino Thirteen, separandola dalle sue incarnazioni passate.

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Nella sua prima stagione il Dottore di Jodie Whittaker mancava di una vera e propria personalizzazione, al di là del suo essere caloroso e amichevole. In questa puntata invece vediamo tanti suoi aspetti. È estremamente legata ai suoi companion. Quando tornano alle loro vite quotidiane, lei non sa assolutamente che fare. Ad Aleppo parla da sola, pensando che Yaz, Ryan e Graham siano lì con lei. È un Dottore meravigliato dell’ingegno umano come quello di Tesla o Ada Lovelace, ma anche impressionato dalla tecnologia che imprigiona Rakaya e sconcertato quando riconosce Zellin. Perché è un nemico che eclissa le sue abilità e non vediamo spesso questo potere nello show.

Ancora più importante, Can You Hear Me? mostra che anche il Dottore può sbagliare. Di solito l’istinto di Thirteen è infallibile. Zellin invece usa proprio quell’impulsività contro di lei, facendole liberare la sua partner.

In conclusione è stato un episodio di Doctor Who che ci ha fatto viaggiare nel tempo, nello spazio e nella mente dei protagonisti, presentandoci una metafora sulla depressione. Alcune cose ancora devono essere migliorate e risultano superflue, come l’intera parte dedicata ad Aleppo. Un applauso va però alla parte grafica con immagini potenti e ben costruite come quella dei due pianeti con la prigione a impedirne la collisione.

Con soli tre episodi rimasti, non resta che vedere dove le avventure del Dottore ci porteranno. E se i misteri creati finora verranno risolti.

Leggi anche – Doctor Who 12×06: la recensione