Avevamo atteso con ansia The Star Beast e Wild Blue Yonder, due gioiellini in streaming su Disney+ che ci hanno ricordato il perché amiamo così tanto Doctor Who. Perfetti ponti tra il passato e il futuro della serie tv, ci hanno mostrato tutte le sue splendide anime – ad esempio, quella più leggera per le famiglie; la più horror e introspettiva per gli adulti e quella stramba, mitologica e pronta a sovvertire le nostre conoscenze sullo show (come già successe per il War Doctor di Moffat e il Timeless Child di Chibnall) – e ci hanno traghettato verso lo speciale che chiude, assieme a questa trilogia celebrativa, un’intera era, tanto che le avventure di Fifteen partiranno dalla stagione numero 1. Ma andiamo con calma. Fourteen si trova ad affrontare un nemico potente, al limite dell’invincibile e che lo porta ad ammettere a Donna che:
“Io non lo so se potrò salvarti stavolta…”
Aveva già affrontato il Toymaker quando era First (e il villain aveva il volto di Michael Gough, noto soprattutto per essere Alfred nei Batman di Tim Burton e Joel Schumacher), in un’avventura in quattro parti di cui l’ultima venne persa dalla BBC. Grazie alle registrazioni dei fan sparsi per il mondo, sono stati in grado di recuperare l’audio originale che ha portato alla creazione di un corto animato. Questo è un ruolo perfetto per un attore come Neil Patrick Harris, lodato dallo stesso Russel T. Davies e abilissimo nel dare il giusto equilibrio tra inquietudine e follia: basti pensare alle scene nel suo negozio da un lato e alla sua già iconica entrata in scena nel quartier generale della UNIT sulle note delle Spice Girls dall’altro. Non dimentichiamoci che, ad aiutarlo ulteriormente, c’è il fatto che l’attore sia anche un mago e un prestigiatore. Fin da subito, Harris ha reso il suo personaggio (che potrebbe ricordare il suo Conte Olaf in Una serie di sfortunati eventi) una minaccia reale e quasi impossibile da sconfiggere. Risulta eccentrico, pazzo, difficile da leggere, macabro e ne sentivamo il timore fin dentro le nostre ossa. Ha un’eccellente alchimia con David Tennant e, nelle loro interazioni, emergono le diverse sfumature di un nemico davvero temibile. Inoltre, usare la televisione come mezzo per far impazzire l’umanità è il modo di Davies per criticare la nostra eccessiva dipendenza alla tecnologia e la capacità che ha chi possiede i mezzi di comunicazione di influenzarci negativamente e di manipolarci a suo piacimento.
Ed è così che Davis unisce brillantemente la storia di Doctor Who con una sagace e sarcastica analisi della nostra società.
In poche parole, il Toymaker era quello che è mancato negli ultimi tempi dello spettacolo: un classico villain (anzi, uno dei migliori) che sfida il Dottore sul piano psicologico e mentale.
Parlando proprio del Dottore, sapevamo fin da subito che Tennant avrebbe fatto un’intensa toccata e fuga; eppure, non eravamo davvero pronti a digli addio un’altra volta. Non importa quanto ci eravamo preparati, i nostri occhi erano già velati di lacrime ancor prima che si rigenerasse e, a stringergli la mano nei suoi ultimi momenti, non c’erano solo Melanie e Donna, ma anche tutti noi. E poi, il colpo di scena è genialmente servito in Doctor Who (e noi abbiamo risparmiato molti, moltissimi fazzoletti). Fourteen non sparisce, ma clamorosamente si sdoppia attraverso la bigenerazione in due Dottori distinti e separati (e due TARDIS), con Fifteen che viaggerà nello spazio-tempo. Perché Fourteen ha bisogno di fermarsi. Le sue innumerevoli avventure e i dolorosi traumi che si porta appresso lo hanno segnato profondamente e, grazie agli emozionanti scambi con la sua metà e con una Donna che lo capisce più di ogni altra creatura nell’universo, comprende che è il momento di prendersi una pausa. L’impatto emotivo del suo vissuto si vede anche nella ricostruzione del Toymaker dei suoi ultimi anni; lo è stato pure per noi che l’abbiamo rivissuto assieme a lui. Per questo la scelta del lieto fine è quanto mai efficace. Il Dottore ha ripreso la faccia di Ten per tornare a casa dalla sua Donna; è la versione che, più di tutte, ha sofferto la solitudine e che ha esplicitamente detto a Rose, nel loro addio, che l’unica avventura che non poteva avere era il:
“Vivere una vita, giorno dopo giorno”
Le stesse parole dette da Donna, non è una perfetta chiusura del cerchio? Per Ten e per il revival? Noi pensiamo di sì ed ecco perché quel finale del Dottore assieme alla sua famiglia è stato più emozionante del previsto. In fondo, era impossibile superare in termini di emozioni e dramma la rigenerazione di Ten, così Davies furbescamente non l’ha fatto. E chissà, lasciando la porta aperta, Fourteen potrebbe sempre tornare nella serie senza oscurare Fifteen. Noi lo accoglieremo a braccia aperte, tanto è l’amore per questo Dottore e questo interprete.
Ormai abbiamo finito le parole per Tennant nei panni del Dottore. È riuscito a equilibrare come meglio non poteva forza e fragilità del suo personaggio, a far sue le innumerevoli personalità delle altre versioni e a regalarci un Dottore conosciuto ma nuovo allo stesso tempo. Forse dovremmo solo digli grazie per la dedizione a questo ruolo che, assieme a Catherine Tate, è stato il centro emotivo di questi speciali di Doctor Who, The Giggle. E se di ritorni ce ne sono stati, come quelli di Jemma Redgrave, Bonnie Langford e Nicolas Briggs nei panni di Kate Stewart, Melanie Bush (vista anche in The Power of the Doctor) e Vlinx (l’attore solitamente presta la sua voce per i Dalek e i Cyberman), è alla new entry principale che dobbiamo guardare.
Di fatto, Ncuti Gatwa ci mette la bellezza di pochi secondi per conquistarci totalmente. Tanto che attendiamo con ansia lo speciale di Natale (in streaming su Disney+) che lo vedrà assoluto protagonista.
La sua è stata un’introduzione insolita, non drammatica come le precedenti ma che conserva quello humor tipico delle rigenerazioni. Il suo Fifteen ha un approccio nuovo, una grandissima voglia di vedere che cosa gli riserva l’universo e una leggerezza che le vecchie versioni non potevano avere in Doctor Who. Merito dello sdoppiamento, che gli permette di non portarsi appresso la sofferenza dei suoi tragici bagagli passati grazie a quel Fourteen rimasto sulla Terra per guarire dalle sue ferite, ma che comunque è consapevole del suo passato. Ed è pronto ad affrontare nuove avventure e a rispondere alle domande che ci hanno lasciato questi speciali, che sono solo l’inizio di un qualcosa di meraviglioso. Cominciando dalla più importante: tornerà il Maestro dopo che qualcuno (che dalle unghie rosse pare Kate Stewart) ha raccolto il dente in cui è rinchiuso? Noi lo speriamo vivamente.
Prima di chiudere in quella che sembra la fine della nostra recensione, bisogna riflettere su come questa trilogia scavi nel significato più profondo dell’essere il Dottore. È ciò che ha portato Davies a tutte le citazioni, i rimandi e le apparizione della storia del protagonista di Doctor Who. Già Moffat aveva riesumato First per ragionare sul cambiamento del personaggio e del mondo attorno a lui (mettendo in luce soprattutto il sessismo della prima versione). Davies ha più o meno fatto la stessa cosa, mostrando con Tennant come il Dottore sia sempre rimasto coerente con sé stesso, sempre di corsa, sempre con nuovi compagni per nascondere le ferite e con quelle rigenerazioni che, come una maschera, coprivano il profondo dolore con falsa allegria (soprattutto riguardo Nine, Ten ed Eleven). Adesso, come Fourteen, ci fermiamo un attimo perché quello che Davies sta facendo è reinventare radicalmente Dottore e Doctor Who. Ma fino a un certo punto perché, come dice Melanie:
“Non importa chi sei, perché ognuno di voi è fantastico.”
E noi non potremmo essere più d’accordo. Giusto?