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Don’t Worry Darling – La Recensione del nuovo thriller distopico di Olivia Wilde

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Don’t Worry Darling, è il caso di dirlo, non ha ricevuto una buona promozione prima del suo approdo in sala. Complice il chiacchiericcio relativo ai rapporti tra i membri del cast – Olivia Wilde e Florence Pugh in particolare – il quale ha portato a rendere celebre questo lungometraggio prodotto da Warner Bros molto prima che la sua visione fosse disponibile in Italia.

Andando oltre tutto ciò, siamo qui per parlare di Don’t Worry Darling ed è ciò che faremo senza perderci troppo in chiacchiere. Il film diretto da Olivia Wilde e prodotto da Warner Bros è difficile da ricondurre a un unico genere, perché le influenze sono molte e diverse, e di storie simili nel corso della storia del cinema ne abbiamo viste molte. In questi ultimi anni, la distopia sta prendendo il sopravvento proprio perché riesce a trasmettere paure e timori del nostro periodo storico. Ne derivano thriller psicologici convincenti come questi 10 film presenti su Netflix che ci sentiamo di consigliarvi. Don’t Worry Darling è una di queste narrazioni che adotta delle metafore, ci parla di circostanze improbabili per farci riflettere sul mondo in cui viviamo, sui sistemi di cui siamo parte e di cui spesso non prendiamo realmente consapevolezza.

Iniziamo con l’introduzione della trama: Alice – una sorprendente Florence Pugh di cui vi abbiamo raccontato 10 curiosità – e Jack – un altrettanto convincente Harry Styles – sono una coppia felicemente sposata che vive in una sontuosa abitazione all’interno di una società che fa parte di un progetto segreto, il cosiddettoVictory Project. Tutti sembrano godere di una spensierata libertà, i colori sono sgargianti e c’è una patina di sconvolgente bellezza che sembra essere depositata su tutto questo micro-cosmo isolato dal resto del mondo, da cui ha preso le distanze per una discrepanza di valori. In questo mondo in cui le apparenze sono perfettamente confezionate per lo sguardo altrui, dove tutto tende all’ordine estremo e dove il controllo viene elogiato come fosse l’unico mezzo sotto cui potersi sentire realizzati, qualcosa inizia a suonare come una nota stonata fuori dal coro.

Don't Worry Darling
Don’t Worry Darling (640×360)

Victory è un’oasi nel deserto californiano che ospita queste famiglie strutturate secondo i più tradizionali ruoli di genere. Gli uomini sono gli unici a potersi recare al “lavoro”, impegnati nel progetto top-secret del magnate e guru Frank (Chris Pine). Tutto quello che ad Alice -così come a tutte le donne – è dato sapere, è che Jack e tutti gli altri uomini si occupano di “sviluppo di materiali all’avanguardia”.

Margaret (KiKi Layne), amica di Alice e sua vicina di casa, inizia a mostrare segni di squilibrio mentale e tenta di mettere in guardia lei e le sue compagne dell’oscura verità che si cela dietro le loro vite. Suggestionata da questi avvenimenti, Alice inizia a convincersi che dietro alla sua vita di ogni giorno ci sia qualcosa di oscuro, nascosto e occultato dai piani alti.

Già nel discorso durante il quale Frank parla ai suoi concittadini dell’enorme coraggio di cercare “quello che non si vede” capiamo che ciò che è visibile ai nostri occhi – e a quelli di Alice quindi – non comprende effettivamente la totalità del reale. Da questo momento, lo specchio diventa un fondamentale mezzo attraverso cui guardarsi e guardare oltre allo stesso tempo. È proprio per mezzo di questo strumento che viviamo la prima rivelazione con Alice. La regista Olivia Wilde sceglie di adoperare lo specchio per scandagliare l’identità frammentata della protagonista, il suo costante bisogno di stabilire un confine tra la sua realtà e quella oggettiva si esprime proprio attraverso i suoi occhi che indagano e interrogano queste superfici riflettenti in cerca di una risposta.

Questo stato di ansia e smarrimento deriva dal contatto che, attraverso lo specchio, si riesce a stabilire con un “doppio” di ignota provenienza e che sembra volersi liberare da una gabbia in cui è intrappolato.

Don't Worry Darling
Don’t Worry Darling (640×360)

Don’t Worry Darling non nasconde la sua riflessione e retorica femminista, anzi ne fa uno dei messaggi più espliciti e potenti dell’intera storia.

Sin dal principio della storia, noi lo capiamo che le donne in questa società non sono altro che figure di contorno, illuse del fatto di essere di fondamentale importanza solo e soltanto al fianco dei propri uomini. È grazie alle mansioni da loro svolte sistematicamente, tra cui la cura della casa e la loro dedizione in cucina, che gli uomini possono raggiungere i propri traguardi lavorativi. Alle donne non resta che condividere con i propri mariti le gioie dei loro obiettivi raggiunti. Non hanno qualcosa di personale in cui impegnarsi e di cui essere felici. La loro esistenza e la loro soddisfazione è un’estensione dello specchio dei sentimenti della componente maschile.

Alice inizia a maturare una certa insofferenza per il suo ruolo di casalinga reclusa tra le mura di casa e impossibilitata ad avere un’aspirazione diversa da quella di “moglie ideale e modello di amorevole asservimento al proprio uomo”. Olivia Wilde ci parla proprio di una figura femminile alla quale è stata recisa ogni possibilità di distinguersi, di spiccare per ciò che è realmente (cosa invece che viene incentivata negli uomini) ma che invece viene ridimensionata e confinata in spazi che si fanno sempre più asfissianti.

Inoltre, gli uomini (di cui è rappresentativo il personaggio di Harry Styles) vengono considerati responsabili delle proprie mogli, come se fosse la loro esistenza a garantire anche l’esistenza delle donne, le quali senza di loro non potrebbero continuare ad essere vive.

Don't Worry Darling
Don’t Worry Darling (640×360)

Passando agli aspetti più tecnici del lungometraggio di Warner Bros, che ha messo alla prova Harry Styles come coprotagonista, non possiamo non elogiarne la componente sonora. I leitmotiv si fanno incalzanti e riescono ad assediare anche la mente dello spettatore. La fotografia è stata correttamente pensata per evocare la sensazione di un mondo finto, dove non c’è niente di concreto. La buona riuscita del film è anche da additare alla scelta dei membri del cast, specialmente dei suoi protagonisti.

Florence Pugh incanta con i suoi occhi espressivi, una semplicità carica di carisma e con uno sguardo che in questa storia è riuscito a comunicare più di tante parole. Dopo averci convinti in Midsommar, la giovane attrice riesce a portare su di se l’intera responsabilità del film di Olivia Wilde senza forzature, anzi. Al contrario del suo partner in scena, Harry Styles. Questo nonostante abbia dimostrato molta più consapevolezza e impegno rispetto a Dunkirk, non è riuscito a convincere fino in fondo.

I richiami cinematografici di questa pellicola di Warner Bros sono molteplici, non solo per quanto concerne la trama che può considerarsi un The Truman Show rivisitato sotto moltissimi punti di vista – e che nella sostanza racconta una stessa condizione di vita del protagonista della storia – ma anche per i suoi riferimenti visivi. C’è qualcosa di Arancia Meccanica del maestro Kubrick, e chi ha visto entrambi i film comprenderà a che momento mi sto riferendo, così come delle simmetrie danzanti delle opere degli anni ’20 di pionieri del cinema come Man Ray e Fernand Léger.

Don't Worry Darling
Don’t Worry Darling (640×360)

Siamo giunti al finale di Don’t Worry Darling, perciò chiunque ancora non si è recato in sala per assistere alla proiezione del nuovo film di Olivia Wilde non continui la lettura per incorrere in spoiler!

L’epilogo di questa storia è la rivendicazione di una donna al diritto di vivere liberamente la propria esistenza che, al contrario, è stata contaminata ed alterata dalla volontà di un uomo. Nonostante l’amore che li lega, Alice rimprovera a Jack – un Harry Styles completamente trasformato nel finale – di non averle dato l’opportunità di decidere per la sua vita e di aver deciso per entrambi. Questa corsa frenetica della giovane ragazza per raggiungere il portale che mette in comunicazione i due mondi, quello Victory e quello reale, suona come un grido di ribellione. Anche quando il ricordo di Jack, dell’uomo amato immensamente e sinceramente, vorrebbe trattenerla in quel mondo, dove poter continuare a stare insieme, Alice sceglie di compiere quel passo che potrà finalmente ridarle la libertà di tornare alla sua vita reale, piena di difetti, fatiche e sacrifici. Ma sicuramente in grado di farla sentire viva, questa volta per davvero.

Al netto delle criticità e dei punti deboli, Don’t Worry Darling prodotto da Warner Bros è da considerarsi una positiva prova di regia da parte di Olivia Wilde, vista anche la sua poca esperienza. La pellicola che ci ha consegnato riesce a mettere a fuoco in maniera sorprendente i messaggi più sentiti e personali del suo cinema. Le premesse per altri lungometraggi validi e apprezzabili ci sono tutte. Intanto ci auguriamo che Don’t Worry Darling possa interessarvi e farvi riflettere, così com’è successo a noi.

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