Attenzione! L’articolo contiene spoiler sulla miniserie Dracula
Il 4 gennaio su Netflix è stata rilasciata la nuova miniserie di Steven Moffat e Mark Gatiss: Dracula. Gli episodi seguono la medesima struttura che i due sceneggiatori decisero di adottare con Sherlock, ma manterranno davvero la parola rimettendosi al lavoro per la quinta stagione? Dracula è composta da tre episodi da 90 minuti e, prima di sbarcare sulla famosa piattaforma di streaming, le puntate sono state trasmesse in Inghilterra dalla BBC One.
Anche questa storia, come qualsiasi narrata da Steven Moffat e Mark Gatiss, è stata rivisitata e modellata per consegnare un prodotto che fosse il più originale possibile. Dunque, fan dell’omonimo romanzo di Bram Stoker non aspettatevi una serie tv che segua per filo e per segno la vicenda di cui avete letto. La struttura narrativa adottata per i primi due episodi della serie è inoltre molto diversa da quella scelta per il terzo, che sembra invece appartenere a un altro genere di telefilm, molto meno horror e più simile al fantasy young adult.
Le regole della bestia e Veliero di sangue sono ambientate nel lontano 1897.
Entrambe le puntate hanno elementi tipici del genere crime, oltre che horror. È evidente nel secondo episodio durante il quale gli omicidi commessi da Dracula sul veliero vengono trattati come se fosse un vero e proprio romanzo giallo. Inoltre, a portare avanti la narrazione sono due interrogatori tenuti sempre dallo stesso personaggio: Suor Agatha Van Helsing. Spigliata, disillusa e miscredente, nella prima puntata ha un faccia a faccia con l’ormai consumato e non morto Jonathan Harker. Nel racconto dell’avvocato inglese si nascondono tutti i misteri inquietanti e truculenti di quel labirinto architettonico che è il castello del Conte, in cui ha dovuto, costretto, trascorrere circa un mese, durante il quale Dracula beveva il suo sangue per rinvigorire e ringiovanire.
Quelle che ci vengono mostrate tramite la memoria di Jonathan, nel primo episodio di Dracula, sono scene che sanno ben provocare ansia e angoscia, che ci fanno immedesimare e chiedere come avremmo agito o cosa avremmo fatto se fossimo stati condannati a una morte lenta senza poterci opporre. L’atmosfera cupa e oscura che avvolge il castello nutre quel senso di inquietudine e timore che ci costringe, durante la visione, a essere sempre sull’attenti. In effetti, da questo punto di vista, i primi due episodi della miniserie non deludono. Si realizza quel perfetto connubio tra musica, regia e fotografia che ben rende il mistero, la paura e la lontananza che avvertiamo quando queste storie e leggende prendono vita tramite le serie o i racconti.
In questo alternarsi tra passato e presente la nota dolente sta nel fatto che abbiano sfruttato pochissimo Mina Murray.
La promessa sposa di Johnny dagli occhi blu appare solo nel convento di Budapest, dove l’avvocato si è rifugiato dopo esser scappato dal castello del Conte. In questo stesso convento Suor Agatha, personaggio che sostituisce Abraham Van Helsing e che risulta essere il più interessante, sta interrogando Harker ed è affiancata da Mina prima che vengano attaccate da Dracula.
I cambiamenti apportati alla storia in queste prime puntate trovano il loro perché in quel terzo e mal riuscito episodio, che avrebbe dovuto rappresentare la svolta innovativa nella storia.
In Veliero di sangue persiste ancora il clima di tensione e mistero.
L’aspetto interessante della puntata, oltre il viaggio in mare, è il secondo pseudo-interrogatorio di Suor Agatha. Si tratta più che altro di un botta e risposta tra lei e Dracula durante una partita a scacchi. Sin dai secoli più antichi gli scacchi hanno rappresentato la costante lotta tra bene e male e anche qui, come in Sherlock, i due sceneggiatori li sfruttano rendendoli metafora della battaglia che sta per compiersi. Ed è in questa straniante e inquietante atmosfera romantica tra vittima e carnefice che scopriremo che questa partita non è altro che un’illusione, ambientata tutta nella mente di Agatha. La suora cerca di ottenere le sue risposte su ciò che è vero e ciò che è falso riguardo alle leggende che avvolgono la figura di questo vampiro.
Il rapporto Dracula-Suor Agatha ha dato ulteriore valore alla miniserie che, forse, avrebbe avuto bisogno di più episodi.
In realtà è anche la firma di Moffat e di Gatiss, poiché nel conflittuale rispetto-odio che si instaura tra i due protagonisti possiamo rivedere lo stesso intreccio che caratterizza la relazione Moriarty-Sherlock. Si tratta infatti di un legame indissolubile che nella realtà o nella finzione delle loro menti li costringe a rincontrarsi. Oppure, come nel caso di Dracula, fa in modo che anche attraverso i secoli i due debbano rivedersi ed essere l’uno la fine dell’altra.
Giungiamo così a La bussola oscura, terzo e ultimo episodio di questa miniserie inglese.
Come si è detto, è una puntata che possiamo considerare slegata da tutto ciò che c’è stato prima. È ambientata 123 anni dopo il 1897, ovvero più di un secolo dopo la distruzione del veliero su cui Dracula viaggiava verso Londra e su cui Suor Agatha credeva di averlo annientato.
Sebbene l’idea di proporre personaggi di storie del passato nella nostra realtà moderna abbia funzionato per Sherlock, non ha avuto lo stesso impatto positivo per Dracula. Non solo la narrazione diventa più rapida e vengono introdotti in chiave moderna i restanti personaggi della storia, tra l’altro neanche accennati durante la vicenda nel passato, ma si intensificano le battute e l’ironia a tal punto da stemperare eccessivamente quell’atmosfera raccapricciante e agghiacciante dei primi due episodi.
Certo, viene soddisfatta la nostra curiosità di poter guardare Dracula che incontra il suo fandom e si approccia alla tecnologia, lo vediamo chattare su Skype e rivendicare i suoi diritti.
Tutto molto interessante, se si fosse trattato di un’altra serie tv fantasy young adult che vuol fare concorrenza a Twilight.
Un aspetto interessante riguarda l’intento di voler sfatare quei feticci divenuti leggende che riguardano i vampiri. Proprio negli ultimi minuti del terzo episodio Zoe Van Helsing, pronipote di Suor Agatha, ha un ultimo face to face con Dracula in cui rivela che la paura del crocifisso, del sole, e tutti i divieti posti ai vampiri non sono altro che falsità.
Nulla di tutto ciò è vero perché deriva solo dalla paura che Dracula ha del coraggio di morire.
Un coraggio che risiede tutto in Gesù, rappresentante della luce e rappresentato dal crocifisso. Così, dopo aver svelato il mistero dei punti deboli dei vampiri, Dracula si accinge a morire bevendo il sangue di Zoe contaminato dal tumore. I due, in un amplesso avvolto dalle fiamme che intende rendere l’intimità che si instaura tra una vittima e il suo vampiro, muoiono.
Nonostante il finale da tarallucci e vino, non possiamo cestinare Dracula del tutto.
Alla fine si tratta di una miniserie gradevole, specialmente se ignoriamo il terzo episodio, con cui poter vivere un po’ di quel brivido che caratterizza questa leggenda. Inoltre le capacità attoriali di Claes Bang (Conte Dracula), Dolly Wells (Suor Agatha), John Heffernan (Jonathan Harker) e di tutti gli altri riescono a coinvolgere il telespettatore.