Ideata da Fanny Herrero, l’autrice della serie tv Dix pour cent (più nota in Italia come Chiami il mio agente), Drôle – Comici a Parigi è la nuova dramedy disponibile su Netflix sulla stand-up comedy parigina. Sei episodi da circa 50 minuti ciascuno che raccontano il dietro le quinte di quell’opera tragicomica che per comodità chiamiamo vita. Perché la storia dei quattro comici emergenti protagonisti è un po’ la storia di tutti noi. Quattro personaggi inventati che sin da subito diventano delle persone concrete, con dei problemi reali, che, come tutti, sono in cerca del proprio posto nel mondo. Con la differenza che i protagonisti di Drôle, il loro posto, lo cercano sul palco dei comedy club parigini. Siamo quindi nella frenetica capitale francese. Aïssatou (Mariama Gueye), Nezir (Younès Boucif), Apolline (Elsa Guedj) e Bling (Jean Siuen) si esibiscono tra una serata al Drôle Comedy Club, una allo shisha bar e una alla prestigiosa lavanderia a gettoni. Ognuno ha una propria storia, fatta di fantasmi e villain da combattere. Il cattivo in quella di Aïssatou, ad esempio, porta il nome di pregiudizio razziale; Nezir ha un padre che non è sufficientemente disabile per essere considerato un disabile dallo Stato; per Apolline l’antagonista è la madre mentre Bling è alle prese con un tragico crollo di creatività. Alcuni sono già amici, altri lo diventeranno nel corso delle puntate, ma ognuno di loro farà di tutto per prendersi ciò che sogna. Se amate le commedie francesi (qui trovate altre serie tv francesi ottime per migliorare la lingua) e sentite la mancanza di Altro che Caffè, se non lo avete ancora fatto, vi consigliamo di recuperare al più presto la comedy francese di Fanny Herrero, prodotta da Les Films du Kiosque e rilasciata sulla piattaforma il 18 marzo 2022.
Quattro aspiranti comici, quattro percorsi accidentati
I sei episodi seguono gli alti e bassi delle vite di quattro comici emergenti, ciascuno con il proprio vissuto e con un bagaglio socio-culturale a pesare sul groppone. C’è il franco-algerino Nezir, un rider che vive nelle banlieue con un padre disabile, Ibrahim (Mouss Zouheyri). C’è Aïssatou, una ragazza afro-discendente che, dopo un video diventato virale, affronta le conseguenze di un’improvvisa notorietà che rischia di compromettere la sua vita privata. C’è Bling, figlio di immigrati vietnamiti e co-gestore del comedy club Drôle insieme a sua sorella Corinne (Maï Anh Lê), che sta vivendo la situazione opposta a quella di Aïssatou. Dopo un successo inaspettato, la carriera di Bling sembra precipitare sotto al peso del pubblico che non ride più alle sue battute, spesso misogine. E poi c’è la debuttante Apolline: un personaggio intrigante e fresco con una madre, Petra (Pascale Arbillot), ben oltre il proverbiale orlo di una crisi di nervi.
Di tutto un po’, ma il risultato è imperdibile
In Drôle c’è tutto. C’è l’irriverenza propria della buona stand-up comedy. C’è il giusto equilibrio tra la satira politica e quella di costume; tra umorismo demenziale e lotta al patriarcato (che viene combattuto con un dito!). Troviamo un intreccio bizzarro, ma funzionante di personalità complesse e incasinate, quanto basta per offrire un quadro realistico della commedia umana. C’è una bellissima storia di amicizia tra un uomo e donna; c’è spazio anche per delle riflessioni tutt’altro che banali sulla maternità e sull’aborto. Si parla di integrità e di compromesso, ma soprattutto Drôle racconta cosa significhi essere vittime di stereotipi millenari, ancora duri a morire. Come vedete, gli spunti sono tanti, fin troppi, e di solito quando si mette troppa carne al fuoco, il risultato è quello di bruciare la cena. Un polpettone bruciacchiato che parla di tutto, ma in fondo non parla di niente. Invece, Fanny Herrero ha compiuto un piccolo miracolo comico, riuscendo a bilanciare la mole pantagruelica di argomenti in un’unica, vivacissima ed esilarante dramedy. A poche settimane dal suo esordio, la serie tv è stata già acclamata sia in patria che dalla critica internazionale, come il Guardian, che l’ha definita una lettera d’amore alla scena comica parigina, o il magazine GQ che scrive:
Con Funny, Netflix riesce finalmente nella sua prima serie comica francese. Funny affascina per il modo in cui confronta i suoi personaggi con ambienti a loro stessi sconosciuti. Anche la scrittura sa essere impertinente e ci permette di ridere di tutto.
Ridere di tutto, quando da ridere non c’è proprio niente
In fondo è questo il punto di forza della stand-up comedy: partire del particolare per parlare dell’universale, mettendosi a nudo su un palco. Una sorta di psicanalisi a suon di risate, insomma, dove si chiede perfino di essere pagati. Parbleu! direbbero i francesi. Perché Nazir, almeno, riesce a tirarli su 300 euro al mese di sudatissime mance! La serie riesce a mescolare con intelligenza e umorismo le tematiche più disparate, dal razzismo alla diversità, dal femminismo all’affermazione del talento. L’interesse di Netflix per la stand-up comedy non è certo nuovo. Così come non lo è quello della serialità stessa. Da Seinfeld fino alla più recente The Marvelous Mrs. Maisel, in molti hanno già raccontato il mondo vivace e controverso della stand-up. Un mondo che affascinava già da tempo Fanny Herrero, la quale in un’intervista ha dichiarato:
Quello che ho trovato interessante è che gli stand-up sono in grado di rivelare delle cose su sé stessi nei loro spettacoli che non direbbero mai nella vita di tutti i giorni.
L’autrice voleva raccontare la capacità dei comici di trasformare un incidente di vita reale in un pezzo di stand-up. E la serie parte da qui per raccontare una forma d’arte che prende vita dalle esperienze di vita vissuta per rovesciarle su un palcoscenico, dove vengono riversate le ansie, le frustrazioni e i problemi collettivi. Drammi di vita quotidiana che diventano il pretesto per scrivere delle battute, non sempre geniali, ma sicuramente intelligenti e credibili. Fanny Herrero voleva riportare la vivacità della scena comica parigina in una serie tv, senza tralasciare nulla, attenendosi il più possibile alla realtà di chi quell’esperienza l’ha davvero vissuta. E infatti ha coinvolto dei veri stand-up comedian nel team di sceneggiatura, come Fanny Ruwet, Jason Brokerss, Thomas Wiesel e Shirley Souagnon. Non solo, ma i comici si nascondono in bella vista nei ruoli marginali tra una scena e l’altra.
Drôle è quindi uno spettacolo nello spettacolo. Ogni puntata ci regala qualche assaggio di stand-up comedian più o meno convincenti: chi sta per iniziare, chi vuole mollare e chi sta per fare il salto. L’impresa non era per niente facile. Da un lato, la sceneggiatura doveva riuscire a farci ridere nei momenti gusti, che non sempre coincidono con quelli sul palco. Le risate più sincere avvengono fuori dai riflettori, dove si susseguono situazioni grottesche e tragicamente divertenti. Ogni puntata è una scatola cinese che racchiude risate, riflessioni, ansie e sconfitte. Nezir non sa se inseguire i suoi sogni oppure arrendersi a “un lavoro serio”. Aïssatou sta per fare il salto; Bling è in crisi mentre Apolline (la cui vicenda ricorda la nostrana Michela Giraud) compie volutamente un’opera di sabotaggio della sua vita perfetta. E poi c’è Califano (Marc Riso), che non è il cantante italiano, ma il manager di Bling e Aïssatou: un personaggio secondario, ma decisivo.
La stand-up comedy è solo un pretesto
Ben presto scopriremo che il racconto della scena comica parigina è quello di ognuno di noi, dove il palco è solo il simbolo delle nostre aspirazioni e dei nostri sogni. Drôle è il racconto divertente e brutale di un dilemma comune a molti millennials: lavorare per vivere o vivere per lavorare? Una generazione non più tanto giovane che pur lavorando 10 ore al giorno, raramente riesce a racimolare un guadagno dignitoso. Con un ritmo frizzante, qualche colpo di scena improvviso, e un livello di scrittura elevatissimo, la comedy di Fanny Herrero è la storia divertente e mai superficiale di chi, come noi, prova a farcela in un mondo che spesso non capisce. Se ancora non lo avete fatto, Drôle – Comici a Parigi vi aspetta su Netflix per una visione tristemente attuale, capace di parlare di un po’ di tutto con la stessa profondità e vivacità che hanno reso la stand-up comedy un’affascinante forma d’arte.
Una visione leggera e allo stesso tempo profonda che parte con un ritmo frenetico – un attacco a effetto degno della stand-up di qualità – che però ha bisogno di qualche puntata prima di catturare davvero l’attenzione. Ma quando lo fa, ci travolge in un fiume di risate agrodolci.