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La Recensione di Echo: la rivoluzione seriale della Marvel convince a metà

Echo
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ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler sulla serie di Disney+ Echo

Doveva rappresentare una svolta fondamentale nella produzione televisiva della Marvel e per questo motivo aveva attirato intorno a se un carico di aspettative importanti. Echo è la prima serie tv del 2024 della Casa delle idee, il primo titolo che segue un annus horribilis come il 2023 e prometteva di voltare prepotentemente pagina. La storia incentrata sul personaggio di Maya Lopez, introdotto con successo in Hawkeye, è, infatti, la prima a cadere sotto l’etichetta Marvel Spotlight, un’operazione che s’ispira all’omonima cartacea degli anni ’70 e che, a ben vedere, ricalca più che altro quella compiuta negli anni ’90 con la Marvel Knights, volta a presentare storie più mature e adulte, aumentando il carico di violenza e l’intensità della narrazione. Il cambiamento c’è, ed è apprezzabile, ma rimangono alcune delle debolezze che hanno contrassegnato l’intero apparato seriale della Marvel, che tutt’ora rappresentano il tasto più dolente dell’operazione televisiva dell’MCU.

Tra le novità di Echo c’è il rilascio in blocco, che fa sembrare la serie tv, a causa anche dello scarso minutaggio, più un lungo film che un prodotto seriale. E proprio qui sta il problema, che si rimpalla ormai da una serie tv all’altra: non c’è abbastanza tempo per approfondire la narrazione. La Marvel non sta sfruttando il format seriale, questo è ormai un dato di fatto, e con Echo perde un’altra preziosa opportunità per iniziare a farlo. D’altro canto, però, l’MCU fa un passo in avanti in termini di toni narrativi e atmosfere, presentando effettivamente un racconto più intimo e realistico, anche se piuttosto patinato da tutta la questione dei poteri discendenti dalla tradizione Choctaw. In fin dei conti, dunque, Echo introduce una rivoluzione che per ora convince solo a metà: andiamo a soppesare i vari elementi della serie di Disney+.

Wilson Fisk tiene per mano una piccola Maya Lopez (640×360)

Maya Lopez e Kingpin: i due poli del racconto

La storia sviluppata in Echo è abbastanza semplice. In apertura troviamo un bel riassuntone, decisamente apprezzabile per aiutare chi non ha visto Hawkeye, che ripercorre la morte del padre di Maya, gli scontri con Daredevil e Clint Barton e soprattutto lo sparo a Fisk. Vengono aggiunti dettagli del passato della protagonista: la morte della madre, la fuga a New York, la rottura con le radici familiari. Cinque mesi dopo l’attacco a Fisk, Maya è in fuga e torna a Tahoma, la sua città natale, dove il passato la raggiunge fino alla risoluzione finale che segna il trionfo della Lopez e delle sue radici Choctaw, ma anche una presa di coscienza di Fisk, destinato, per fortuna, a essere un personaggio centrale nel futuro dell’MCU.

Tra i due grandi protagonisti della serie tv si gioca tutta la narrazione di Echo, che si muove soprattutto sul filo del conflitto personale e familiare. Maya è stata forgiata dal dolore e dall’abbandono, ha accumulato dentro di sé un senso di frustrazione, dato dalla mancata elaborazione della morte della madre e dai distacchi pesanti che ha dovuto vivere, che l’ha portata ad affidarsi completamente a Fisk, figura paterna e familiare, che dal canto suo possiede il suo bel carico di questioni irrisolte visto che da piccolo ha ucciso suo padre, e ha riversato sulla bambina il suo desiderio di essere un padre migliore del suo. Maya a Tahoma ritrova finalmente se stessa e lo fa riscoprendo le proprie radici, rinnegando quella famiglia che si era scelta, ovvero Fisk, per tornare alla sua famiglia originaria, perfettamente simboleggiata dalle donne Choctaw e da quei poteri che, come un’eco, si tramandano di generazione in generazione.

Lo scontro con Wilson Fisk e i suoi uomini è tanto concettuale quanto fisico per Maya, perché nelle cinque puntate di Echo abbonda l’azione e questo è sicuramente un bene. Troppo frettoloso, però, lo scontro finale, come di consueto per le serie tv Marvel, e soprattutto la risoluzione dei conflitti familiari per Maya è sembrata davvero troppo meccanica. Nota di merito per i due attori protagonisti, e se Vincent D’Onofrio è chiaramente una garanzia, sorprendente invece è l’ottima prova di Alaqua Cox, praticamente agli esordi in Echo e perfettamente a suo agio nella serie di Disney+.

Echo e la riscrittura di Maya Lopez

I lettori di lunga data di Daredevil hanno sicuramente a cuore il personaggio di Maya Lopez, introdotto nel 1999 in un momento di estrema rinascita per il diavolo di Hell’s Kitchen, che con la sua testata in quegli anni è stato uno dei massimi protagonisti della produzione Marvel, in netta ripresa dopo un periodo terribile. Questi stessi lettori, probabilmente, non possono che rimanere delusi da alcune scelte di riscrittura che abbiamo visto in Echo, perché nella serie tv il personaggio cambia radicalmente. Al centro non c’è, come su carta, la memoria eidetica, tratto caratteristico di Maya, ma ci sono questi poteri originati dalla discendenza Choctaw della protagonista. La Marvel, da sempre attenta al trattamento delle minoranze, mette l’attenzione sulle radici della Lopez, dà ampio spazio alla cultura nativo americana con l’introduzione di personaggi e leggende, ma finisce per calamitare tutta l’attenzione intorno a questo tema, tanto che la scena finale, in cui i poteri vengono condivisi anche con Bonnie e Chula, non convince granché.

In questo senso, Echo somiglia molto a Ms. Marvel, ed è sicuramente interessante l’approfondimento che viene fatto su una cultura diversa, però l’incisività sul personaggio è talmente perforante che risulta spiazzante. Avrebbe meritato più spazio sicuramente il conflitto personale di Maya, quel senso di colpa originato dalla morte della madre e sfogato nell’isolamento più totale nei confronti della sua famiglia. Il legame con Bonnie, potenzialmente molto sfaccettato, viene appiattito terribilmente, così come il peso della morte del padre, fondante per il personaggio, solo accennato nella serie tv.

Insomma, la riscrittura del personaggio di Maya Lopez convince a metà, un po’ come tutta la serie tv. La verità è che queste problematiche si ricongiungono a quella generale, che origina un po’ tutte le debolezze: il minutaggio è davvero troppo breve e non lascia sufficiente spazio all’analisi e all’approfondimento.

Echo
Fisk e Maya a colloquio (640×360)

Una rivoluzione a metà

Arriviamo, dunque, alla considerazione finale, che è un po’ il punto focale specialmente per i fan più fedeli della Marvel. Come valutare questo primo titolo della nuova sezione Spotlight? Come accennato a più riprese, questa tanto attesa rivoluzione convince solo a metà, perché di fondo viene intrapresa solo a metà. Il cambio di linea si percepisce: apprezzabile la volontà di rendere la serie tv perfettamente comprensibile anche a chi non ha visto Hawkeye con quella parte riassuntiva all’inizio, benissimo l’ambientazione realistica, che avvicina Echo ai titoli di Netflix che tanto hanno convinto, su tutti Daredevil, e ottima anche la cura nelle scene d’azione. Tuttavia permane sempre questo terribile problema dei tempi narrativi, perché, come al solito, il finale è estremamente frettoloso e chiude in modo sommario una trama che si stava sviluppando molto bene.

Echo mostra qualche passo in avanti nel cambiamento auspicato per le serie tv dell’MCU, ma testimonia anche l’evidenza che la Marvel continua a non saper sfruttare il format seriale, rimanendo troppo ancorata al modello cinematografico. Questa serie tv, però, può essere un indicatore prezioso per far prendere quanto di buono visto e lavorare sulle debolezze. Inoltre, il personaggio di Maya è estremamente convincente, al pari dell’interpretazione di Alaqua Cox, e la speranza è di poterla vedere nuovamente, magari in una seconda stagione che dia continuità al titolo. Giudizio sospeso per ora sulla rivoluzione Marvel, Echo invece merita una promozione, anche se con qualche appunto che abbiamo sottolineato nel corso di questa trattazione.