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Élite 6 – La Recensione di una stagione che prova ad andare più a fondo

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ATTENZIONE: questo articolo contiene SPOILER sulla sesta stagione di Élite.

Per questa stagione di Élite non abbiamo dovuto attendere molto. La quinta era stata distribuita da Netflix solo l’8 aprile 2022, ma la piattaforma di streaming ha deciso di correre senza sosta fino al 18 novembre, giorno in cui ha reso disponibile la sesta. Stavolta, Carlos Montero e Darío Madrona hanno provato a muoversi un po’ più in profondità, cercando di portare sullo schermo tantissime tematiche attuali. La carne al fuoco era tanta, gli episodi sempre e solo 8 e i membri del cast originario sempre meno. Anzi, questa è la prima stagione in cui non compare nessuno degli attori e delle attrici presenti nella prima stagione della serie. Una mancanza che si percepisce perché con tutte le new entry è più difficile provare empatia allo stesso modo per ognuno. Il tempo che lo spettatore ha avuto per affezionarsi ai nuovi personaggi non è sempre stato sufficiente per coinvolgerlo a pieno nelle storyline di tutti.

Buone intenzioni ma classica esagerazione alla Élite, o forse un’esagerazione tipica di molte delle serie spagnole più famose di Netflix. In ogni caso, la sesta stagione ha provato a fare un passo avanti rispetto alla quinta e alla quarta, che sono state terribilmente deludenti. Il pubblico ha smesso di avere aspettative e forse per questo si è rivolto agli episodi con più leggerezza del solito e, in parte, ne è rimasto sorpreso. La struttura da crime che ha sempre contraddistinto la serie di Montero e Madrona non manca, nemmeno questa volta. Ma si divide a metà, spezzando la stagione tra due misteri legati alla stessa famiglia e diluendo così l’attenzione e la curiosità dei fan. La prima parte della stagione, fino al quarto episodio, è quella che funziona di più, la più intensa, la più sensata, mentre la seconda parte, pur essendo più povera a livello di contenuti, e meno coinvolgente, è quella che farà da ponte per la settima stagione (perché sì, ci sarà una settima stagione) con due colpi di scena che hanno il chiaro obiettivo di creare una trama per gli episodi successivi.

Andiamo al dunque e analizziamo uno alla volta i pro e i contro della sesta stagione di Élite.

nuovi personaggi elite
Álvaro de Juana e Ana Bokesa (640×373)

Anche stavolta, la serie spagnola tenta in tutti i modi possibili di fare del suo meglio con una stagione che fa dell’inclusività la sua parola chiave. Finalmente i riflettori si puntano su un personaggio transgender e su una nuova relazione queer. Si focalizzano anche sulle difficoltà legate al percorso di transizione, ma soprattutto su quelle che Nico (Ander Puig) incontra nel relazionarsi con i suoi compagni di scuola e con Ari (Carla Díaz) , per la quale inizia a provare un forte sentimento. Dunque, lo spettro di tematiche attuali affrontate in Élite si allarga. Abbiamo una stagione che spinge molto sulla violenza di genere. Sia sulla dipendenza affettiva, sulla violenza domestica e sulla manipolazione da parte di un individuo narcisista e opportunista, sia sullo stupro di una ragazza priva di sensi che lotta per ottenere una giustizia che non riceve e, per questo, decide di farsela da sola. Questi episodi affrontano la misoginia, il tema dell’immigrazione, il razzismo, la transfobia e l’omofobia che dilaga anche nel mondo del calcio, e lo fanno portando sul piccolo schermo anche tutta la brutalità che queste forme d’odio sono in grado di provocare.

La prima vittima di un tale tipo di odio è il padre di Ivan (André Lamoglia), Cruz. È suo il funerale di cui abbiamo appena un accenno nei primi episodi. Suo il percorso di accettazione di sé a cui viene dedicata la prima parte della stagione. E a un certo punto, quando ci ricordiamo che Ivan è stato investito, ogni cosa sembra tornare al proprio posto. Una giustificazione per il suo incidente potrebbe essere legata al disprezzo nei confronti di suo padre e della sua famiglia. In questo senso, l’omicidio di Cruz e l’incidente di suo figlio avrebbero un legame più profondo con la trama della stagione. Se così fosse stato davvero, la deriva crime di Élite sarebbe stata più sensata in questa stagione di quanto non lo sia stato nella precedenti. Ma non è andata in questo modo. Montero e Madrona hanno preferito, come al solito, puntare sulla struttura tipica della serie (come succede in molte altre serie spagnole), coinvolgendo ancora una volta nell’incidente di Ivan gli studenti, i ragazzi appartenenti a quel gruppo di Las Encinas.

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Alex Pastrana (640×349)

Da questo punto di vista, dunque, la serie pecca ancora una volta di ripetitività.

Sono sempre gli stessi meccanismi narrativi. I vecchi protagonisti che vengono attirati dai nuovi e si rivolgono a loro anche senza conoscerli come se invece fossero amici da sempre. Personaggi delle prime stagioni che non vengono mai nominati e scompaiono nel nulla. Quadretti familiari surreali e adolescenti stra-ricchi che riescono a vivere da pascià anche con un padre imprigionato per omicidio e per questioni economiche. Studenti che spacciano nelle aule di una scuola per ricconi alla luce del sole come se niente fosse. Coppie di adolescenti che vivono insieme senza genitori. Continue alternanze tra presente e passato.

Nonostante questa volta il montaggio tra flashback funzioni perché riesce a intrecciare bene i destini di Cruz e di Ivan, di padre e figlio, purtroppo anche questo tipo di svolgimento è qualcosa che in Élite abbiamo già visto e non aggiunge nulla di nuovo alle stagioni precedenti.

Questi episodi partono rapidissimi e poi si perdono un po’ per strada, soprattutto con la seconda parte, dove la trama si muove più lentamente. Sono lodevoli i tentativi di riportare l’attenzione sull’accettazione del proprio corpo, sul recupero della fiducia in esso e nel resto del mondo, ma questi perdono consistenza quando, fino a due secondi prima tutti condividono un intenso momento di intimità e un attimo dopo invece si distruggono con frecciatine, dispetti e ripicche tipiche degli adolescenti. Alcuni rapporti d’amicizia sono dipinti in maniera sincera, come quello tra Isadora (Valentina Zenere) e Ivan, altri invece sono trattati in maniera superficiale, e questa è un’altra delle grandi pecche della serie. L’unico personaggio davvero ben caratterizzato, e maturato incredibilmente dalla sua prima apparizione, è Mencía, interpretata da una bravissima Martina Cariddi. Lei è la vera femminista della serie. Coraggiosa, intraprendente, intuitiva, solidale con le altre in ogni momento, e non solo quando le fa comodo.

martina cariddi
Martina Cariddi (640×375)

Insomma, nella sesta stagione di questo teen drama spagnolo di Netflix si sente molto la mancanza dei personaggi delle prime stagioni, e la quantità di argomenti affrontati, sotto alcuni punti di vista può essere un aspetto positivo, sotto altri invece finisce per penalizzare la serie che ne affronta alcuni in maniera piuttosto superficiale. Così, a parte un paio di punti che era necessario chiudere e risolvere nell’ottava puntata, per il resto il finale di stagione è risultato lento e solo propedeutico a un possibile abbandono di tre dei personaggi che hanno tenuto insieme le ultime tre stagioni. Sarebbe un vero peccato se Patrick, Ari e Mencía abbandonassero la serie lasciando al pubblico solo protagonisti con cui non ci si riesce ancora a connettere del tutto.

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