Vai al contenuto
Home » Recensioni

Emily in Paris 4 – Prevedibile fino all’insopportabile: la recensione del finale di stagione

Emily in Paris 4, la quarta stagione è veramente pessima
Ma prima di continuare con la lettura abbiamo entusiasmanti novità da condividere con te. A breve sarà disponibile Hall of Series Plus, il nostro servizio in abbonamento che ti permetterà di accedere a moltissimi contenuti esclusivi e in anteprima.

Inserisci il tuo indirizzo email e clicca su ‘Avvisami’ per essere notificato quando Plus sarà disponibile.

* campo obbligatorio

La seconda parte di Emily in Paris 4e in generale la quarta stagione – prova a rivoluzionare la dinamica eterna di questa Serie Tv. Lo fa facendo le valigie e portando Emily a Roma, apparentemente quasi per un tempo indeterminato. Ci prova e non ci riesce: complimenti Emily in Paris 4, hai fallito perfino cercando di superarti, dimenticandoti ingredienti fondamentali. Ad esempio che non importa la location: per rivoluzionare qualcosa, devi consegnarle una nuova prospettiva e dimensione. Non bastano le valigie perché – come per gli umani – i problemi seguono ovunque, sia Roma o Parigi. E così, la stessa dinamica ha inseguito Emily fino in Italia, propinando ancora una volta un nuovo triangolo amoroso. Per la quarta stagione, ancora una volta, stesso round.

L’unico cambiamento è da parte nostra, adesso finalmente capaci di comprendere le lamentele dei francesi riguardo agli stereotipi maniacali della Serie Tv. Emily in Paris è diventata, per solo due puntate, Emily in Rome, ma queste sono bastate per vedere l’espasperazione di ogni cliché, luogo comune e sentito dire. Peccato che ci si confonda proprio sul più bello, quando uno dei veri pregi viene confuso con un altro. La colpevole in questo caso è Mindy che afferma come Parigi si associ immediatamente al cibo, e l’Italia al sesso. Non abbiamo chiaro come si possa dire una cosa del genere, ma oramai quando si tratta di Emily in Paris 4 non ci poniamo più domande. Andiamo avanti più o meno apaticamente, chiedendoci quand’è che finalmente questo strazio vedrà il punto di non ritorno.

Ma nonostante la stanchezza generale della narrazione, che vede Emily indecisa sul suo nome Instagram, la Serie Tv va ancora avanti, concludendo la quarta stagione con uno sguardo verso la quinta

Con Raoul Bova ed Eugenio Franceschini, la seconda parte di Emily in Paris chiude il sipario tra le strade romane, senza però annunciare nessun tipo di novità narrativa. Emily è la stessa di sempre, esattamente come i drammi (creati da sé) che continua a vivere. Chi cercava dunque una nuova aura si scoprirà presto deluso dall’ennesima stagione che non aggiunge niente, se non una grande, grandissima stanchezza. Uno dei problemi principali della Serie Tv è che quest’ultima non sia altro che il trailer di se stessa. Fin da quando i personaggi vengono presentati, insomma, riusciamo a elaborare un pensiero riguardante il loro futuro, scoprendo nitidamente in modo autonomo che cosa accadrà.

E ci abbiamo preso, ancora una volta. E non perché corrispondiamo alla definizione di luminari, tantomeno perché c’era un trailer antecedente. Capiamo le dinamiche perché Emily in Paris 4 è prevedibile fino all’insopportabile. Un varco sul futuro che ci dice esattamente che cosa accadrà e perché. Noi non abbiamo armi contro questa banalità, soprattutto perché Netflix sembra fidarsi parecchio di questo suo prodotto, tanto da rinnovarlo con la stessa facilità con cui ne ha cancellati altri di grande spessore.

Per la prima parte e per qualche episodio della seconda, in Emily in Paris 4 i personaggi si fanno la guerra a vicenda per conquistare un tipo francese con i capelli a scodella, che poi è sempre lo stesso della prima: Gabriel. Non sappiamo che profumo indossi quest’uomo, ma sembra dotato di una pozione magica integrata che riesce ad avvicinare qualsiasi essere femminile dotato di respiro. Nessuno riesce a resistere al fascino di Gabriel, così come nessuno riesce a resistere al fascino della viziatissima e vuotissima Emily.

Non importa dove vada o cosa faccia: in un modo o nell’altro, troverà qualcuno disposto a far follie per lei. Passando dai poveri disgraziati della prima stagione fino ad arrivare a Marcello, Emily conquista tutti con le banalità dei cliché, diventando uno dei personaggi più vuoti degli ultimi dieci anni televisivi. Non fai in tempo a lasciarla con un ragazzo che questo è subito diventato un ex. Chiedetelo al povere Alfie che, dopo la relazione, è riuscito a vivere la storia con Gabriel, la rottura con Gabriel e l’inizio del suo amore con Marcello.

La fiera degli stereotipi colpisce ancora, riuscendo a mettere su un’ennesima dinamica uguale a se stessa, fatta di pessime idee professionali che qui vengono vendute come oro, e un gruppo di playboy risucchiati nel tunnel dell’amore di Emily. La stanchezza comincia oramai a essere troppa, ed è anche aggravata dalla decisione di dividere questa stagione in due parti, prolungando così il malessere. Forse questa decisione aveva a che fare con la volontà di mettere un accento sul (possibile) trasferimento di Emily, ma il problema resta sempre lo stesso: non stiamo parlando di fisica quantistica, non abbiamo bisogno di una pausa tra una parte e l’altra. Abbiamo solo bisogno che qualcuno si accorga del fatto che Emily in Paris 4 stia imbrogliando, copiando un compito già fatto e consegnato.

Emily in Paris 4 tornerà con la sua quinta stagione e, ancora una volta, affronterà un triangolo. Emily sarà ancora una volta chiamata a scegliere e a prendere decisioni di cui si pentirà e che (ci) costeranno una nuova stagione. La speranza è che il prossimo capitolo metta un punto definitivo alla storia, altrimenti il rischio è che la Serie Tv possa cambiare perfino nome diventando Emily in Giamaica, Italia, Madagascar e qualsiasi altra nazione vi venga in mente (la nostra previsione sta forse per diventare reale?). E in questo caso il cambiamento del titolo non comportebbe niente di nuovo: perché Emily in Paris rimarrebbe comunque uguale a sempre, talmente prevedibile da essere insopportabile. Talmente stanca da non poter fare niente, se non finalmente andarsi a riposare e liberarci dal male di una storia che non ha più niente da regalarci, se non la sua banalità.