Distribuita nel 2020 e adesso giunta alla sua terza stagione, Emily in Paris era pronta a diventare la nuova vetrina Dior di Netflix, la Sex and the City del nuovo millennio. Le intenzioni erano buone, e anche i mezzi preannunciavano possibili grandi soddisfazioni. Incentrare la storia su una ragazza intraprendente e sveglia che decide di cominciare a confrontarsi con una realtà lavorativa oltreoceano, sembrava infatti una mossa vincente che avrebbe potuto portare questo prodotto a spuntare diversi obiettivi, primo su tutti quello di costruire un’identità forte e ben definita del suo personaggio principale. La sua prima stagione aveva già purtroppo anticipato che nessuno di questi obiettivi sarebbe stato raggiunto più avanti, ma le speranze in questi casi sono sempre le ultime a morire. L’arrivo della seconda stagione ha però ucciso e disintegrato qualsiasi forma di speranza, preannunciando che la terza avrebbe potuto essere ancora inferiore delle prime due. In quel caso, infatti, almeno c’era l’effetto sorpresa. In questo, purtroppo, non vi era traccia neanche di tale possibilità.
La terza stagione di Emily in Paris giunge infatti su Netflix rispettando le poche aspettative, rendendo perfino la meravigliosa Parigi nulla di più che lo specchio riflesso del vuoto che questa terza stagione propone scena dopo scena.
La terza stagione di Emily in Paris si apre e si sviluppa attraverso uno schema già messo in atto nelle due precedenti stagioni, ma stavolta con ancor meno cura. Se gli sceneggiatori dedicassero alla trama lo stesso tipo di dedizione che dedicano agli outfit di Lily Collins (alias Emily Cooper) probabilmente saremmo di fronte a una grande Serie Tv, ma non è questo ciò che accade. Ogni cosa qui dentro viene lasciata in balia di cliché e stereotipi che si ripetono uno dopo l’altro, senza mai lasciar spazio per nulla di diverso. La storia prende infatti piede attraverso la confusione sentimentale e professionale di Emily che, anche in questa stagione, si dimostra un personaggio incapace di farci provare empatia.
Indecisa tra due lavori e due ragazzi, la protagonista pensa bene di eclissare qualsiasi forma di responsabilità nella speranza che tutto possa andare per il verso giusto anche senza il suo controllo. Di personaggi così confusi e in conflitto ne abbiamo conosciuti e amati a bizzeffe, ma dalla loro avevano personalità costruite talmente bene da riuscire a restituire qualcosa di più al pubblico. In questo caso, l’unica cosa che ci rimane della protagonista e della sua storia è un forte senso di vuoto che annulla il rumore di tutto, perfino quello della meravigliosa città che fa da sfondo alla vicenda. Mettere al centro della storia la città dell’amore, Parigi, è infatti stata fin da subito una mossa intelligente, ma se c’è una cosa che è oramai chiara è che le mosse intelligenti bisogna anche saperle utilizzare, e non solo idealizzare. Parigi era una grande idea, ma è stata purtroppo vanificata come la maggior parte delle cose.
La città fa da sfondo, ma per il resto tace. Il vuoto della serie riesce a spegnerla e a trasformarla in un set in cui i personaggi della serie Netflix si muovono e fanno delle cose, e il tutto in un modo stucchevole e forzato. Nessuno di loro riesce davvero a catturare la nostra attenzione in modo esponenziale. Le storie raccontate sono infatti una ripetizione di quanto già visto nelle precedenti stagioni, e ciò che appare ancora più assurdo è che questo loop infinito non sembra aver intenzione di giungere al termine. Finché se ne avrà la possibilità, Emily in Paris continuerà a raccontare i suoi (fastidiosi) aneddoti, e poco importa se quanto detto nella puntata numero tre della terza stagione è stato già affrontato anche nella quarta della seconda o nell’ultima della prima. Ciò che importa a questo prodotto è, semplicemente, andare avanti.
La stagione termina infatti con un ennesimo cliffhanger che mette nuovamente a dura prova il legame tra Emily e Gabriel, l’amore impossibile della protagonista. I due, anche in questa stagione, hanno infatti ri-messo in scena il medesimo schema già adottato nelle precedenti stagioni: avvicinamento, allontanamento, avvicinamento, finale amaro. La loro relazione sembra infatti costretta a dover naufragare ancora per molto, almeno fino a quando Emily in Paris non deciderà di chiudere la propria storia. La Serie Tv Netflix con Lily Collins non sembra però ancora pronta a giungere al termine, e questo lo ha dimostrato bene l’epilogo di questa terza stagione che, appunto, vede Gabriel e Lily avvicinarsi nuovamente per poi separarsi a causa di una notizia destabilizzante.
La decisione della piattaforma di continuare a portare avanti questo racconto è legata certamente al grande numero di ascolti che la serie riesce a ottenere stagione dopo stagione, e di questo è ben chiaro il motivo. Emily in Paris è d’altronde una Serie Tv generalista e acchiappa-utenti, un prodotto messo in atto con lo scopo di attirare gli amanti del kitsch, delle commedie romantiche e della moda. Insomma, il motivo alla base del successo c’è, ma il punto è che non è nella trama. Il suo punto di forza sta negli strumenti e nella speranza che – a un certo punto – questi vengano utilizzati finalmente in modo adeguato, e non come fatto fin adesso. Il pubblico si auspica che qualcosa di meraviglioso accada, che Emily in Paris faccia la sua mossa vincente, quella capace di fare strike una volta e per tutte.
L’unica cosa che Emily in Paris potrebbe fare per lasciare un ricordo vagamente positivo è prendersi del tempo per cercare di costruire la trama della quarta stagione in modo più curato e, soprattutto, conclusivo. Certo, nessun prodotto può pensare di salvarsi grazie a una sola stagione ben fatta, ma questo potrebbe essere l’inizio di un nuovo modo di vivere Emily in Paris. D’altronde, far peggio di quanto fatto in questa terza stagione è davvero difficile, soprattutto perché nulla di quanto raccontato ha potuto contare davvero sulla saldezza della trama. I personaggi, semplicemente, hanno fatto avanti e indietro da una parte all’altra, lamentandosi di superficialità e sciocchezze che hanno irritato più che trattenuto.
Emily in Paris avrebbe potuto essere tante cose, ma – almeno fin adesso – non è niente di più di un fastidioso vuoto, il ronzio irritante di una zanzara che continua a ronzarci intorno senza mai cedere all’estate oramai passata.