Prendete Edward Cullen e Bella Swan, poi portateli a Gorizia. Fatto? Bene, eccovi servito Eppure Cadiamo Felici, la nuova Serie Tv RaiPlay che non sembra altro che la fotocopia di un film americano già visto e rivisto. Al centro della storia troviamo infatti Gioia, una ragazza di 17 anni che, casualità, ogni anno si trasferisce in un posto diverso a causa dei segreti di sua madre. Un po’ in pieno stile Ginny & Georgia, Eppure Cadiamo Felici racconta la storia di una madre e di una figlia che si trasferiscono da una parte all’altra dell’Italia per cercare di ricominciare da capo e allontanarsi dai brutti segreti che la prima sembra nascondere a Gioia. Come in ogni tipica storia, la nostra adolescente non conosce alcuna felicità. Perennemente imbronciata, spera di non aver contatti umani e di poter essere considerata come qualcuno di invisibile. Il trasferimento nella nuova scuola, ovviamente, non passa inosservato. Rimane iconico il momento in cui le due bullette, guardandola mentre sceglie un posto a sedere, decidono di farle la guerra sulla base del brutto maglione che indossava. Nulla di più amici, lo giuriamo. Perché questo è d’altronde Eppure Cadiamo Felici: una Serie Tv italiana che cerca di riportare in vita i tipici cliché delle produzioni americane. Ma la verità è che in questo caso la fantasia ha decisamente superato la realtà, facendoci vivere una storia assurda e dai tratti completamente folli.
Eppure Cadiamo Felici è infatti un rifacimento mal riuscito di tante, troppe produzioni americane che, se non altro, almeno ci avevano creduto fino in fondo. In questo caso, purtroppo, neanche questo
Nonostante alcune frasi a effetto come la felicità è una cosa che cade, la nuova Serie Tv targata RaiPlay perde presto la rotta raccontando una storia che non sembra possedere una propria meta. Come anticipato, la nostra teenager Gioia si trasferisce a Gorizia con sua madre, ma questa volta le cose saranno ben diverse rispetto al resto degli altri trasferimenti. In questo caso non si tratta di una nuova vita, ma di un ritorno nel paese d’origine. La madre, Sabrina, decide infatti di tornare a casa della propria madre per ricominciare da capo insieme alla figlia. Come in ogni teen drama che si rispetti, la nonna di Gioia è una bomba a orologeria di intelligenza, frasi fatte e riflessioni sagge. Il rapporto scontroso diviene ben presto un legame affettuoso, dolce, maturo. Ma nulla del suo sviluppo viene accennato o spiegato. Ogni cosa viene lasciata in balia del nulla, del vuoto cosmico che lega i personaggi gli uni agli altri. Lo stesso accade tra Gioia e Lorenzo, un ragazzo che cattura immediatamente l’attenzione della ragazza.
I due si conoscono in una galleria. Lorenzo, detto LO, salva Gioia da due ragazzi che la stavano importunando. Dicendogli qualcosa che tuttora non abbiamo capito, questi ultimi scappano senza mai più farsi vedere. La protagonista comincia a vedere il ragazzo come un supereroe, l’amore di una vita, e decide fin da subito di innamorarsi perdutamente di lui che, nel frattempo, il giorno dopo le dice che è la cosa più bella che gli sia mai capitata. Insomma, vi conoscete da 36 ore, che dite, un po’ più di calma? Il ragazzo, nonostante le belle parole, appare e scompare dalla vita di Gioia che, intanto, sviluppa un rapporto anche con un suo compagno di classe che – neanche a dirvelo – è l’ex fidanzato della bulletta della scuola. Da subito innamorato della nuova arrivata, fa qualsiasi cosa pur di stare con lei, ma fallisce miseramente. Tranquillo amico, capita a tutti.
Nel frattempo la madre di Gioia sviluppa un’attrazione ricambiata con il professore della figlia, un certo Bova che noi però chiameremo Marco. A intepretarlo troviamo infatti proprio Matteo Branciamore che, per i più affezionati e nostalgici, non è altro che Marco Cesaroni. Probabilmente rassegnato dopo la fine della storia d’amore con Eva e l’opinabile talento musicale, il ragazzo decide di andare a Gorizia per diventare un insegnante. Fine della storia. Non sono qui accettate altre teorie.
Per cercare di restiuirvi un’idea effettiva che rispecchi il più possibile la fantasia di questo teen drama, vi diciamo soltanto che a un certo punto la nostra amica Gioia comincia davvero a pensare di avere a che fare con un fantasma. A seguito delle continue sparizioni e di qualche altro dettaglio, la protagonista si convince di essersi innamorata di qualcuno che è in realtà passato a miglior vita. Insomma, gli Edward Cullen e Bella di Gorizia io me li immaginavo diversi. Non esattamente così, ecco. Ed è proprio questo uno dei problemi più rilevanti della serie: il potenziale per un buon prodotto c’era. Avevamo l’occasione di parlare dei problemi di una generazione, mettere in risalto alcune tematiche importanti, ma le possibilità sono presto sfumate a favore di una storia surreale che ha perso immediatamente qualsiasi tipo di credibilità.
Tutti in Eppure Cadiamo Felici si innamorano di chiunque con una facilità disarmante, e ogni cosa viene conclusa in modo semplicistico e superficiale. Pensate un po’, la madre di Gioia capisce di doversi rivolgere alla polizia per far fuori dei criminali soltanto dopo otto puntate. Dopo quel momento tutto diventa semplice e facile. Ma dai? Davvero?
Insomma, le premesse non erano male e la base di partenza non mancava, ma Eppure Cadiamo Felici ha preferito andare oltre il limite consentito mettendo in atto una narrazione poco credibile e avventata. Manca lo sviluppo dei legami dei personaggi, la chimica, le ragioni per cui determinati gesti vengono commessi. In poche parole, amici, manca la storia. Per questa ragione i personaggi della nuova Serie Tv RaiPlay sembrano dei burattini mossi da una parte all’altra dello schermo. Non sembrano sapere neanche loro dove stiano andando, cosa vogliano fare. Non sono confusi, sono purtroppo soltanto superficiali e colmi di cliché che abbiamo già visto. Eppure Cadiamo Felici sembra un ibrido tra Twilight e Ginny & Georgia, ma anche tra tantissime altre produzioni che hanno cominciato la loro storia raccontando di una ragazza amante dei maglioni che deve cambiare città ogni sei mesi. Come se poi amare i vestiti larghi fosse una prerogativa per chiunque si trasferisca presto. Se così fosse, amici, io non dovrei vivere in un posto neanche per più di due giorni.