“The weak are objects. The rapists are kings. The poor are slaves”
Il buon caro Isaac Asimov, padre di Fondazione e della fantascienza tutta, ebbe un giorno un’idea brillante Questa idea che, no non gli è venuta davvero per caso svegliandosi una mattina ma rimane in ogni caso estremamente brillante, avrebbe fatto da ossatura per la maggior parte delle sue opere e sarebbe diventata di vitale importanza per le opere di fantascienza del domani. Asimov ideò e mise per iscritto delle leggi, chiamate Tre leggi della robotica, alle quali qualsiasi robot dotato di intelletto deve indiscutibilmente obbedire. La Prima legge – quella della “sicurezza” – dice che un androide non può fare del male a un essere umano né può permettere che, a causa di una sua mancanza, l’essere umano subisca il male. La Seconda Legge – del “servizio” – afferma che un androide deve obbedire ciecamente agli ordini degli esseri umani, laddove non vadano contro la Prima Legge. La Terza e ultima Legge – dell’ “autoconservazione” – riguarda la salvaguardia dell’androide stesso, purché non violi le sopracitate prime due leggi. In base a queste norme, dunque, nessun androide o robot, che dir si voglia, potrebbe o dovrebbe mai arrecare danno a un essere umano. Le regole, però, sono fatte per essere infrante ed è lo stesso Asimov a mostrare, nei propri racconti, di come le leggi della robotica non siano affatto perfette ma spesso alla mercé di errori e fraintendimenti (anche il cinema è pieno zeppo di questi esempi da Io, Robot a Ex machina).
Proprio le leggi della robotica fanno sottilmente capolino in questo fatidico settimo episodio, in cui succedono un sacco di cose e le trame vanno notevolmente avanti. Una puntata pregna di avvenimenti in cui assistiamo, soprattutto, allo scontro di idee tra i tre epicentri della storia, Impero-Tellem-Seldon, mentre le donne si rivelano come le vere burattinaie del teatrino galattico. Su Trantor, il matrimonio tra Giorno e Sareth è ormai alle porte ma una volta scoperta la verità sulla tragedia della sua famiglia, la regina prenderà una decisione molto rischiosa chiedendo un aiuto inaspettato. La parola della Chiesa non viene accolta di buon grado nella capitale, così come la missione di Hober Mallow fallisce miseramente e il piano di Hari Seldon parrebbe dunque giunto a un amaro epilogo. In un altro punto della galassia, Salvor e Gaal si scontrano mentre Tellem riempie sempre più il divario tra loro con promesse ingannevoli e sorrisi mefistofelici.
ATTENZIONE! Se non avete visto la settima puntata di Fondazione, vi consigliamo di tornare più tardi.
Profeti, idoli e santi sono i ruoli che, rispettivamente, sembrano essersi assegnati Hari Seldon, Tellem Bond e l’Impero. In un universo ormai in pieno disfacimento, c’è chi non ha alcuna intenzione di mollare la presa sul briciolo di potere che gli è rimasto. Un potere che si nutre del bisogno di fede per sopravvivere, ingordo di applausi e consensi. Su Ignis, il divario tra Gaal e Salvor è sempre più evidente. Come pesci nella rete di Tellem, le due continuano a dibattersi stancamente ma le grida di dolore sono sovrastate dal silenzio dei Mentalisti. In questa Midsommar fantascientifica, Gaal è ormai diventata l’oggetto di culto, strumento dalla mente ottenebrata che Tellem suona a proprio piacimento. Lo stesso accade su Terminus, dove dall’interno del Vault una copia digitale di Hari Seldon agisce in maniera imperscrutabile inviando i suoi adepti in varie parti dell’universo per poi rimanere insensibile al loro destino. Il piano del Vault sembra fallito, per ora, ma Hari Seldon pronuncia un’ultima profezia: l’Impero verrà annientato in una eventuale battaglia contro Terminus.
Un Impero che, a sua volta, ha trasformato se stesso in un culto, dove cloni si susseguono gli uni agli altri in una spirale senza fine solo apparentemente perfetta e immutabile. Le crepe nel palazzo dei Cleon esistono, però, ormai da molto tempo. Da quando uno di loro ha scelto di scappare per cambiare il proprio destino. Il sistema perfetto ideato dal primo dei Cleon pare ormai giunto a un’unica possibile conclusione, la fine dell’era dei cloni. Ed è con tono sprezzante che Giorno si rivolge alla copia digitale di Hari: “who keeps an elder in the dark and uses the body of a girl. You love him, you’ll forgive him, but still. The violation”. Ma non è lui stesso ad autoproclamarsi dio, a relegare i vecchi nell’oscurità e piegare le donne a suo piacimento?
A quest’aura di fanatismo religioso, si affiancano sentimenti individuali forti e vivi. L’onore di Bel Riose, generale che ha conosciuto il ferro dell’Impero ma che rimane fedele al giuramento fatto e al suo senso di lealtà.
Nell’Home-Swarm in cui viene inviato, Riose apprende dei soprusi dell’imperatore e contempla una possibile alternativa ma l’egoistico impulso alla sopravvivenza viene messo presto a tacere. Abbiamo poi Sareth e la sua sete di vendetta. La regina la cui ascesa al trono è stata decisa e orchestrata dai sotterfugi di un bambino e della sua balia. Giorno dopo giorno, Sareth è l’unica a non cadere vittima del fascino di Giorno, rimanendo stoica perfino ai mortificanti controlli medici ai quali viene sottoposta come fosse una cavalla da monta. E, infine, c’è la ricerca della verità di Salvor che resiste all’invitante mente-alveare dei Mentalisti agendo sempre spinta dalla perseveranza e dalla tenacia. Lei è la vera eroina di Fondazione, indifferenti ai culti e ai loro falsi idoli.
Più che mai, in questo episodio di Fondazione, viene accentuato il ruolo delle donne e la loro importanza nel tessere le tele della galassia. Nella prima stagione, Hari Seldon e l’Impero sono gli aghi della bilancia ai quali è affidato il destino dell’universo. È una lotta di potere e di controllo giocata con i mezzi dell’ astuzia e della forza fisica. Una partita tra uomini che si muovono indisturbati consci della loro posizione all’interno della gerarchia sociale. Le donne, in tutto questo, sono state piacevoli distrazioni o fallimentari ostacoli al progresso. Almeno secondo i suddetti uomini. In questa seconda stagione, Fondazione ci disegna un quadro ben diverso in cui, se guardiamo con attenzione, sono le donne a reggere segretamente le fila del destino. Ed è dal disvelamento della statua di Winoset, madre di Cleon I, che le parti si stanno man mano ribaltando.
Le donne, in Fondazione, ricalcano gli archetipi per eccellenza conquistando tuttavia la propria individualità e libertà nel bene o nel male. Tellem Bond è la strega, la donna che utilizza arti misteriose per ottenere ciò che vuole. È la donna maligna ma anche colei che, più di tutte, si è liberata delle catene che la società le aveva così saldamente assegnato. Opposta troviamo Gaal, la vergine dall’animo puro e dalla mente chiara. Colei che si fa martire come Giovanna d’Arco, per espiare i peccati degli uomini. Se per Hari, la ragazza è stata per tanto tempo l’incognita problematica dell’equazione, è ormai evidente come rappresenti invece l’elemento chiave per risolverla. Accanto a lei troviamo Salvor la guerriera, la donna pratica che agisce senza dover chiedere il permesso, il cui obiettivo sono la verità e la giustizia. Poi c’è Sareth, la donna fatale che anela al potere senza spargimenti di sangue. È Lady Macbeth, è Salomé, è Anna Bolena che seduce e manipola come sta appunto facendo con Alba. Infine, ma certamente non per importanza, troviamo Demerziel, la madre. L’androide dall’umanità che non risponde più alle leggi della robotica ma a una sola unica legge: l’Impero.