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Fondazione 2×09 – La Recensione: c’era una volta…

Fondazione
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Stories end gracefully. Everything else ends in shock and horror falsely certain of tomorrow.

C’era una volta, in una galassia lontana lontana, un Impero sull’orlo della rovina dove, pochi intrepidi guerrieri, lottavano valorosamente per salvare la Fondazione e tutto ciò che di bello doveva essere protetto, mentre tre perfidi stregoni erano disposti a usare ogni maleficio per tenersi stretto il potere. Questa storia, però, non è una favola come le altre e il lieto fine non va dato per scontato. Perché, contrariamente alla fiabe in cui il bene riesce ad avere la meglio e l’amore trionfa sui cuori più oscuri, in questa galassia lontana lontana non esistono né l’uno né l’altro ma la storia è incisa a caratteri di fuoco tra politica e matematica. I pochi fuggevoli atti d’amore svaniscono come luci in una notte senza stelle, spente da altri tipi di fuochi ben più pericolosi e crudeli. L’amore viene così punito da perfidi sovrani, da profezie matematiche e da illusioni malevole. Oppure imprigionato dentro una gabbia dorata. Come è dorata la stessa gabbia dove è rinchiuso il piccolo usignolo dell’imperatore nella celebre fiaba di Hans Christian Andersen. Le lacrime di commozione del sovrano bastano al piccolo uccellino per essere felice e continuare a cantare, anche se ormai privato della sua libertà.

Così anche la nostra Demerzel/usignolo è costretta a cantare per i capricci di un imperatore che confonde l’amore con il controllo. La storia dell’androide viene finalmente rivelata gettando nuova luce sulla decisione di Cleon I di dare inizio alla dinastia genetica. Nel presente, un altro Cleon non ha alcuna intenzione di perdere il potere ed è pronto a distruggere un intero pianeta per riuscirci. Hari Seldon osserva distaccato il destino di Terminus e della sua Prima Fondazione mentre le sorti della Seconda si decidono su Ignis. Qui Gaal e Salvor Hardin devono lottare per la propria vita e non solo, sfuggendo ai trucchi mentali di Tellem Bond e della sua setta.

ATTENZIONE! Se non avete visto la nona puntata di Fondazione, vi consigliamo di tornare più tardi.

Fondazione
Demerzel (640×360)

Tanto tempo fa su Trantor abitava un piccolo principe il cui futuro era già stato scritto. Allora, per sfuggire alle fredde e strette mura del suo palazzo, il bambino amava inventare giochi che lo portassero ovunque in quella gabbia di marmo e dipinti. Un giorno, il suo girovagare per il castello lo portò in un luogo segreto, dimenticato da secoli, dove abitava un’ androide in attesa di essere liberata. Il piccolo principe, al quale era stato dato un nome che significa “celebre”, rimase affascinato dalla strana creatura che trovò in quel posto e iniziò così a farle visita di frequente. L’androide, di nome Demerzel, allietava il principe Cleon con storie e racconti di battaglie e dinastie. Gli anni passarono e il piccolo principe divenne grande mentre Demerzel restava un usignolo spezzato e intrappolato nella sua gabbia, costretto a cantare cercando di far leva sui sentimenti del suo unico uditore.

È un nome di donna, ho le sembianze di una donna adesso. Un nome antico ma non il primo che ho avuto.

Ma questa favola meccanica non ha di certo un lieto fine. Cleon si fa uomo, l’innocenza lascia il posto al desiderio ed è con occhi di uomo che l’imperatore incominciò a osservare il corpo nudo dell’androide. Caparbia e furba, Demerzel continuava allora a recitare la propria parte, certa che un giorno, l’imperatore l’avrebbe liberata. Una libertà che arrivò, in effetti, ma non come il nostro usignolo aveva sperato. La gabbia dorata si trasformava così in una gabbia mentale, di dominio e schiavitù. Cleon I donò a Demerzel le chiavi dell’Impero ma in cambio le tagliò definitivamente le ali. Costretta a cantare per l’eternità non solo per quell’imperatore egoista ma per tutti i suoi fantasmi a venire, Demerzel iniziò ad aspettare paziente, influenzando, nel frattempo, le sorti della galassia. Il suo canto gioioso ormai era ridotto a un grido silenzioso e disperato.

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Hari Seldon contro Fratello Giorno (640×360)

610 anni più tardi, Demerzel tace mentre osserva bambini capricciosi farsi la guerra tra loro. Convinti di essere divinità scese sulla terra hanno abusato del loro potere e della loro influenza per creare falsi miti. Un altro spettacolo di magia viene dunque smascherato quando gli atti di fede si mostrano per i giochi di potere che sono davvero. Su Trantor, su Terminus e su Ignis la religione è stata strumentalizzata e i fedeli trasformati in soldati pronti a dare la vita per un idolo d’oro. Lo spirito galattico è progresso si, ma di quale tipo? La chiesa è in realtà un’ armeria mentre un profeta fatto di numeri e calcoli osserva insensibile le sorti dei suoi seguaci. Nel dialogo tra Fratello Giorno e Hari Seldon è racchiusa l’intera filosofia di Fondazione: religione contro politica, scienza contro fede, passato contro futuro, umano contro robotico. L’imperatore si sente tradito perché nonostante abbia seguito i consigli e gli insegnamenti di Seldon capisce di non essere in alcun modo “visto” dal profeta. Egli non è altro che una formica facile da schiacciare.

Seldon, da parte sua, continua a mettere al primo posto i numeri, non tenendo da conto la variabile umana e la sua importanza. Potere e longevità sono due concetti in contrastato tra loro, almeno secondo la copia digitale di Seldon, che non possono coesistere ed è per tale motivo che l’Impero deve scegliere a cosa dare priorità. La decisione, in realtà, è già stata presa molto tempo fa quando Cleon I scelse di creare una dinastia genetica per tenere un androide legato a sé per sempre.

Liberty must be curbed somewhat if you’re to stand next to the throne

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Gaal (640×360)

Il tempo della fede in Fondazione è dunque finito. Gli inganni e le illusioni si mostrano in tutta la loro meschinità. Su Ignis, il terrore per il futuro fa leva sui sensi di colpa di Gaal portando la nostra ragazza predestinata dritta tra le fauci del lupo. Tellem Bond, la megera, si è nutrita per secoli della paura e del dolore dei suoi mentalisti, reietti della galassia in cerca di una terra promessa. Ma Tellem non è affatto una santa ma un vampiro dai denti affilati che ha risucchiato energia, fede e amore dalle menti incaute che hanno incrociato il suo cammino. Il primo simulacro è distrutto. Di fronte alla terrificante visione del Mulo, Tellem Bond perde il senno venendo infine uccisa sanguinosamente da un Hari misteriosamente risorto (per la seconda volta).

Su Terminus, il Vault che torreggia silenzioso in cima alla montagna, resta immobile di fronte alla distruzione che si sta abbattendo sulla prima Fondazione e sui suoi abitanti, Come un dio biblico, Hari Seldon accetta il sacrifico dei suoi discepoli, carne da macello necessaria da sacrificare sull’altare della psicostoria. Eppure, Hari Seldon non è un dio, ma solo un algoritmo senziente che ha usato la propria influenza senza avere davvero una visione completa del piano originale. Il secondo simulacro è in frantumi.

Infine, ecco mostrata la mortalità di Cleon XVII, un uomo dalla mente e dalla morale debole in cerca di consensi e del suo posto nella storia. Un clone, come tutti gli altri, che vorrebbe essere chiamato per nome e ricordato dai posteri come individuo a se stante. Un bambino capriccioso e nulla più che sbatte i piedi a terra di fronte al giocattolo rotto. Ed ecco dunque che il terzo e ultimo simulacro si rompe in mille pezzi. Un vero dio non dovrebbe chiedere alcun sacrificio o prova di sangue per essere soddisfatto ma solo l’amore disinteressato.

Proprio l’amore è il grande assente di questa storia, schiacciato dagli interessi egoistici dei singoli e dalle volontà maligne di chi è al comando. L’amore che brilla fiocamente nel cuore di pochi ed è visibile nell’onore del generale Bel Riose, che fa la cosa giusta sacrificando ogni cosa, nel coraggio di Hober Mallow, e nella lealtà di Salvor Hardin, vera eroina di Fondazione. Per il resto l’universo rimane muto e impassibile di fronte alla pena e al dolore.