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Food for Profit – La Recensione del documentario di Giulia Innocenzi sull’industria della carne

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Qualche settimana fa, ho avuto la possibilità di vedere Food for Profit, il documentario di Giulia Innocenzi. La proiezione a cui ho assistito è stata quella di Santarcangelo di Romagna dove era presenta in sala la stessa Innocenzi. Prima della proiezione, di fronte a una sala piena, la giornalista ha parlato delle difficoltà a distribuire questo documentario che, a un certo punto, sembrava davvero impossibile potesse arrivare al cinema. Hanno dunque deciso di distribuirlo autonomamente, facendo leva sul grande interesse degli spettatori che, in autonomia, hanno fatto richiesta alle singole sale di trasmettere Food for Profit.

Inoltre alla proiezione in questione era anche presente il Comitato per la Valmarecchia, un gruppo nato per contrastare l’apertura di un allevamento intensivo in provincia di Rimini. Giulia Innocenzi ha dunque posto immediatamente in risalto il forte intento di denuncia del suo lavoro, focalizzatosi da qualche anno sull’ambito animalista. Ha anticipato che è riuscita a portare Food for Profit anche nel Parlamento europeo, dove è stato proiettato (e recentemente è arrivato anche nel Parlamento italiano) e, al suo interno, presenta estratti registrati con telecamere nascoste che vedono alcuni eurodeputati come protagonisti.

Food for Profit sta facendo parlare molto di sé. Tratta un argomento angoscioso e non si limita a mostrare gli allevamenti intensivi: pone tutto ciò in una prospettiva più ampia, evidenziando i rapporti tra politica e industria agroalimentare

Se siete interessati o sensibili all’argomento, invitiamo caldamente ad andare a vedere il documentario, sperando che ci sia qualche proiezione nelle vostre vicinanze. Per questa ragione, nei prossimi paragrafi, eviterò di entrare troppo nel merito, in modo tale da lasciare le difficili parti d’inchiesta alla visione dello spettatore. Mi limiterò qui a dire che indubbiamente il documentario merita una visione. Chi è già sensibile al tema sicuramente dovrà andare a vederlo, ammesso che non l’abbia già fatto. Avvisiamo però che non mancano parti cruente in cui si vedono animali in condizioni terribili o in cui vengono maltrattati e uccisi. Chi fatica a sopportare queste scene sicuramente faticherà a terminare la visione. Invitiamo comunque a farlo, magari distogliendo lo sguardo in certi, ma sicuramente non è facile.

Mi sento di consigliare la visione anche a chi il tema trattato non sta particolarmente a cuore. La condizione degli animali negli allevamenti intensivi è risaputo che sia terribile; talvolta però non siamo più portati a interrogarci sull’argomento. Vedere certe immagini su un grande schermo può convincere a interrogarci nuovamente su queste tematiche. In più, come sottolineavamo poco fa, raramente prima d’ora un’inchiesta era riuscita a parlare così approfonditamente del ruolo svolto nella politica in tutto ciò.
Mettiamo le mani avanti per i più scettici: l’intento di Giulia Innocenzi non è certo quello di far sì che togliamo tutti la carne dalle nostre tavole ed eliminare un’intera filiera di lavoro. Il fine è invece quello di problematizzare gli allevamenti intensivi. Molti allevamenti sono intensivi ma riescono a non farsi riconoscere come tali. Inoltre questi allevamenti provocano ingenti danni all’ambiente e all’essere umano. I lavoratori in tutto questo sono spesso i primi a essere penalizzati. Per non parlare, naturalmente, agli abitanti delle aree attigue a queste attività.

Dopo questa presentazione, entriamo nel vivo raccontando i principali argomenti di Food for Profit

Food for Profit (720x480)
Food for Profit

Il documentario presenta, in particolar modo, due linee d’inchiesta. La prima è un’inchiesta sul campo, finalizzata a entrare in alcuni allevamenti intensivi per mostrare ciò che accade. Food for Profit prende come esempio alcuni allevamenti che ricevono fondi europei. In particolare Spagna, Germania, Polonia e soprattutto Italia. Questa parte è, inevitabilmente, molto pesante. Pur alternandosi all’altro filone d’inchiesta, le violenze sugli animali e lo stato in cui vivono molti di questi è spaventoso. Purtroppo le interviste e le domande poste ai responsabili dei singoli allevamenti portano a ben poco. Non sono esclusivamente le condizioni degli animali a essere poste in risalto: l’inquinamento, in particolare dei corsi d’acqua, è notevole. Da non sottovalutare sono anche le condizioni dei lavoratori, in alcuni casi privi di ogni tipo di diritto.

Il secondo filone d’inchiesta riguarda invece Bruxelles. Si parla delle lobby della carne, molto forti nella capitale belga, le quali inevitabilmente influenzano anche le decisioni politiche. Se spesso vengono citate le lobby ambientaliste, al contrario dimentichiamo quasi sempre quelle di segno opposto. Le decisioni prese mirano ad accontentare certe richieste e interessi a discapito delle tematiche ambientali. Oltre a ciò, viene mostrata una grande propensione a esperimenti che possano aumentare la produzione di carne, anche quando questi sono davvero impressionanti. Il maiale con una zampa in più che viene mostrato anche nei trailer di Food for Profit è forse l’invenzione più inquietante, comunque accolta favorevolmente da alcune voci di spicco.

Non mi addentrerò oltre nella trattazione del documentario. Spero però di aver dimostrato come intenda affrontare l’argomento in modo trasversale

Food for Profit (720×480)

Al termine della visione del documentario, una sala decisamente scossa ha continuato ad ascoltare Giulia Innocenzi, la quale è tornata a parlare del suo lavoro rispondendo anche a qualche domanda. Una parte importante della conclusione la occupa il Comitato per la Valmarecchia, il quale si sta battendo contro l’allevamento intensivo di prossima apertura di cui abbiamo parlato in precedenza. Oltre alle tematiche precedentemente emerse, il Comitato sottolinea anche il danno al paesaggio, un bene indispensabile italiano.

L’intento di Food for Profit non è certo quello di scagliarsi in toto contro chi lavora nella filiera dell’agroalimentare né cambiare le abitudini alimentari (per quanto, dati alla mano, sicuramente in Italia il consumo di carne per individuo sia effettivamente troppo alto). Si cerca però di cominciare a pensare al futuro, a ciò che avverrà. Il pensiero non va solamente agli animali, i quali comunque meritano di vivere in condizioni decisamente più dignitose di quelle mostrate, ma anche al clima e a noi stessi. Una parte del film tratta anche l’abuso degli antibiotici sugli animali, il quale sta causando gravi conseguenze anche sulla salute degli esseri umani. Per questa ragione, tra i punti finali, Giulia Innocenzi e tutti coloro che hanno lavorato a Food for Profit, chiedono che non vengano più aperti altri allevamenti intensivi e che quelli attuali non ricevano soldi dei contribuenti se non rispettano standard obbligatori.

Spesso le decisioni prese in Europa ci sembrano lontane. Invece vanno a impattare direttamente sulle nostre vite e la nostra quotidianità

Invito tutti voi ad andare a vedere il documentario, se ne avete la possibilità. Si tratta, a prescindere, di un lavoro coraggioso. Non è stato facile portarlo nelle sale cinematografiche ma, grazie al passaparola, sta riscuotendo ottimi riscontri. Questo entusiasmo è la prova che l’argomento interessa a molti e, inevitabilmente, il film continuerà a fare parlare di sé. Riuscendo ad arrivare in varie parti d’Italia, e ora anche in Parlamento, sta informando tutti sull’argomento e sta cercando di far sì che sempre più persone siano preparate. Per quanto possa risultare banale dirlo, non occorre affatto essere necessariamente degli attivisti per l’ambiente per chiedere condizioni eque per gli animali e maggior tutela per la salute degli esseri umani. Food for Profit potrebbe aprirvi gli occhi su dinamiche e argomenti che conoscete ma di cui sottovalutavate l’importanza e l’impatto.