Foundation è una serie tv incredibilmente ambiziosa e con un budget da capogiro. Targata Apple Tv+ ha come protagonista uno straordinario Jared Harris nei panni dello scienziato Hari Seldon. Lo show è l’adattamento televisivo dei capolavori letterari di Isaac Asimov, con una trama complessa e ambientazioni mozzafiato. Il produttore David S. Goyer, già produttore di FlashForward, l’ha definita un’infinita partita a scacchi tra Hari Seldon e i Cleon, con molti altri personaggi che diventano semplici pedine in questo gioco ipnotico.
Cimentarsi in una serie tv di genere sci-fi non è mai una passeggiata, soprattutto se si considerano i costi altissimi di produzione e le trame spesso troppo articolate. Foundation sembra accogliere in pieno questa sfida, compensando la complessità della trama di Isaac Asimov con una fotografia e un impatto visivo che ci lascia senza fiato.
Già la prima stagione di Foundation ci ha messo in disordine il cervello, ci siamo lasciati prendere dai personaggi affascinanti e criptici, e abbiamo sentito anche un perdurante senso di frustrazione nel non comprendere fino in fondo le dinamiche e le vicende oggetto della trama.
La storia procede a passo lento, eppure non riusciamo a distogliere lo sguardo. La prima stagione ci ha dato solo un assaggio di quella che è la partita a scacchi infinita tra i protagonisti di cui parlava David. La seconda stagione inizia a scavare un po’ più a fondo, iniziamo a grattare via la superficie per ammirare il dipinto sotto la sabbia. I personaggi che fingono di essere stereotipati assumono una loro identità, come i bambini che non hanno più paura di colorare fuori dai bordi. La scrittura dei personaggi è sublime e, in particolare, Demerezel diventa sempre meno marginale, complice anche la meravigliosa interpretazione di Laura Birn, eclettica attrice finlandese. Demerezel è un personaggio moderno, una donna che brama un’indipendenza che non le hanno mai riconosciuto. Una macchina che si finge un essere umano e, inevitabilmente terminiamo la visione con mille domande esistenziali che spaziano dall’etica all’immaginazione di un futuro distopico che, nell’epoca dell’intelligenza artificiale, ormai non ci sembra neanche più così lontano.
La seconda stagione di Foundation introduce anche molti personaggi nuovi, mentre vecchie conoscenze ritornano ridondanti come un loop infinito. Sì, sto parlando di Hari Seldon (Jared Harris), d’altronde non potremmo mai liberarci di lui. Jared Harris porta a casa un’altra interpretazione da manuale, mentre nuove sfaccettature del personaggio vengono a galla, con uno sguardo al passato.
L’uomo inizia a svelare la sua forma oltre lo scienziato, e a lottare al suo fianco c’è ancora una volta Gaal Dornick, insieme alla nuova arrivata Salvor Hardin, che ha protetto la Fondazione per tutti quegli anni. In fondo il tempo non è altro che un giocattolo in mano agli sceneggiatori, ostaggio di un tira e molla che Isaac Asimov ci ha affidato molto tempo fa. Certo, se dalla seconda stagione vi aspettate delle risposte state pur certi che tornerete a casa con altre mille domande, ma alla fine il bello di questa serie è proprio questo, anche se non ci piace ammetterlo.
Dal punto di vista visivo possiamo dire che i produttori siano riusciti a spingersi ancora oltre con la seconda stagione di Foundation
Ci ritroviamo catapultati in galassie meravigliose, sentiamo la salsedine che ci invade i polmoni e vediamo scenari idilliaci isieme a Gaal, i vari Cleon e Hari stesso. La trama passa quasi in secondo piano di fronte alla magnificenza di alcune scene, le quali sembrano fatte quasi per il gusto di essere osservate come moderni dipinti che si vestono di tecnologia. La stessa tecnologia che diventa un pretesto per mettere in scena una gigante metafora del mondo moderno. Non a caso la relazione tra i vari Cleon e Demerezel acquisisce una profondità diversa, andando a scavare all’origine di questo legame ormai così complesso. Ci sembra quasi di vedere riflessa nei loro volti la moderna relazione tra esseri umani e macchine. Nella nostra intervista a Laura Birn (Demerezel) e Lee Pace (Brother Day) parlando della seconda stagione di Foundation ci siamo chiesti se siamo noi a controllare la tecnologia che ci circonda o se è la tecnologia a controllare noi.
Insomma, se la prima stagione di Foundation vi ha annoiato non penso che possiate aspettarvi di meglio dalla seconda. Se, invece, vi ha incuriosito fareste bene a lanciarvi nuovamente a capofitto in questo viaggio mistico in bilico tra il tempo e lo spazio. La filosofia va a braccetto con un pizzico di estetismo vanesio, e questo è quanto basta al nostro masochismo per complicarci la vita in queste calde sere d’estate. Certo, aspettare una settimana tra un episodio e l’altro è quasi più frustrante del cercare le risposte agli indovinelli di Hari Seldon, ma è un sacrificio che facciamo ben volentieri davanti a Jared Harris.