Parliamoci chiaro: questi che stiamo vivendo sono tempi strani e complessi. È quindi ancora più strano, tra tutte le pressanti preoccupazioni per la salute e la precarietà, interrogarsi sul valore di una serie tv. Ma è anche vero che con l’assoluta necessità di ritirarci nelle nostre case stiamo vivendo un momento straordinariamente intenso per la visione e lo streaming di questo tipo di contenuti. A maggior ragione infatti essi divengono un fondamentale momento di intrattenimento e svago con un senso ancora più profondo di quanto usualmente già non abbiano. Come un delizioso spuntino per la mente. Ed è con questo spirito che mi sono apprestato a vedere l’ultima fatica di Netflix: Freud. E di cui ora cercherò di parlarvi.
Netflix ha rilasciato questa settimana Freud, thriller “storico” che rimodella liberamente il leggendario psicologo come un cacciatore di streghe che usa l’ipnosi per risolvere alcuni crimini nella Vienna del XIX secolo. Perché… Ecco, non c’è un perché. Semplicemente “perché no?“. Queste le principali motivazioni dietro la trama. Ma andiamo per gradi.
La serie di otto episodi creata da Marvin Kren, Stefan Brunner e Benjamin Hessler, mantiene le cose aderenti alla realtà, o almeno credibili, per circa mezzo episodio. Il dottore – interpretato da Robert Finster – pratica il suo ipnotismo, drammaticamente illuminato nella scena d’apertura, sulla sua governante Lenore (Brigitte Kern). È un uomo pieno di debiti e con capacità di ipnotismo molto in ritardo rispetto alle sue complesse teorie sulla repressione psicologica. Il buon dottor Freud fa quindi ricorso a una messa in scena con la signora Lenore per fingere una trance. L’obiettivo è ingannare i suoi colleghi dell’Accademia e dimostrare a quegli “stupidi sciocchi” quanto si sbaglino sul suo conto.
Considerato come un “alternativo” per le sue teorie sull’inconscio e con uno status da “ciarlatano ebreo”, Freud è ansioso di dimostrare tutto il suo valore, in particolare per la sua fidanzata, Marta, la cui madre disapprova totalmente la sua pratica “medica”.
In tutto questo è ampiamente dipendente dalla cocaina. Almeno tanto quanto, nella letteratura, lo è il personaggio di Sherlock Holmes dall’eroina. Le cose però cambiano velocemente quando una giovane prostituta mutilata “atterra”, letteralmente, sulla scrivania di Freud, per gentile concessione degli ispettori Kiss (Georg Friedrich) e Poschacher (Christoph F Krutzler). Kiss, un uomo dalla voce ghiaiosa, represso in modo archetipico, sospetta immediatamente che il colpenvole dell’efferato omicidio sia Georg von Lichtenberg, suo ex superiore militare. Le ragioni della sua accusa sono dovute alla consapevolezza che costui conosceva la donna e in parte perché Kiss è intimamente conscio della sua indole sadica. Il trauma persistente dell’ispettore, sotto forma di costante crampo alla mano da tiro, dovuto agli ordini atroci a cui era costretto a obbedire sotto il comando di von Lichtenberg, offre a Freud la possibilità di dimostrare che la sua idea dell’inconscio incarnato e attivo ha qualche fondamento.
Freud genera poi una certa strana, e un po’ ridicola, sensazione di déjà vu quando il medico assiste a una seduta spiritica ospitata dal conte Viktor (Philipp Hochmair), in perfetto stile Green Day incrociato con una posticcia rappresentazione della nobiltà viennese e la sua misteriosa moglie, la contessa Sophia (Anja Kling). La medium Fleur Salome (Ella Rumpf), una giovane fanciulla ungherese che assomiglia in modo imbarazzante a Eva Green, finisce con la mente in viaggio astrale, nelle proprie o forse altrui proiezioni, ossessionata e perseguitata da un demone macchiato di sangue. La ragazza particolarmente sensibile all’ipnotismo e agli “incantesimi” amatoriali di Freud, diventa la sua principale paziente nella ricerca di spiegare l’inconscio… e, ovviamente, sconfina in una relazione piena di vapore e di “vorrei ma non posso”, ma alla fine “posso”.
La trama di Freud impiega oltre due episodi per iniziare ad avere un qualche senso. Da quel momento diviene però evidente che la mente dietro diversi crimini violenti, indotti dalla follia, è quella della contessa Sophia, i cui poteri ipnotici si basano su una combinazione psicosessuale di tocco e manipolazione verbale.
Mentre i piani della contessa Sophia si espandono dal rapimento di una ragazza a un complotto confuso e ridicolo per seminare il caos nello stato austriaco, la serie sprofonda sempre più a fondo in una follia tutto sommato abbastanza coinvolgente. Basta non avere troppe pretese e affidarsi al mero intrattenimento. Quanto possa piacere dipende da quanto piacciono gli spettacoli pulp e gratuiti di Netflix che non pretendono di portare prestigio al mondo della serialità. Te li gusti così, come vengono.
Tra le cose che Freud ti spiattella sullo schermo troviamo: figure nude imbevute di sangue, una camera di tortura in profondità nei tunnel del canale, convulsioni indotte dall’ipnotismo, duelli disastrosi, mummie egiziane come oggetti di scena, un cantante lirico cannibale, l’uso della camera traballante per le riprese e, naturalmente, Freud che vomita una dose particolarmente abbondante della sua bevanda alla cocaina.
C’è anche il tempo per avere svariate sottotrame, in particolare un’insurrezione politica contro l’imperatore la cui logica è difficile da intuire, capire e seguire e che alla fine risulta quasi totalmente irrilevante. Lo spettacolo principale è il gorgoglio di manifestazioni inquietanti di psiche represse che si uniscono, nei vari episodi, a uno spettacolo horror senza senso, ma a suo modo divertente.
Come altre assurde revisioni di storie famose, Abraham Lincoln: Vampire Hunter o Pride and Prejudice and Zombies, la nuova serie Freud è probabilmente migliore quanto più si appoggia sul suo lato più ridicolo e stravagante. C’è uno scarso valore di intrattenimento, nel guardare Freud, se si spera di inciampare anche per sbaglio in una qualche teoria dell’ipnosi o nella speranza di affrontare i propri demoni interiori repressi o sentimenti di inutilità.
Tuttavia è a suo modo avvincente, in modo insensato, ma avvincente.
Qualcosa che potrebbe suonare come un “Sono bloccato dentro casa e mi piacerebbe immergere il mio cervello in una folle assurdità” ecco allora venirci in aiuto vedere Freud e Fleur cercare di fermare il piano della contessa Sophia attraverso una serie di viaggi inquietanti tra ipnosi e orrore.
Tutto questo per dire: qualunque sia l’istinto pulp soppresso che si potrebbe avere durante questo periodo di crisi mondiale, probabilmente si riesce a distrarlo e scaricarlo guardando Freud. Il che rende irrilevante il concetto di recensione: o hai appetito per questo tipo di pietanza insensata o no. E data la surrealtà del mondo reale in questo momento, un Freud immaginario e cacciatore di streghe potrebbe anche finire per essere una portata ingannevolmente succulenta. Quasi quanto la bistecca di Cypher in Matrix.