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From Scratch – Recensione della nuova miniserie su Netflix

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ATTENZIONE: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler su From Scratch. E procuratevi abbondanti fazzoletti!

Per cucinare la caponata bisogna partire dalla fiamma. La cipolla è penetrante, essenziale, ma dà il meglio di sé se si fa appassire. Poi il prezzemolo. I gambi hanno più sapore perché sono più vicini alla terra. L’olio d’oliva siciliano non si può capire se non si parte dalle sue origini. In cucina l’equilibrio nasce dal sapere quando l’amaro va stemperato con un po’ di dolce. E per finire mettici sempre amore“.
Questa è la ricetta di Lino, interpretato da Eugenio Mastrandrea (A.C.A.B. – All Cops Are Bastards e Nero a metà) che Amy, interpretata da Zoe Saldaña (Avatar, Colombiana, The Terminal e I Guardiani della Galassia), legge alla sua famiglia in occasione di un importante viaggio in Sicilia.
E l’ultimo ingrediente, l’amore, è quello principale insieme alla famiglia, anche di From Scratch – La forza di un amore, il nuovo prodotto targato Netflix uscita lo scorso venerdì, 21 ottobre 2022.

La miniserie, creata da Attica Locke (produttrice di Empire), è la trasposizione televisiva dell’omonima autobiografia di Tembi Locke, attrice afroamericana conosciuta per aver interpretato Grace Monroe nella serie Eureka ed Elise Torres in Non ho mai... L’adattamento del libro è curato da entrambe, sorelle, le quali si avvalgono dell’aiuto di uno staff di screenwriter composto, tra gli altri, da Marguerite MacIntyre, J.J. Braider e Jason Coffey, tutti e tre nel gruppo di sceneggiatori di Vampire Academy.
La regia delle otto puntate, ciascuna della durata di circa cinquanta minuti, è curata da Nzingha Stewart (Inventing Anna e Tanti piccoli fuochi) e Dennie Gordon (Waco e Jack Ryan) le quali si avvalgono di Brian Pearson e Patrick Murguia per la fotografia e di Laura Karpman, vincitrice di un Emmy per le musiche di Why We Hate, e compositrice delle colonne sonore di Ms. Marvel e Parigi può attendere, per la colonna sonora.

From Scratch (640×360)

Amy si è da poco trasferita a Firenze per studiare pittura, passione che l’accompagna fin da quando era bambina. Durante una passeggiata per le vie della meravigliosa città toscana si imbatte in Lino che lavora come chef in un ristorantino nel centro storico. Pur provenienti da mondi completamente diversi hanno in comune due famiglie che osteggiano le loro scelte. Amy, infatti, è attesa dalla scuola di legge in una prestigiosa università degli Stati Uniti caldamente consigliata dal padre, avvocato a sua volta, mentre Lino è disconosciuto dal padre, siciliano, perché offeso dalla scelta del ragazzo di abbandonare la campagna e la vita contadina per darsi alla cucina.
I due cominciano a frequentarsi e finisco per innamorarsi. Dopo un periodo di distacco durante il quale hanno proseguito la loro relazione a distanza tramite il telefono (parliamo della prima decade degli anni Duemila, quando internet e gli smartphone non erano di uso comune come oggi), Lino raggiunge Amy a Los Angeles. Per guadagnarsi da vivere si mette a fare il cameriere in uno pseudo ristorante italiano dove servono spaghetti con polpette: un’offesa per lo chef italiano le cui conoscenze gastronomiche derivano tutte dagli insegnamenti materni.

Tra mille pene e fatiche i due sembrano finalmente realizzare i loro sogni: Amy lavora in una importante galleria d’arte e Lino sta per aprire il suo ristorante. I due sono felici, innamorati come non mai. E come sempre accade quando le cose stanno andando a gonfie vele ecco il classico fulmine a ciel sereno: a Lino viene diagnostico un aggressivo tumore al ginocchio. Dopo il classico momento di smarrimento la vita riprende e la coppia affronta, non più sola ma con l’aiuto delle rispettive famiglie, la grave malattia.

From Scratch, come spesso accade nelle miniserie, parla di tante cose. Contrariamente al solito, però, lo fa in maniera esaustiva o che comunque non lascia adito a rimpianti. Tralasciando dettagli inutili e concentrandosi sulle questioni importanti la miniserie parte un po’ con il freno tirato. Un espediente utile affinché lo spettatore si adagi comodamente e si convinca di trovarsi di fronte a uno spettacolo già conosciuto, simile ad altri.
In realtà non è così. Seppure vengano affrontati diversi cliché, alcuni belli come il giro in Vespa per Firenze che non può non ricordare Vacanze romane con Audrey Hepburn e Gregory Peck, altri un po’ esagerati come i genitori di Lino che non sanno scendere da una scala mobile, in From Scratch non si ha mai l’impressione che l’espediente già visto e rivisto venga usato per allungare il brodo.
Per proseguire nei paragoni culinari la miniserie americana è un prodotto cucinato davvero bene che soddisfa il palato dello spettatore. Per niente stucchevole nel rappresentare un amore da favola ha quella quantità di sale, q. b. come si legge nelle ricette, perfetta per esaltare le materie prime, composte innanzitutto da un cast azzeccatissimo nei ruoli.

From Scratch (640×360)

Dicevamo all’inizio che oltre all’amore un altro ingrediente importante di questa miniserie è la famiglia. Parliamone, allora. Da una parte c’è la famiglia di lei: il padre Hershel, interpretato da Keith David (vincitore di tre Emmy come voce narratrice in Jackie Robinson, The War e Unforgivable Blackness: The Rise and Fall of Jack Johnson), un avvocato afroamericano specialista nei diritti civili che ha marciato con il reverendo Martin Luther King; la madre Lynn, interpretata da Kellita Smith (Z Nation e This is Us) la quale è in cerca di se stessa riuscendo a essere invadente e scomoda; la seconda moglie Maxine, interpretata da Judith Scott (Dear White People e Snowfall) che invece offre sempre il suo sostegno e non è mai fuori dalle righe.
Dall’altra la famiglia di lui: il padre Giacomo, interpretato da Paride Benassai (Baaria, Il commissario Montalbano e L’ora legale) contadino legato alle tradizioni, ostinato e cocciuto, incapace di esternare e gestire le forti emozioni che prova; la madre, interpretata Lucia Sardo (La Piovra, Il commissario Montalbano e L’otto e il nove), madre sottomessa al marito secondo le tradizioni ma capace di riorganizzare la propria vita e i propri pensieri una volta rimasta vedova e con la nuora e la nipotina che girano per casa.

Entrambe le famiglie, ciascuna secondo il proprio punto di vista, non vedono di buon occhio l’unione di Amy e Lino. Sapranno ricredersi nel momento del bisogno proprio grazie all’amore che i rispettivi figli provano l’un l’altra. Questa crescita famigliare complessiva è costante nel corso delle otto puntate e non risparmia momenti davvero emozionanti e commoventi. Se questa crescita sembra ovvia, soprattutto in virtù della malattia di Lino che funge da momento catartico, in realtà è veramente ben costruita e non appare per niente scontata. Seguendo un percorso non semplice e differente nelle tempistiche, nelle modalità e nei risultati, ogni personaggio resta fedele a quello che è sempre stato arricchendosi, però, di nuove esperienze ed emozioni che lo modificheranno per sempre rendendolo migliore.

E poi ci sono loro, Amy e Lino. Ai quali si deve aggiungere Zora, la sorella di Amy, interpretata da Danielle Deadwyler. Su questo particolare triangolo si basa molta della storia raccontata in From Scratch. Zoe Saldaña ed Eugenio Mastrandrea hanno una sintonia sorprendente, del tutto naturale e il loro amore risulta credibile, forte e travolgente, soprattutto nei momenti più difficili e complicati. Gli attori sono davvero straordinari e capaci di dare ai rispettivi personaggi uno spessore raramente visibile in una miniserie targata Netflix. Ambedue, separatamente e insieme, interagiscono con Zora la quale si fa carico delle gioie e delle sofferenze di entrambi come una sorta di atavico totem. L’interprete di Zora è fenomenale nell’accompagnare Lino al suo destino e raccogliere i cocci della sorella sacrificando se stessa e la sua vita per un ideale, l’amore, che aleggia sopra tutti.

From Scratch
Eugenio Mastrandrea e Zoe Saldaña (640×360)

From Scratch non è un capolavoro di quelli che rimangono nella memoria dei telespettatori ma è fatta bene e vale la pena di essere vista. È davvero ben curata nei dettagli che contano e tralascia quelli che non sono utili alla storia. Utilizza gli stereotipi non per prendere in giro ma per esaltare le culture diverse che fungono da sfondo nella storia dei protagonisti. Esalta senza retorica l’Italia e, di conseguenza, la sua cucina, con l’occhio di chi sa di cosa parla e non alla pizza, spaghetti e mandolino.
Andrebbe, poi, vista in lingua originale per apprezzare la recitazione di Zoe Saldaña che quando parla italiano con i genitori o i compaesani di Lino è davvero strepitosa e dà l’idea di qualcuno che non stia solo recitando ma stia davvero vivendo il momento.

From Scratch è davvero una piacevolissima sorpresa. Occorre fare lo sforzo di superare la prima puntata, quella più debole e banale, utile solo a spiegare come nasca l’amore tra Amy e Lino. Poi è un crescendo continuo che fa venire voglia di guardarne una puntata dietro l’altra. Fa ridere e fa piangere, a volte anche contemporaneamente. È struggente nei momenti drammatici senza mai essere retorica e porta con sé uno scorcio di serenità e di quiete capace di riconciliare con la durezza della vita.
Va gustata appieno, come quei piatti che non stancano mai. Perché racconta una storia vera, con quei piccoli segreti che, come in cucina, decretano il successo di una ricetta fatta di pochi, semplici ingredienti: amore, famiglia e passioni.