Il 29 dicembre ha fatto il suo esordio su Netflix un nuovo thriller del filone scandinavo, che di recente aveva visto l’aggiunta al catalogo de L’Uomo delle Castagne, un interessante miniserie danese tratta da un romanzo di Søren Sveistrup. Anche Gli Ansiosi è tratto da un romanzo omonimo di Friedrik Backman del 2019, che sarà pubblicato in Italia per Mondadori l’11 gennaio, ma questa volta siamo in territorio svedese e immersi in un’atmosfera decisamente diversa. In 6 episodi di circa mezz’ora l’uno, diretti da Felix Herngren, si sviluppa un thriller davvero grottesco che di certo non rappresenta la produzione perfetta ma che, pur con i suoi limiti, riesce a garantire una visione piacevole, a tratti divertente (anche se in alcuni casi i personaggi sembrano caricature un po’ forzate e, al posto di far sorridere, possono irritare lo spettatore) e con spunti interessanti sulla tematica dell’ansia – da cui il titolo – e su come persone apparentemente sconosciute possano essere collegate tra loro.
Ma di cosa tratta la trama de Gli Ansiosi?
La prima scena del pilot mostra allo spettatore un ragazzino in bicicletta che si accorge del che un uomo sta cercando di togliersi la vita preparandosi a gettarsi da un ponte. I tentativi del giovane di fermare l’atto sono vani, anche se l’uomo, prima dell’ultimo gesto, consegna al ragazzino una busta da recapitare alla banca. Una premessa all’apparenza scollegata dal resto della storia – infatti lo scenario cambierà immediatamente per presentarci i due poliziotti protagonisti che si occuperanno del caso – ma che, come ogni scena de Gli Ansiosi, non è altro che un tassello da mettere da parte per poter completare il puzzle più tardi.
La trama principale si avvia quando Jack e Jim, padre e figlio poliziotti, si mettono a discutere davanti a una banca per delle faccende familiari, ignari che all’interno dell’edificio si stia svolgendo una rapina a mano armata. Avvertiti dalla parrucchiera, un personaggio che dovrebbe forse far ridere, ma che risulta piuttosto irritante, i due cercano di fermare il criminale in fuga, senza riuscirci. Il rapinatore si rifugia allora in un appartamento in vendita, al cui interno si trovano altre 8 persone che verranno prese come ostaggio.
Qualche tempo dopo, in seguito a due bizzarre richieste che non vi spoileriamo, gli ostaggi vengono rilasciati e sembrano dare una versione confusa e incompleta di ciò che è accaduto dentro l’appartamento. Il rapinatore è scomparso. Cosa è accaduto realmente? Sarà quello che cercheranno di scoprire i due poliziotti, interrogando gli ex ostaggi e provando a leggere tra le righe dei loro discorsi.
La costruzione degli episodi non è innovativa, però funziona.
L’organizzazione degli episodi e il modo in cui la matassa si sbroglia lentamente davanti agli occhi degli spettatori è qualcosa che spesso si trova nelle serie tv thriller: da un lato lo svolgimento dei fatti presenti, ovvero le indagini dei poliziotti, gli interrogatori agli ex ostaggi e ciò che ognuno di essi fa dopo la vicenda scatenante; dall’altro lato, invece, il nastro si riavvolge e ci mostra dei flashback di quello che è accaduto all’interno del fantomatico appartamento – oltre a piccoli riferimenti alla vita passata dei personaggi. Un doppio binario, dunque, che viene imboccato di frequente da show in cui misteri e ricerche ne rappresentano il focus.
Innovazione o meno, comunque, il meccanismo funziona perché consente allo spettatore di osservare tutti i personaggi, sentire le loro parole e dare un’occhiata alle loro spalle, nel tentativo di ricostruire l’accaduto, ma non solo. Perché l’aspetto interessante de Gli Ansiosi è quello di suscitare curiosità non soltanto verso la soluzione del caso, ma anche verso la vita degli 8 ostaggi che, da figure sbiadite e anonime, acquistano via via carattere e individualità. Questo avviene in due modi: attraverso il loro racconto personale, mentre parlano agli altri ostaggi o ripensano alla loro vita coi flashback, e attraverso il modo in cui si comportano mentre sono rinchiusi nell’appartamento (in una situazione del genere, del resto, appaiono nella loro spontaneità e sincerità). Tra loro troviamo: una coppia di anziani che fa loschi affari sulle proprietà immobiliari, la proprietaria della casa, un artista vestito da coniglio, una donna incita e la sua fidanzata, una donna anziana e l’agente immobiliare.
Tutti e 8 sono ansiosi perché pieni di preoccupazioni per l’uno o l’altro motivo, in questo senso, dunque, seppur sconosciuti hanno qualcosa in comune. Il dialogo tra loro diventa una sorta di specchio con cui possono confrontarsi e auto-analizzarsi, scoprendo qualcosa di sé che non conoscevano prima. E forse arrivando anche a capire di non essere davvero totalmente sconosciuti, perché la vita ha modi inaspettati per collegare esistenze all’apparenza lontanissime. Senza contare che, essere presi in ostaggio con altre persone è senz’altro un’esperienza inusuale che può creare un legame davvero particolare con gli sventurati che si sono ritrovati coinvolti negli stessi attimi di paura.
Ed è qualcosa che crea varie domande nello spettatore: è possibile fare amicizia in una situazione simile? Una volta liberati, gli ostaggi torneranno alla loro vita normale oppure no? Si cercheranno tra loro o faranno finta di non conoscersi?
I due poliziotti protagonisti sembrano le figure più deboli.
Jack e Jim non brillano di intelligenza e, soprattutto all’inizio, sembrano incapaci di gestire la situazione che, dato il loro lavoro, dovrebbe essere di routine. Probabilmente questo sarebbe dovuto essere un elemento di comicità, eppure si ha la sensazione che non sia così efficace: spesso sembrano soltanto due stupidi che non sanno da che parte girarsi e il loro comportamento può risultare quasi fastidioso.
Si potrebbero considerare come due caricature, più che personaggi veri e propri, e potenzialmente avrebbero davvero potuto donare comicità alla narrazione, anche se nei fatti non è stato così. E a proposito di comicità, è forse questo l’aspetto più carente, che ha fatto insorgere anche i lettori dell’opera cartacea.
Questi ultimi, infatti, hanno commentato la serie de Gli Ansiosi sulle app e sul web, lamentandosi di non aver ritrovato nella produzione la stessa forte e fresca comicità del libro che, a detta loro, li ha fatti sbellicare non poco – cosa che invece non accade mai durante la visione dello show, casomai scappa un sorriso. Certo, alcuni personaggi e alcune scene appaiono come grottesche, ma restano comunque di più i sopraccigli alzati rispetto al divertimento.
Nonostante i difetti e i momenti leggeri, tuttavia, la serie tratta anche tematiche complesse.
Se i nostri personaggi sono ansiosi, la loro vita personale non può certo essere tutta rose e fiori. Infatti, man mano che lo spettatore verrà condotto a fare la loro conoscenza, si renderà conto delle situazioni complicate e dei temi spinosi che fanno da sfondo: del resto la miniserie si era aperta con un suicidio. Altre situazioni delicate che emergono sono la tossicodipendenza, il senso di colpa, la paura di relazionarsi con gli altri, la povertà e tutti quei timori che possono insorgere mentre si cerca di affrontare la vita. Il tono e l’atmosfera dello show, in ogni caso, permettono di affrontare questi lati più oscuri senza turbare troppo il pubblico.
In conclusione, se non si hanno grandi pretese e si sta cercando qualcosa di leggero, ma intrigante da guardare in breve tempo – anche una sera – Gli Ansiosi è la risposta giusta. Il ristretto numero di episodi e la loro breve durata si prestano al binge-watching, che è incentivato anche dalla curiosità di scoprire cosa sia accaduto dentro l’appartamento e chi sia il rapinatore, con gli indizi che vengono disseminati piano piano.
Il finale non è scontato, risolve tutti i dubbi e quindi non lascia nulla in sospeso per un’eventuale seconda stagione di cui, per il momento, non si sa nulla. Ma proprio per questo può rappresentare un punto a favore per chi ha voglia di guardarsi qualcosa che inizia e finisca, senza restare in sospeso per vario tempo in attesa di un sequel.