Bastano pochi minuti del primo episodio della miniserie svedese Gli omicidi di Åre per trovarci immediatamente avvolti dalla tipica atmosfera dei noir scandinavi. Il piccolo paesino della contea di Jämtland, situato a pochi chilometri dal confine norvegese, è conosciuto per le sue piste da sci e per il turismo legato agli sport invernali.
Un posticino tranquillo immerso in un paesaggio che sembra un presepe e in cui gli attori principali sono senza alcun dubbio la neve, il lago, l’aurora boreale, le luci a forma di stella appese alle finestre, le stugor di legno (casette accoglienti che gli svedesi utilizzano come seconda abitazione per le vacanze). Tuttavia, come ci hanno insegnato i migliori gialli nordici tra i quali Trapped, è sufficiente una telefonata mancata, una coincidenza sottile, un imprevisto, per trasformare la quiete degli abitanti di un luogo in un complicato caso di cronaca nera.
Tratta dai libri della scrittrice Viveca Sten e disponibile su Netflix dal 6 febbraio, questa serie tv avrebbe quindi tutte le carte in regola per essere un prodotto godibile in un week-end o in un paio di serate. Se non fosse che questo vantaggio è anche il suo più grande limite. L’indagine sulla scomparsa di un’adolescente durante la notte di Santa Lucia, che ricopre l’arco narrativo delle prime tre puntate, avviene troppo frettolosamente. I personaggi principali scivolano tra le strade ghiacciate di Åre senza mai sbocciare del tutto. Di essi riusciamo certamente a cogliere le loro personalità ma non così tanto da coinvolgerci e farci affezionare.
![Daniel e Hanna](https://www.hallofseries.com/wp-content/uploads/2025/02/are.jpg)
Lo stesso discorso può valere per le dinamiche tra i due poliziotti impegnati nella ricerca della ragazza, Hanna e Daniel. Nel corso della vicenda ci viene mostrata la loro dedizione al lavoro, la volontà nel risolvere il caso, sacrificando però uno sguardo più approfondito sulle loro vite personali, che vengono appena accennate. Sappiamo che la donna lavorava all’Unità Violenze Domestiche di Stoccolma ma che è stata lasciata dal compagno. Si trova perciò a Åre dopo aver preso un periodo di congedo dalla sua professione nella capitale. Daniel invece è un neopapà che cerca di conciliare la crescita della figlia Alice con il duro lavoro di investigatore. Nulla da dire invece sulla prestazione attoriale di Carla Sehn e Kardo Razzazi. Entrambi sono riusciti a vestire i loro ruoli con estrema naturalezza, senza esagerazioni o ridondante drammaticità.
Proseguendo la visione de Gli omicidi di Åre scopriamo che la velocità degli avvenimenti non è data però solo dalla brevità della serie, ma anche dalla scelta di aver voluto condensare in un’unica stagione due libri diversi della scrittrice svedese. Nascosti nella neve e Nascosti nell’ombra ripercorrono due indagini differenti, con due finali differenti, pur mantenendo gli stessi protagonisti. E quest’ultima è stata una decisione riuscita. Infatti l’amicizia tra i due investigatori, anche se un po’ forzata, è ciò che tiene in piedi l’intero racconto. A un certo punto sembra persino che Hanna provi per Daniel un sentimento più forte. Questa sensazione però sarà destinata a rimanere in una zona grigia fino alla fine, senza ulteriori spiegazioni.
![Noir scandinavo](https://www.hallofseries.com/wp-content/uploads/2025/02/are-1.jpg)
Durante gli ultimi due episodi de Gli omicidi di Åre, seguiamo quindi il caso di un uomo il cui cadavere viene trovato accidentalmente sotto lo strato di neve. Qualcuno lo ha fatto a pezzettini. Un braccio qui, una mano là, e così via. Questa seconda indagine è addirittura più intricata della prima, ponendo moltissima carne al fuoco davanti agli occhi degli spettatori che ne escono un po’ disorientati. Succedono tante, troppe cose. I riflettori si spostano su uno dei personaggi secondari che avevamo intravisto nelle prime tre puntate, Anton, un poliziotto collega di Daniel. E poi su un predicatore, una madre separata, un amico della vittima, un amante e persino un bambino.
Questo continuo cambio di attenzione, in cui le carte sui possibili colpevoli vengono rimescolate continuamente, è certamente interessante perché funziona come l’effetto domino. Se si fa cadere un tassello, anche tutti gli altri vengono automaticamente toccati, perdendo l’equilibrio e quindi la propria credibilità. Esattamente come avviene in una comunità o in un piccolo gruppo di persone, in cui tutti sono collegati da un filo invisibile e precario.
Tuttavia, le sottotrame dei vari personaggi che ci vengono presentati non sono state sviluppate abbastanza. E ciò è un vero peccato, dal momento che alcune tematiche sono oltretutto piuttosto importanti. Un esempio su tutte è la violenza domestica subita da una giovane donna incinta. In aggiunta alle difficoltà della paternità, alle crisi all’interno delle relazioni famigliari, al potere distruttivo della gelosia o dell’ipocrisia, e a tutti quei comportamenti spesso irrazionali che portano l’essere umano a compiere atti brutali.
![Hanna](https://www.hallofseries.com/wp-content/uploads/2025/02/hanna.jpg)
Ci sono persino delle citazioni esplicite a capolavori del cinema e della televisione quali Shining (la sequenza con l’ascia) e Twin Peaks (il volto della ragazza coperto dai cristalli di ghiaccio è quasi identico a quello di Laura Palmer). La regia quindi è da manuale, così come la suggestiva scenografia, ma ciò che non convince è proprio la mancanza di equilibrio tra lo sviluppo degli eventi narrati e il tempo nel quale avvengono. Come se situazioni che necessitano mesi e mesi di studio, si possano risolvere con un semplice schioccare di dita.
Nonostante questo, Gli omicidi di Åre è un prodotto che riesce comunque a tenere alta la tensione e l’angoscia. Il merito è dato dagli inseguimenti, dalle bugie e dai sospetti che conducono lo spettatore a non riconoscere il vero colpevole fino alla fine. Succede davvero di tutto in quel paesino incorniciato dalle montagne dove l’oscurità e l’isolamento fungono da ingrediente aggiunto ed efficace nell’aumentare la suspence del pubblico.
Gli omicidi di Åre, dunque, è una miniserie piena di sostanza, come i gialli da cui è tratta, ma che lascia un po’ di amaro in bocca per il rimo veloce con cui procede la narrazione. Una stranezza, questa, perché solitamente i popoli scandinavi si distinguono per la pace e la ponderatezza con cui affrontano qualsiasi cosa. I lugn och ro, si dice in svedese, con calma e tranquillità. Come le acque placide dell’Åresjö, come il silenzio delle foreste di abeti solcate solamente da una slitta trainata dagli Husky.