Giovedì 11 aprile è uscito in tutte le sale Gloria! l’opera prima e dunque il debutto alla regia di Margherita Vicario già attrice e musicista. Figlia d’arte e nipote d’arte, suo padre è il regista Francesco Vicario (regista principalmente di fiction tra cui I Cesaroni in cui la stessa Margherita ha recitato, ma anche Che Dio ci Aiuti, Don Matteo e tante altre ancora), i suoi nonni sono Marco Vicario attore, sceneggiatore e regista e Rossana Podestà attrice iconica del periodo ’50-’70; era quasi inevitabile che anche Margherita arrivasse alla regia e vi anticipo subito che il suo è un signor debutto.
Che la Vicario sia brava in tutto ciò che fa ormai è una certezza, basta osservare il suo lavoro in tv, ma soprattutto nella musica e Gloria! è solo l’ultima conferma. Certo, il film ha le sue problematiche, ci sono diversi momenti in cui si perde, ma riesce quasi sempre a ritrovare la strada. Ma ci arriveremo al momento giusto.
Gloria! è ambientato nell’istituto femminile Sant’Ignazio nella Venezia del tardo XVIII secolo e racconta la storia di Teresa, una giovane dotata di un talento visionario, interpretata da Galatea Bellugi. Teresa, insieme a un gruppo di straordinarie musiciste orfane e/o lasciate all’istituto, guidate da Perlina, un Maestro di Cappella problematico e dispotico interpretato da Paolo Rossi, coltiva segretamente una musica totalmente moderna, ribelle e pop, in netto contrasto con il barocco predominante dell’epoca.
Gloria! offre un’affascinante allegoria dell’arte e della società del tempo, in cui le donne avevano poco peso e potere, e presenta un tema di riscatto femminile attraverso la musica. La trama esplora anche la possibilità fantastica – per i tempi – di una fusione tra musica classica e contemporanea, un’idea che, sebbene non del tutto impossibile, non riesce a colpire i signorotti e i bigotti dell’epoca.
La regista, cantautrice e attrice, sottolinea l’importanza delle donne musiciste che, erano spesso confinate nelle corti o nei collegi come ultime reiette, impossibilitate o meglio limitate creativamente. A loro è proibito comporre seppure possano fare musica, ma solo finché relegate al ruolo di orfane, di reiette. Una di loro, perciò, preferisce la vita collegiale ed è disposta a scegliere la vita monastica pur di continuare a suonare piuttosto che accontentarsi del matrimonio, elemento che suggerisce un forte desiderio di autodeterminazione, di indipendenza, di esprimere la propria arte, di far sentire la propria voce e far valere i propri ideali nonostante le restrizioni e le convenzioni sociali.
Il film, scritto da Anita Rivaroli e da Vicario, presenta un cast eclettico che include Carlotta Gamba, Veronica Lucchesi (voce del gruppo musicale La Rappresentante di Lista al suo esordio alla recitazione), Elio, Natalino Balasso, Anita Kravos e Vincenzo Crea, oltre a Paolo Rossi come già detto nel ruolo di Perlina, Maestro di Cappella.
In sintesi, Gloria! offre una narrazione avvincente che mescola storia, fantasia e musica per esplorare temi di emancipazione femminile, creatività e ribellione contro le convenzioni sociali dell’epoca.
Ma veniamo a noi e analizziamolo brevemente, lo prometto. Innanzitutto c’è da dire che per essere un’opera prima la fotografia è molto curata così come l’attenzione per i dettagli, sintomo non solo di grande precisione della regista, ma di possibilità e investimenti economici e produttivi non esigui, per fortuna. Non sempre con le opere prime l’aspetto estetico è curato, spesso – anzi – passa in secondo piano.
La storia di Gloria!, in sé, è una storia di disobbedienza, questo deve essere chiaro. È la storia di un gruppo di ragazze che sceglie di non sottostare al potere patriarcale che cerca di zittirle in qualunque modo possibile: dal far credere che una di loro sia muta per nascondere le continue violenze sessuali perpetrate ai suoi danni, all’impedire a un’altra di suonare una volta diventata moglie. Insomma, tutti cercano di zittire le donne, ma nello specifico cercano di costringere questo gruppo di ragazze in un ruolo prestabilito, a una unica forma, a un unico ambito. Ma la bellezza dell’essere umano, l’intraprendenza dell’essere umano e la sua passione sono cose che non possono essere taciute, non possono essere silenziate e proprio per questo, attraverso tanta musica e tanto rumore, le ragazze del Sant’Ignazio riescono a liberarsi, a disobbedire e a ribellarsi al potere patriarcale che le opprime.
Interessanti sono le scelte di regia di Vicario in Gloria!, dal frequente utilizzo della camera in avvicinamento per inquadrare ed enfatizzare alcuni aspetti dei personaggi: come l’immoralità del maestro di cappella, spesso perso – o meglio mischiato – tra la gente in scene corali, ma che si ritrova protagonista solo e unico delle stesse inquadrature grazie – appunto – alla camera in avvicinamento quando Vicario vuole sottolineare i suoi movimenti loschi.
Interessante è anche l’uso dei plongée (per plongée si intende un’inquadratura cinematografica in cui i soggetti sono catturati dall’alto stabilendo le dinamiche di potere tra i personaggi che guidano lo sguardo dello spettatore), le ragazze sono spesso inquadrate dall’alto verso il basso a sottolineare la loro condizione iniziale di sottomissione e questo accade nelle scene in cui ci sono figure autorevoli, il maestro di cappella, le suore, le persone altolocate in chiesa. Chiaramente questo tipo di inquadratura diventa meno frequente man mano che il gruppo comincia a disobbedire. I personaggi prima autorevoli assumono caratteristiche sempre più macchiettistiche che rivelano la loro realtà impura, sporca, paradossale e per certi versi comica.
Un aspetto essenziale del film è la divisione dei ruoli, il classismo che emerge. Ci sono i signori, ci sono le figure religiose, ci sono gli educatori, ci sono le orfane e poi c’è Teresa. Teresa è alla base della piramide. A Teresa è tolto tutto, dal diritto di parola, al rispetto. Per questo la sua ribellione, per questo la sua disobbedienza e il suo talento brillano più luminosi di tutti gli altri.
Chiaro, di questo personaggio di Gloria! potrebbe dar fastidio che è il classico personaggio Mary Sue (Wikipedia definisce questi personaggi così: “che si attiene alla maggior parte dei cliché letterari più comuni, ritratto con un’idealizzazione eccessiva, privo di difetti considerevoli e le cui capacità e abilità eccezionali non ricevono alcun tipo di spiegazione, o, nei rari casi in cui spiegati, la giustificazione è debole e vaga, e si traduce nella volontà di autocompiacimento dei desideri dell’autore). Sa fare tutto, nel momento del riscatto si prende tutto ciò che le spetta con una facilità e un talento innato che possono sembrare un po’ fastidiosi, ma nel complesso è un bel personaggio.
Spesso, però, proprio a causa del suo essere così tanto Mary Sue perde delle occasioni straordinarie di racconto, occasioni perdute che si riversano nella trama generale del film indebolendolo un po’. Nel caso di Teresa è la denuncia di una violenza, anzi di una serie di violenze, che è ridotta a una minaccia che dura circa dieci secondi filmici che non porta a nessuna reale conseguenza per i carnefici. Il film tocca sommariamente, forse a volte troppo sommariamente temi che invece meritano un approfondimento maggiore, ma riesce comunque a venirne fuori quasi sempre.
Tra l’altro, proprio come succede in un noto film tratto da un romanzo che in tutta la sua essenza è una storia di disobbedienza, e parlo ovviamente di Little Women nella versione di del 2019 di Greta Gerwig e nelle intenzioni originali di Louisa May Alcott, la regista e la sceneggiatrice sembrano fare una distinzione netta della possibilità delle donne in un periodo di estrema costrizione sociale. Gerwig utilizza zia March (Meryl Streep) per marcare le possibilità e la differenza tra le donne nella gerarchia sociale. Zia March può permettersi il rispetto, può permettersi la libertà perché – ed è lei stessa a dirlo – è ricca. Il suo status è determinato dalla sua ricchezza. Al contrario, le ragazze March devono (o meglio dovrebbero) seguire l’iter tradizionale scelto dalla società patriarcale per loro. A dirlo con estrema chiarezza è Amy March nel suo monologo acclamato.
Qualcosa di simile accade per le donne di Goria!. Donna Lidia è meritevole di rispetto, attorno alla sua figura c’è un’aurea di reverenza e sia donne che uomini la trattano con i guanti, anche più di quanto facciano per il marito. Il motivo di questo rispetto è chiaramente il suo status sociale determinato principalmente dalla sua ricchezza. Inoltre, il rispetto che gli uomini del racconto, Perlina e il marito, hanno per lei è scaturito dalla paura, la paura che Donna Lidia scopra i loro crimini, perché di crimini si parla e prenda provvedimenti. Dunque, in Gloria! Vicario e Anita Rivaroli sottolineano questa differenza sociale, marcano il divario e lo fanno pesare allo spettatore, soprattutto se messo a confronto con il trattamento di Teresa, protagonista assoluta del film e principale soggetto di empatia per lo spettatore. Una scelta – questa – che ho apprezzato particolarmente.
Ma se tante sono le cose positive di questo film, molte sono anche le occasioni mancate: si aprono spesso delle storyline, delle linee narrative parallele che però non conducono da nessuna parte oppure – peggio – non si prendono la responsabilità di approfondire o di dire apertamente qualcosa. Un esempio è l’ambigua storia tra Perlina e Cristiano. Oppure la storia stessa di quest’ultimo. Invece è messo lì, apre una storia che non porta a nulla sostanzialmente e ti porta a chiederti – a primo impatto – che senso può aver avuto, che funzione ha potuto avere l’inserimento di un personaggio che non si è più seguito, non ha un ruolo utile alla storia centrale. Cristiano che ci sta a fare in questo film?
Ho provato a ipotizzare diverse risposte per questa domanda. Una, forse la più probabile, potrebbe essere che è servito per quel brevissimo momento in cui Perlina vende il pianoforte delle ragazze per pagare i suoi debiti, ma a livello di trama è un inserimento piuttosto inutile a meno che non si voglia sottolineare ciò che l’uomo è disposto a fare per lui.
E a quel punto se c’è un legame tanto particolare, perché questo non viene messo in scena e spiegato? Perché si limita a insinuazioni che non trovano una conferma? Cosa c’è tra Perlina e Cristiano che è degno di interesse per il film e per lo spettatore? Cosa ci vogliono dire? Si sta cercando di parlare di queerness? Perché allora non lo si tratta adeguatamente. Perlina ha a cuore Cristiano perché nutre un sentimento di genuino affetto per lui o c’è qualcosa di più, qualcosa di romantico almeno da parte del più anziano?
Il fatto che Cristiano sia un personaggio senza direzione, il fatto che sia abbandonato a se stesso e ai suoi vizi poteva sviluppare la sua trama nel racconto in tanti modi, poteva essere utile per denunciare qualcosa o per semplicemente raccontarla se l’intento delle sceneggiatrici non è politicizzato (cosa alquanto improbabile visti alcune delle dichiarazioni che il film fa). Insomma, ancora una volta, Gloria! qui si perde e questa è forse una delle volte in cui non si riprende. Di Cristiano non sappiamo nulla dopo averlo visto nudo in un letto tra un uomo e una donna nudi anche loro. Lo vediamo gioire per l’atto di disobbedienza finale delle ragazze, ma niente più. Ed è un peccato.
A parte queste piccole annotazioni, però, Gloria! è un film davvero bello. È una storia che mette in discussione sia il potere religioso che quello politico e lo fa attraverso la musica, lo fa attraverso delle protagoniste che mescolano classico e pop, vecchio e nuovo, tradizione e modernità. Il pezzo finale, al cospetto dell’autorità suprema, del Papa, è un momento così tanto entusiasmante che per quanto mi riguarda entra di diritto tra le scene preferite dei film che ho visto finora quest’anno (2024).
Non vorrei abusare dell’aggettivo “femminista” perché oggi si tende a utilizzarlo con estrema facilità quando si raccontano storie di donne, ma sono anche una di quelle persone a cui non piace il gatekeeping, come diceva Michela Murgia, “Non c’è un femminismo di serie A e uno di serie B“, tutti i contribuiti alla lotta sono ben accetti e seppure con le sue problematiche, seppure con i suoi limiti, Gloria! è a tutti gli effetti – per quanto mi riguarda – un film femminista.
L’amicizia, la sorellanza tra le ragazze è un valore forte e imprescindibile del film. Ciò che le tiene unite, a parte la musica, è quella voglia di riscattarsi, di riuscire a raggiungere il loro massimo potenziale e di farlo insieme. La capacità di supportarsi, di prendersi cura le une delle altre e anche quella capacità di essere un surrogato di famiglia che funziona. Le quattro funzionano perché legate indissolubilmente da una passione, da un obiettivo, da un talento e dalla stessa identica voglia di libertà in tutte le sue forme. Ci sarebbe tanto ancora da dire, ma vi ho trattenuti abbastanza.
Perciò, se avete voglia di farvi travolgere da una musica curatissima, di lasciarvi trascinare da una storia di ribellione, da una storia di rivincita e da una storia che riesce a mescolare molto bene temi importanti e leggerezza, Gloria! è il film che fa per voi.