“Cos’è Gomorra, se non un ciclico ed eterno attentato al proprio sangue?“
Con queste parole avevamo chiuso la recensione dei primi due episodi, in riferimento ai conflitti interfamiliari che hanno sempre rappresentato una costante nell’agire di tutti i personaggi. A un passo dalla fine della terza stagione Gomorra introduce la prospettiva opposta, mostrando come la famiglia non sia sempre e soltanto un nemico da combattere, ma anche la primaria fonte di debolezza.
È per salvare suo figlio che Genny disperde tutto il vantaggio accumulato nei confronti dei confederati; è la vendetta per l’omicidio della sorella che porta Sangue Blu a perdere il controllo di Forcella appena conquistato; allo stesso tempo è l’amore per la propria figlia che ha indotto Avitabile a risparmiare Genny, dando a quest’ultimo l’opportunità di rimettersi in piedi.
Sembra quasi un messaggio ottimistico quello che emerge da questi due episodi. È quasi confortante scoprire che personaggi del genere, che incarnano l’archetipo del male più puro, conoscano il senso del limite, un barlume di umanità. Sembra, appunto, perchè per ogni atto d’amore o di pietà c’è un nonno perfettamente disposto a mettere suo nipote nelle mani dei suoi alleati. Perchè badare alla propria famiglia significa anche giocare con le famiglie altrui, privando un bambino dell’unico ostacolo posto tra sè e il mito della Camorra.
Ecco che allora il messaggio assume contorni che più neri non si può: in Gomorra i legami parentali sono un fardello, una palla al piede.
È per questa ragione che Genny è giunto alla drastica decisione di eliminare il padre e che Azzurra cova lo stesso desiderio (“manca poco e ce ne andiamo di qua“). Lo stesso Ciro Di Marzio ha provato sulla propria pelle cosa vuol dire avere una moglie non in linea con le proprie ambizioni (“avessa accise a chiunque s’essa mise ammiez, confessa proprio a Genny nella 2×06).
In una guerra di camorra in cui tutto è concesso, i Confederati hanno dunque un vantaggio fondamentale, proprio perchè scevri dai legami parentali. Diventa fin troppo semplice, pertanto, mettere gli avversari l’uno contro l’altro. Anzi, sono gli stessi Genny e Sangue Blu a sabotarsi a vicenda, come dimostra l’omicidio della sorella di Enzo, perpetrato proprio dal Savastano.
Non è un caso che l’unica a incrementare tra gli (ex) alleati di Genny è colei che vive e prospera soltanto in funzione di sè stessa: Scianel, autoproclamatasi regina di Secondigliano. E pensare che soltanto la settimana scorsa paventava dubbi riguardo alla lealtà di Gennaro (“a’ peggia zoccola è chella che t’attacc e piattl e po’ te fott n’ata vota“) per poi essere la prima a pugnalarlo alle spalle.
Se Genny vorrà vincere la guerra, pertanto, dovrà lasciare che sia Ciro a decidere il da farsi.
Se tra i confederati è O’ Stregone (personaggio atipico e interessantissimo) a tirare i fili, sul versante opposto la mante è Ciro. Con la morte di Mariarita, la figlia, Ciro si è liberato di ogni vincolo, di ogni debolezza residua. Per un Sangue Blu che compie scelte scellerate quanto impulsive e un Genny che ha le mani legate, per i motivi sopra citati, egli è l’unico in grado di prendere le decisioni migliori dal punto di vista strategico, rappresentando l’unica arma a disposizione per vincere la guerra.
A tal proposito è emblematica la scena sul finale della decima puntata quando, ovvero, viene inscenata la morte dei due Talebani ribellatisi ai nuovi accordi presi. Quando è il momento di svelare il trucco, con un sapiente movimento di macchina, l’inquadratura indugia proprio su Ciro, sottolineando la scrupolosità con cui attende che i nemici siano ormai lontani, per poter trarre in salvo i due guagliuni.
Insieme a Ciro e a O’ Stregone, c’è solo un altro personaggio con il potenziale per spostare gli equilibri: Patrizia.
Sembra quasi superfluo ormai ribadirlo, ma anche la donna si è liberata dal fardello della famiglia (che ha preso le distanze dalla sua decisione di entrare nel sistema) per trasformarsi in una mina vagante pericolosissima. Reinventatasi un tramite efficacissimo, soltanto in apparenza il suo apporto, in questa stagione, è stato marginale.
Dal punto di vista narrativo, assume perfettamente senso la metafora del jolly a cui fa riferimento Scianel, nel descriverla ai confederati. Data la sua abilità nel destreggiarsi tra i vari schieramenti, ora Patrizia ha diverse carte da da giocarsi: la più probabile è quella che porta al tradimento nei confronti di Scianel, rispettando la parola data a Marinella nella 3×04.
Se negli episodi precedenti la solitudine rappresentava la paura più recondita di ogni personaggio, ecco che ora diviene condizione necessaria e sufficiente per emergere. Perchè in Gomorra è sempre una questione di famiglia: ogni legame di sangue è un punto debole e reciderlo è un obbligo, ancor prima che un’opportunità.