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Grey’s Anatomy 17×06 – Non c’è più tempo da perdere

Grey's Anatomy
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Bentornati con la recensione del sesto episodio della diciassettesima stagione di Grey’s Anatomy. Ormai il tempo stringe e le condizioni di Meredith si aggravano, ma non è tutto perché grazie alla storyline cominciata in Station 19 (qui la recensione della 4×05) viene rispolverata una vecchia questione lasciata in sospeso.

Possiamo dire che questo episodio di Grey’s Anatomy è stato un bell’episodio. Ma, come è giusto che sia, ha avuto anche dei punti decisamente negativi, in misura nettamente inferiore ai positivi.

Partiamo con ciò che ha funzionato. Certamente la parte di storyline cominciata in Station 19 che ha avuto un grande impatto non solo emotivo, ma sociale. Quella che – di primo acchito – mi era sembrata una denuncia contro gli atti di brutalità perpetrati della polizia nei confronti degli afroamericani ha in realtà messo in luce un’altra problematica spesso taciuta e di cui non sapevo molto, quella del traffico di esseri umani.

In un articolo pubblicato sul sito ufficiale di Shondaland subito dopo l’episodio, viene data una spiegazione più approfondita della tematica e soprattutto a questa vicenda vengono affiancate ricerche e dati statistici come prova di ciò che è stato riprodotto su schermo.

Per chi non lo ricordasse o per chi non seguisse Station 19, nell’episodio andato in onda proprio prima di Grey’s Anatomy, due ragazzine di colore erano state rapite da un uomo bianco, un trafficante di esseri umani che le teneva segregate in condizioni disumane, richiuse in una specie di cella come animali da macello. Ciò che c’è dietro questa storia fittizia è spaventoso, ma purtroppo reale. Se questa storyline vi ricorda qualcosa, significa che siete stati molto più attenti di me che ciò messo un po’ a capire a quale evento fosse correlato.

Nella scorsa stagione, al Grey-Sloan Memorial, arrivò una ragazza accompagnata da una donna che diceva di essere sua sorella e a cui – francamente – l’accumunava solo il colore dei capelli. In quella circostanza, Andrew DeLuca si accorse di qualcosa che nessun altro aveva visto, Miranda Bailey compresa. DeLuca era sicuro che quella ragazzina fosse tenuta in ostaggio dalla sua accompagnatrice, ma in quel periodo – a causa della sua sanità mentale – credemmo tutti che stesse perdendo la ragione. Andrew DeLuca, però, aveva ragione e seppure ne avessimo avuto la conferma già nella scorsa stagione, in questa ritroviamo la stessa trafficante di esseri umani che accompagnò la ragazza al pronto soccorso.

Krista Vernoff, la showrunner di Grey’s Anatomy ha deciso di non tacere su questo argomento, di trattarlo senza remore e di ampliare l’attenzione su una conversazione già esistente riguardante le ragazze e le donne di colore e la loro vulnerabilità al traffico degli esseri umani oltreché ad altre forme di violenza sessuale e sfruttamento.

Stando all’articolo pubblicato sul sito di Shondaland (che potete leggere qui), nel 2011 il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha riportato che il 40% del traffico di esseri umani include sia bambini che adulti di colore. Inoltre, i bambini afroamericani sono il 52% degli arresti per prostituzione giovanile. Sono dati che fanno paura e che vengono anticipati in qualche modo dalla conversazione iniziata da Hughes e Miller in Station 19.

La Black Girl Freedom Fund, un’organizzazione che supporta le ragazze di colore e le loro famiglie, ha rilasciato una dichiarazione a Shondaland in merito all’importanza della rappresentazione di questo tema nei media.

Le ragazze e le donne di colore sono sproporzionatamente colpite dal traffico di esseri umani, ma sono raramente parte delle conversazioni culturali che trattano il tema. Raccontare le storie di ragazze e donne di colore che sopravvivono al traffico di esseri umani fornisce un’opportunità per sviluppare delle risposte appropriate alla loro esperienza con questo trauma. Combatte la cancellazione e, se tutto va bene, può facilitare la guarigione e le risposte politiche allo sfruttamento che non criminalizzino i sopravvissuti.

La conversazione cominciata con Vic e Dean riprende con Maggie in Grey’s Anatomy e devo dire che Kelly McCreary è stata eccezionale. La Pierce fa un monologo vero e proprio mentre è con Amelia ed è straziante stare a guardarla, è straziante stare a sentire la sua frustrazione senza poter intervenire. Mi sono rivista molto nella Shepherd che pur essendo visibilmente commossa e provata per quell’esternazione era pietrificata, impotente davanti ad una verità che non potrà mai capire quanto Maggie per poterle dare il supporto che meriterebbe. Vi allego di seguito la scena del monologo perché è stupendo.

E come se non bastasse, Jackson pone un’altra questione razziale sempre riguardate il caso delle due ragazzine rapite. Durante la loro permanenza in ospedale, la mamma di una delle due è tenuta in custodia dalla polizia perché ha inveito contro uno dei poliziotti che ha cercato di rigirare la frittata per poter incolpare le due vittime di aver appiccato l’incendio, incendio che è stato la loro via di fuga dalla segregazione. Avery riesce a farla rilasciare dalla custodia della polizia, ma ci fa capire che non l’hanno rilasciata perché consapevoli che la signora fosse innocente, ma semplicemente perché Jackson aveva i soldi per poterle garantire la libertà.

Con una battuta semplice e breve, il nostro amato chirurgo critica il sistema giuridico statunitense. Quando il collega Heyes gli chiede ‘sei stato tu? L’hai fatta uscire tu?’, Jackson risponde ‘I soldi l’hanno fatta uscire. È l’unico linguaggio che questo paese conosce’. Che dire, ancora una volta Jesse Williams che come sapete bene è un attivista convinto, fa una denuncia importante e lancia un messaggio d’impatto.

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Un’altra storyline che mi è piaciuta molto è quella di Meredith, Tom e della brutalità del covid. A inizio episodio credevamo che la nostra dottoressa Grey fosse sulla strada della guarigione, solo per ritrovarci davanti ad una sconcertante realtà a fine puntata. Meredith non sta migliorando, Meredith è peggiorata e rischia seriamente di morire. Sono ancora convinta che siccome questa serie porta il suo nome, non la uccideranno, ma ci andrà incredibilmente vicino. Vederla intubata in quell’ultimo frame è stato devastante emotivamente, ma giusto. Se dobbiamo raccontare la verità di questo virus, se dobbiamo raccontare la sua potenza distruttiva, allora è giusto che non si edulcori nulla e che si raccontino le storie nella loro complessità e a trecentosessanta gradi.

Ho adorato anche la reazione di Tom alla morte del suo compagno di stanza. Siamo soliti a vederlo come il medico stronzo, quello narcisista e megalomane, a volte anche un po’ cattivello, ma anche divertente. Così vulnerabile l’abbiamo visto solo quando ha raccontato della morte di suo figlio alla meravigliosa April Kepner. Spero vivamente che anche lui possa riprendersi e che possa nascere una bellissima amicizia con Meredith Grey. I loro momenti assieme in questo episodio di Grey’s Anatomy sono stati stupendi e non sono pronta a rinunciarci.

L’unica cosa che non mi è piaciuta di questa puntata, l’unica cosa che mi ha fatto imbestialire e mi ha fatto venire voglia di prendere a pugni un personaggio come un pungiball è stata la storia di Teddy. La povera Teddy è costantemente bullizzata da tutti e nessuno fa niente per aiutarla. L’unica che si è dimostrata gentile con lei e che non la giudica è stata Amelia Shepherd, ma sta volta era impegnata altrove.

Innanzitutto mi ha dato fastidio il rimprovero che le ha fatto Webber. Lui è il capo dei capi e dovrebbe dare l’esempio a tutti, dovrebbe cercare di garantire alla Altman un ambiente lavorativo non tossico, un ambiente sano in cui poter lavorare tranquillamente. E, invece, sembra di stare al Grande Fratello o nei salottini della d’Urso dove tutti sanno tutto e si permettono di dire la loro su qualunque cosa. Non avrebbe mai dovuto permettersi di mettere bocca sulla vita privata di Teddy, né tantomeno di rimproverarla per questo.

L’altro che ho desiderato ardentemente di poter prendere a pugni come un pungiball è Owen Hunt. Io Owen lo detesto con ogni fibra del mio essere, mi dà così fastidio che ogni volta che appare sullo schermo i miei occhi roteano di trecentosessanta gradi e si bloccano nelle palpebre per evitare di starlo a guardare. Le mie orecchie cominciano a implorare pietà e desiderano tremendamente di essere tappate come quando dormivo a casa dei miei nonni e mio nonno russava senza mai smettere per tutta la notte. Una cosa super fastidiosa.

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Owen è tossico, Owen è il male in terra, Owen dovrebbe sparire per il bene dell’umanità e per il bene del genere maschile che con lui a rappresentarlo ci fa solo una pessima figura. Owen è così odioso che se potessi applicherei la damnatio memoriae su di lui e cancellerei ogni traccia della sua esistenza da Grey’s Anatomy. Owen è così fastidioso che lo farei crepare male in qualche disastro alla Shonda Rhimes pur di liberarmi di lui.

Dopo la confessione di Teddy è stato capace, come una tredicenne dispettosa e segretamente complessata, di scoppiarle a ridere in faccia e poi di aggredirla verbalmente per una confessione che la donna le aveva fatto. Ma che bravo Owen, complimenti, hai superato il livello str***a della terza media, adesso puoi evolverti in compagna di classe snob e fastidiosa del liceo! Godrei se Teddy lo mandasse definitivamente a quel paese e decidesse di salpare verso nuovi orizzonti con Tom.

A parte questo neo fastidioso, l’episodio mi è piaciuto moltissimo e spero vivamente che continuino così. Volevo entrare di più nelle dinamiche della pandemia e Grey’s Anatomy mi sta accontentando. Non c’è nulla di cui senta la necessità di lamentarmi, fatta eccezione per Owen Hunt e non mi stancherò mai di dirlo, TU NON MI PIACI OWEN HUNT!

Per questa settimana è tutto, ci rivediamo a marzo con le nuove puntate di Grey’s Anatomy, halleloo!

P.S. I fratelli DeLuca che inseguono la trafficante di esseri umani ci daranno tante soddisfazioni, me lo sento.

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