Grazie. È così che mi sento in dovere di cominciare questa recensione di Grey’s Anatomy e il motivo è chiaro e visibile a tutti: April Kepner è tornata, per un solo episodio, ma è tornata e perciò dobbiamo celebrare.
Chi segue queste recensioni avrà sicuramente intuito tutto il mio amore sconfinato e grande per questo personaggio. Perciò, quando nel 2018 fu annunciata la sua uscita di scena, non perché Sarah Drew volesse abbandonare la serie ma per “divergenze creative” secondo Krista Vernoff che subentrata alla storica creatrice Shonda Rhimes, non credeva di poter scrivere nulla per April e che era convinta che il suo personaggio e quello di Arizona Robbins fossero arrivati al capolinea (qui la recensione della 14×24), indignando il fandom che non era assolutamente d’accordo e costringendoci a creare petizioni, provare a farle cambiare idea o a farle capire il nostro punto di vista tramite social, solo per essere bloccati come quei profili spam che si trovano su Instagram e che ti taggano ogni cinque secondi dicendoti che hai vinto qualcosa, io ero furiosa.
Ero furiosa perché c’erano ancora dei margini di crescita interessanti per questo personaggio, a prescindere dalla relazione con Jackson che amavo follemente. Come volevasi dimostrare, a seguito della sua uscita di scena INGIUSTA (ci tengo a precisarlo per l’ennesima volta), il personaggio di Jesse Williams è diventato interessante e piacevole come le conversazioni tra mio padre e mio fratello sul tempo, come ascoltare i deliri dello zio di destra ai pranzi familiari, come guardare un torneo di Burraco al centro anziani senza poterci partecipare o aspettare che finisca la pubblicità di Clear-Blue su Youtube prima di vedere un video. Insomma: il povero Jackson Avery è diventato tremendamente noioso e piuttosto inutile.
Questo perché? Perché chiaramente il suo personaggio era talmente coinvolto con quello di April che era quasi impossibile provare a farlo camminare con le sue gambe e dargli un seguito che suscitasse curiosità a prescindere da lei. Infatti, arrivati a questo punto (un episodio in cui persino Jackson ha chiaro in mente che non sta facendo nulla di realmente significativo) lo vediamo costretto a cambiare scenario a lasciare Seattle per trasferirsi a Boston con April e provare a lasciare il segno partendo da lì.
Era chiaro, ormai, che Jackson avesse intenzione di smuovere un po’ le cose, che avesse voglia di rivoluzionare il mondo della medicina e perché no il mondo in generale grazie alla sua immensa fortuna finanziaria, frutto – in gran parte – del duro lavoro di sua madre Catherine. Vivere passivamente una società sempre meno tollerante e retrograda nei confronti delle minoranze di qualunque tipo, genere, orientamento sessuale ed etnia, non gli andava più bene. È arrivato – finalmente – la sua chiamata all’azione, l’equivalente in sceneggiatura della chiamata divina per la religione.
Fin dagli esordi, Jackson ha sempre rifiutato la fondazione Harper Avery e ciò che rappresentava. Dopo il decesso di suo nonno e le accuse a suo carico, è rimasto della stessa opinione anche quando sua madre l’ha rilevata e l’ha trasformata nella Catherine Fox Foundation. Ma, adesso, dopo tutto questo tempo, dopo oltre dieci anni in cui abbiamo seguito la sua storia, è arrivato al punto di rottura. Il turning point si dice. È il punto di svolta, è la realizzazione di qualcosa di importante ai fini della costruzione di un personaggio e della sua storia dal quale non si può tornare indietro.
Jackson ha raggiunto la consapevolezza di ciò di cui aveva bisogno, quando è andato a trovare suo padre in Montana. È questo il momento che gli ha aperto gli occhi. Suo padre si è raccontato, gli ha spiegato le ragioni che l’hanno spinto ad allontanarsi non solo dalla carriera, ma anche dalla famiglia e da lui. Robert Avery ha reso chiaro che voleva cambiare il mondo, peccato che la sua forza di volontà non fosse così forte come quella di Jackson. Si è, perciò, semplicemente accontentato – non potendo raggiungere il suo obiettivo – di lasciarsi tutto alle spalle e andare avanti da solo, anche se questo ha significato lasciarsi suo figlio stesso alle spalle.
E sta proprio in questo l’elemento scatenante per Jackson. Jackson non ha intenzione di restare fermo a guardare o di rinunciare alla sua visione di un mondo migliore in cui far crescere sua figlia. Non ha intenzione di rimanere ad osservare passivamente una società che va sempre più in malora e perciò arriva al risultato più inaspettato e più imprevisto di tutti: decide di rilevare la fondazione. Lui che per tutto il tempo l’aveva ripudiata e per farlo deve trasferirsi a Boston. Qui mi cade la lacrimuccia perché è chiaro che sarà questo l’espediente usato per giustificare l’uscita di scena di Jesse Williams (qui i dettagli del suo addio a Grey’s Anatomy).
Proprio dopo l’episodio, infatti, l’attore ha comunicato che avrebbe lasciato Grey’s Anatomy alla fine della diciassettesima stagione e seppure non ci sono notizie riguardanti un’eventuale diciottesimi, questa sviluppo fa male e il suo personaggio ci mancherà nonostante non fosse più granché interessante. Fa male, ma fa meno male per via dell’altra storyline che hanno aperto nella puntata. Come dicevamo all’inizio, è tornata April Kepner. È tornata April Kepner e io sono al settimo cielo. Sono al settimo cielo perché amavo alla follia questo personaggio e continuo a credere che noi spettatori siamo stati derubati di uno dei personaggi antropologicamente più interessanti della serie.
Quella che ci viene presentata in questo episodio di Grey’s Anatomy è la conclusione perfetta per una storia che – altrimenti – non avrebbe potuto avere nessun altro finale. Jackson propone ad April di seguirlo con Harriet, la loro bambina, a Boston. E mentre tutti bestemmiavamo in turco perché sapevamo che la Kepner fosse sposata con l’inutilissimo e antipaticissimo Matthew Taylor, arriva la bomba, lo sviluppo più inaspettato di tutti: Matthew Taylor non è più nel quadro famigliare. Stando a quanto ci racconta April sono separati per via del rancore che Taylor nutriva nei suoi confronti dopo che l’aveva lasciato all’altare la prima volta per scappare e sposare Jackson e portava rancore verso Dio per avergli ucciso la moglie.
Vorrei dire che mi dispiace per lui, ma mentirei. Quando ha pronunciato quelle paroline ho sentito il bisogno fisico di recuperare qualche fuoco d’artificio di capodanno e accenderli per festeggiare. Ho sentito l’urgente bisogno di rintanarmi in camera mia e scrivere una fanfiction chilometrica sul futuro della Japril a Boston da spammare ovunque affinché arrivi negli uffici di Shondaland e impietosisca la Rhimes al punto tale da regalarmi lo spin-off che adesso merito.
Ma torniamo un attimo all’episodio. L’intera porzione di puntata che ha visto insieme April e Jackson è stata a dir poco straordinaria. Ci siamo innamorati di loro perché avevano questa chimica impareggiabile, perché era chiaro che prima che essere innamorati l’uno dell’altro erano amici, erano uno la persona dell’altro, ma soprattutto abbiamo completamente perso la testa per i Japril perché erano impulsivi, spontanei quasi primordiali. Come due calamite sembravano attrarsi con tanta facilità anche quando c’era qualche forza che cercava di opporre resistenza, di mettersi tra loro. Lo sapevamo e lo sapevano anche loro che avrebbero sempre trovato un modo per ritrovarsi.
Ecco, in questo episodio di Grey’s Anatomy, quell’impulsività non c’era e – come gli stessi Sarah Drew e Jesse Williams hanno fatto presente nella diretta che hanno fatto su Instagram, questo è un segnale reale di maturità. La loro storia è cominciata e soprattutto terminata per via di questa impulsività. Questa volta, qualunque cosa succederà a Boston, hanno un bagaglio emotivo diverso a carico e come sottolineavano gli stessi attori, se qualcosa potrà mai succedere tra loro, saranno capaci di procedere cautamente.
Se all’inizio il non aver avuto un vero e proprio happy ending per i Japril mi aveva frustrato perché mi sembrava che avessero riciclato la chiusura della storia di Arizona Robbins, dopo averci pensato un po’ su sono proprio contenta che abbiano lasciato a noi spettatori scegliere cosa succederà dopo. Non fraintendetemi, preferisco anche le conclusioni chiare e non fraiàntendibili rispetto a un finale aperto, ma in questo caso avrebbe distrutto tutta quella maturità ed esperienza che entrambi i personaggi hanno acquisito nel tempo. Jackson ha finalmente capito, grazie a suo padre, da dove derivino tutti i suoi problemi relazionali e April ha appena chiuso un matrimonio.
Hanno bisogno di tempo, ma sono estremamente sicura che in quel futuro che non ci è dato vedere torneranno insieme. E poi, cari amici di Grey’s Anatomy, questo ci lascia grande margine di creatività per tutte le fanfiction che spero starete scrivendo in questi giorni e in queste notti e che starete sicuramente caricando sui vostri account EFP per i veterani e Wattpad per le nuove leve.
Prima di lasciarvi mi permetto un’ultima analisi breve, ve lo giuro. È stato interessante e – ammeto – emozionante riscoprire quel rapporto onesto e sincero, quel rapporto di puro rispetto che Jackson e April condividevano. Finalmente e forse per la prima volta da quando la loro storia d’amore è cominciata, si sono effettivamente parlati, proprio come facevano una volta quand’erano giovani, solo amici, prima che i sentimenti e la passione li travolgessero. L’amore tornerà per i nostri amati Japril, ma sta volta avrà delle solide fondamenta da cui partire.
Perciò, proprio come ho detto in apertura grazie Grey’s Anatomy e – non credevo che l’avrei mai detto – grazie Krista Vernoff per avermi restituito ciò che era per diritto mio: i Japril, April Kepner e la parvenza di un lieto fine per la loro storia d’amore. Per citare la mia amata April:
Finger crossed for new horizons