Bentornati con la recensione della sedicesima puntata della diciottesima stagione di Grey’s Anatomy. È mio dovere morale e civile ribadire – ancora una volta – che no, non siamo alla frutta, quella l’abbiamo superata da un po’. Possiamo dire che siamo all’ammazzacaffè e ho scelto questo termine proprio perché la prima parte della parola vi dà notizie riguardo a ciò che mi fa ogni episodio brutto che vedo di questa serie, mi ammazza.
Dopo le settimane di pausa Grey’s Anatomy è tornato e la situazione dell’ospedale continua a peggiorare per via del periodo di prova del programma di specializzazione, per Meredith che sembra sempre più intenzionata ad andare via, per la situazione del personale ridotto e le responsabilità che si accumulano e gravano sempre più prepotenti sulle spalle della povera Miranda Bailey che a sto giro rischia di rimetterci non solo il posto, ma soprattutto la pelle.
In questo clima teso – per fortuna – arriva a salvare il salvabile dell’episodio e portare una buona dose di realismo e di dura verità la meravigliosa Addison Montgomery che avevamo perso di vista quando davvero serviva e che tutto ad un tratto decide di visitare Seattle più spesso di quanto non facesse quand’era regular di Grey’s Anatomy. Detto questo: rivedere Addison è sempre un piacere e se la mia voglia di guardare questa serie è pari a quella di andare a scuola di un asino in matematica il giorno del compito, beh per questa volta ho sofferto meno la crudele tortura che è guardarsi quaranta minuti di Grey’s Anatomy.
Sì, perché Addison con le sue entrate a effetto, la sua capacità di essere la persona più fantastica e adorabile del mondo, ma anche la più cinica e stronza, riesce a portare sempre un po’ d’aria fresca, pulita e nuova a questa serie che ormai puzza di marcio e di decomposizione come il borsone di un qualunque calciatore post partita.
Vederla sbottare contro Meredith e Webber perché si comportavano da ragazzini quando una donna aveva appena perso l’ultima possibilità di restare incinta del marito defunto (lo so è strano ed eticamente non sono sicura sia proprio corretto) è stato liberatorio. Finalmente qualcuno che ha riportato quei due con i piedi sulla terra, ha portato la loro attenzione – seppur brevemente – su qualcosa di reale e non su capricci inutili per ciò che potrebbe essere.
Anche nel dialogo con Webber ha espresso dei concetti estremamente interessanti sui programmi di specializzazione ai giorni d’oggi e quelli di un tempo, mettendo – così – in evidenza la cosa più palese e chiara di tutte: il programma del Grey-Sloan era fin troppo vecchio e datato per poter funzionare senza che qualcuno se ne lamentasse.
Perciò grazie Addison per ogni singolo momento che ci regali, Grey’s Anatomy sarebbe una vera noia senza di te. Al solo pensiero che devo salutarti di nuovo, mi viene già da piangere, ma il ricordo delle guest-star dell’ultima puntata, mi fa rimanere speranzosa (qui i dettagli).
Ma andiamo avanti e parliamo un po’ di Winston e suo fratello. Come ho ribadito nella recensione dell’episodio in cui l’abbiamo conosciuto (che potete leggere qui) la sola presenza di questo nuovo personaggio era sinonimo di un problema. Come avevamo giustamente ipotizzato questo tizio avrebbe portato un po’ di movimento nelle dinamiche del Grey-Sloan. Era chiaro che di mezzo ci fosse una truffa per quei prodotti che vendeva, una storyline che ricorda un po’ quella della prima stagione (o forse era la seconda) di The Resident con Jenna Dewan, solo che quella di Grey’s Anatomy ne è la versione soft.
Visto che Ndugu jr. è nei guai e rischia di mettere nei guai anche suo fratello, ammetto che sono curiosa di scoprire cosa succederà. Infatti, sono una delle poche storyline che quasi mi interessano. L’altra che ha attirato un po’ la mia attenzione è quella che vede protagonista Jo Wilson.
Adesso, Jo Wilson ha trovato un ragazzo meraviglioso, dolcissimo e che all’apparenza sembra essere perfetto per lei. La domanda a questo punto – conoscendo Shondaland – è: dov’è la fregatura? Perché è tutto troppo bello per essere vero. Due sono le possibilità: la prima è che Link si metta in mezzo e rovini una delle poche gioie della vita di Jo (ovvero una relazione sana) e la seconda è che il tipo abbia davvero qualche scheletro nell’armadio per cui potrebbe rivelarsi una fregatura, ma sono più che propensa a credere che la prima sia l’ipotesi più probabile.
Archiviata la questione Jo Wilson, l’altra degna di attenzione è quella che vede protagonisti Owen e Teddy e il loro figlio Leo. Fin dalle precedenti stagioni Leo ripete di essere una bambina e come tale vuole vestirsi. Questo preoccupa Teddy che affronta con Owen la questione. Ciò che mi ha piacevolmente colpito è la maturità di Hunt nell’affrontarla. Paradossalmente lui che è uno dei peggiori personaggi di Grey’s Anatomy è stato più umano e comprensivo nell’approccio, suggerendo di lasciare che il piccolo manifesti la sua identità come meglio crede, supportandolo sempre e cercando di non farlo mai sentire sbagliato. Per la prima volta in tanto tempo devo ammettere che mi è piaciuto Owen Hunt. E qua mi fermo perché è già un’ammissione di un’importanza gigantesca.
Concludiamo con Miranda Bailey e Meredith Grey. Da una parte abbiamo l’icona, il pilastro di Grey’s Anatomy, colei che porta la serie sulle spalle e dall’altra abbiamo – chiaramente – la Grey. Miranda in questo episodio ci ha dimostrato non solo di essere un capo fenomenale, ma di aver capito che nonostante la sua dedizione al lavoro e alla causa, nulla è più importante della sua salute. Come sappiamo bene di recente ha avuto degli episodi che sembravano simulare nuovamente i sintomi di un infarto e quando l’ho vista decidere di prendersi dei giorni da passare in vacanza con la sua famiglia, sono stata così fiera di lei. Brava Miranda, così si fa.
E per concludere c’è lei, Meredith. Meredith che vorrebbe andare in Minnesota e giustamente essere libera dal posto che le ha portato tante soddisfazioni e gioie, ma anche tanto dolore e tante responsabilità. La scelta di andarsene dal Grey-Sloan all’inizio non mi piaceva e forse non mi convince neppure adesso, ma è suo diritto andarsene. Ma deve farlo subito perché così almeno finirà sta serie e potremo finalmente mettere fine a questa agonia e a questo accanimento terapeutico che è Grey’s Anatomy a cui avremmo dovuto staccare la spina in una sorta di eutanasia seriale già alla fine della decima stagione.
Che dire, un episodio mediocre questo, insulso un po’ come tutta la diciottesima stagione, ma che vede rari momenti di luce. In questo, in particolare, quella luce l’ha portata la presenza di Addison Montgomery che rende tutto più bello e accettabile e che ha salvato – a modo suo – l’episodio e noi spettatori dalle stesse identiche problematiche ormai fin troppo inflazionate che da anni questa serie ci propone.
Per questa settimana è tutto, alla prossima.