Bentornati con la recensione della diciassettesima puntata della diciottesima stagione di Grey’s Anatomy. Nuovo episodio significa nuovi modi per distruggere una storia che già di per sé ha difficoltà a stare in piedi con espedienti decisamente improbabili, a volte pure simpatici ma – come nel caso di quello di questa puntata – un po’ inutili e fini a se stessi.
Sì perché in questo episodio qualcuno seduto su una sedia molto comoda che nella mia testa è una di quelle con lo schienale reclinabile, il poggia piedi e l’effetto vibrante sotto il sedere e sulla schiena, ha deciso di prendere un momento esilarante della quattordicesima stagione (qui la recensione dell’episodio) e riciclarlo come quel set natalizio di prodotti Tesori d’Oriente che continua a girare come regalo tra gli uomini della famiglia senza mai trovare un padrone definitivo. So che avete capito cosa intendo.
Mi riferisco ovviamente a Richard Webber che per sbaglio si scola una bevanda a base di cannabis e lo vediamo fattissimo per tutto l’episodio. Certo, è stato simpatico, per carità, soprattutto quando è riuscito a sfuggire a Meredith, ma francamente non l’ho trovato né originale né funzionale, anzi l’ho trovato decisamente controproducente per lo sviluppo del suo personaggio. E sì, qualcuno potrebbe obiettare dicendo che serviva come assist per aggiornarci sul peggioramento delle condizioni di salute di Catherine, ma non mi trovo d’accordo e vi spiego perché.
Richard Webber ha fatto un percorso ben preciso in Grey’s Anatomy. Ha avuto un problema con l’alcol, problema che è riuscito ad ammettere giocandosi – nel frattempo – tutto ciò che aveva guadagnato a livello professionale. È riuscito a superare la dipendenza e ogni giorno lotta per continuare a restare sobrio. Adesso, anche se in modo totalmente casuale, ha assunto cannabis e questo avrebbe potuto seriamente minare il suo percorso di sobrietà lungo un decennio.
Per questo, uno sceneggiatore normale e quindi non uno che lavora a Shondaland, avrebbe preso la decisione di fargli scoprire del peggioramento di Catherine probabilmente facendogli trovare la bibita con la sostanza all’interno e proprio in virtù del suo percorso di sobrietà, avrebbe creato un confronto tra moglie e marito per discuterne insieme, confronto nel quale sarebbe emerso il peggioramento del tumore della Fox. Detto questo, non nego che è stato divertente seppure mi abbia ricordato quando la mia amata April Kepner e la mia amata Miranda Bailey mangiarono dei biscottini alla marijuana e finirono per imitare il suono della cornamusa sul divano della stanza degli strutturati.
Ma andiamo avanti e andiamo a Jo e Link che stanno trasformando una delle mie paure più grandi per Grey’s Anatomy in realtà: loro due come coppia. È chiaro ormai dove vogliano andare a parare con questi personaggi, è chiaro come è chiaro il mare in un’afosa mattinata d’agosto prima che i bambini ci vadano a pisciacchiare dentro o che le barche lo sporchino con le scorie dei loro motori. E, purtroppo, a me non piacciono. Sì, lo so è la scelta più sensata a questo punto della storia, ma proprio non riesco a credere che gli Amelink siano davvero arrivati al capolinea. Io, almeno con loro due, meritavo di vivere il lieto fine (ogni riferimento ai Japril, le Calzona, i Merder e gli Slexie non è casuale).
Purtroppo, però, non è così e ancora una volta una bellissima amicizia è stata rovinata dall’ossessione degli sceneggiatori di Grey’s Anatomy di romanticizzare ogni singola cosa. Staremo a vedere come procederà lo sviluppo di questa coppia, ma prevedo che tra il prossimo episodio e l’episodio conclusivo troveranno un modo per farli mettere insieme.
Interessante è la storyline di Owen e Teddy che stanno affrontando un momento abbastanza complesso con Leo. Com’è chiaro dal primo momento, la problematica non riguarda Leo, ma proprio l’approccio che i genitori hanno alla questione. Owen è sicuramente più comprensivo e lo lascia libero di affermare la sua identità come più crede, Teddy è più preoccupata e vorrebbe delle regole specifiche da seguire per non fare passi falsi nel trattare questo sviluppo. Certo, Leo è ancora troppo piccolo, ma effettivamente le decisioni dei genitori e i loro comportamenti rischierebbero di intralciare il suo naturale percorso di identificazione.
È interessante questa storyline perché finalmente si affronta il discorso dell’identità di genere in maniera diretta e soprattutto in età così precoce e Grey’s Anatomy lo fa in un modo davvero delicato e allo stesso tempo efficace, senza mai sbagliare un passo. Questo, almeno, alla serie dobbiamo riconoscerlo: il modo di trattare sempre con rispetto tematiche così importanti e delicate e proporle a un pubblico solitamente troppo poco informato o malinformato sul tema.
Ma andiamo avanti e parliamo di Nick Marsh. Nick Marsh a me non piace e fin qua ci siamo arrivati tutti. Però ammetto che potrebbe essere ciò che il Grey-Sloan e Miranda Bailey stavano cercando: una persona in grado di rivoluzionare il programma di specializzazione e sollevare la povera regina capo dell’ospedale Miranda Bailey dalla possibilità di un nuovo infarto. Ciononostante non mi piace con la Grey.
A proposito della Grey, sono arrivata a sperare che vada via. Basta, tagliare i ponti sembra l’unica speranza per andare avanti. Non è passato inosservato, almeno da parte mia, il breve scambio di battute con Webber in cui si faceva riferimento ai ferry-boat di Seattle, gli stessi che tanto piacevano a Derek e ho riflettuto su quanto effettivamente abbia perso la Grey in quasi vent’anni di Grey’s Anatomy. Probabilmente nessuno sarebbe durato quanto lei in quella città. Ma Meredith non è una persona qualunque e ce lo ha dimostrato un sacco di volte.
Ma passiamo a Winston Ndugu e alle problematiche scaturite dalla presenza di suo fratello. Era chiaro com’è chiaro che Shonda Rhimes abbia una passione per la tragedia, che Ndugu Jr. fosse un personaggio problematico. Non c’abbiamo messo niente a capire che avrebbe provocato delle tensioni al Grey-Sloan, ma non credevo fino a questo punto. Non credevo che la sua presenza potesse mettere in crisi anche il rapporto tra Maggie e il marito. Certo, niente di grave, sicuramente sono problematiche superficiale, ma bisogna liberarsi di Ndugu Jr. nel minor tempo possibile.
Che dire, Grey’s Anatomy non smette mai di essere rinnovato e ora come ora non ci resta che aspettare in silenzio che sopraggiunga la sua fine, sperando che arrivi il prima possibile e non come in quel libro di Saramago, Le intermittenze della morte in cui e quoto “la morte aveva posto fine ai suoi giorni” perché non se ne può più e fatta eccezione per due o tre elementi questa storia non fa altro che sprofondare nella ripetizione e nell’assurdità più totale per cercare di tirare avanti. Ripeto, diciamo basta all’accanimento terapeutico, permettiamo a Grey’s Anatomy di salutarci per l’ultima volta e di percorrere il tunnel andando incontro a quella luce.
Per questa puntata è tutto, alla prossima.