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Grey’s Anatomy 18×18 – Siamo quasi alla fine

Grey's Anatomy
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Bentornati con la recensione della diciottesima puntata della diciottesima stagione di Grey’s Anatomy nel diciottesimo anno di torture perpetrate da Shonda Rhimes e dalla cattivissima Krista Vernoff nei confronti del povero pubblico mondiale che voleva solo vedere dei manzi in camice che flirtavano e si appartavano negli spogliatoi e invece si è ritrovato nel multiverse of madness delle catastrofi, calamità, un’innumerevole numero di morti e tanta, tanta ansia gratuita.

Ma parliamo dell’episodio diciotto che se fosse preceduto dal cento sarebbe esattamente il servizio pubblico che vorrei chiamare ogni volta mi ritrovo a guardare le orribili trovate e invenzioni che questa serie continua a partorire con la velocità di gestazione dei topi e che – per la prima volta in mille puntate – sembra quasi accettabile.
Certo, non possiamo dire che stiamo guardando una serie di qualità, perché per citare Boris, “la qualità c’ha rotto il cazzo” è praticamente la filosofia di Grey’s Anatomy degli ultimi anni, ma possiamo dire senza ombra di dubbio che sicuramente questo è tra i migliori episodi della stagione.

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Innanzitutto parliamo delle storie seguite che sono decisamente più serie e interessanti di quelle a cui siamo abituati. Mi riferisco ovviamente alla malattia di Catherine, a quella del paziente dello scorso episodio, ma soprattutto all’aggressione subita dalla paziente asiatica frutto chiaramente di odio razziale. Già in Station 19 (qui la recensione dell’episodio in questione), Shondaland aveva cominciato a dare finalmente visibilità a questa problematica spesso taciuta o posta in secondo piano, ma che è una realtà tremendamente spaventosa negli Stati Uniti e non solo.

In Station 19 ci viene raccontato l’episodio di odio razziale perpetrato ai danni della mamma di Travis Montgomery, attaccata al supermercato durante il periodo della pandemia in quanto identificata erroneamente e ignorantemente con la causa scatenante della diffusione della malattia. Fortunatamente, seppure l’azione fosse terribile e orribile, la signora Montgomery non fu aggredita fisicamente, mentre in questo caso l’atto d’odio non si è limitato a stupide parole ignoranti, ma è sfociato nella violenza fisica.

Vediamo tutto il team di chirurghi asiatici sulla paziente affiancati da un Grey che, dopo puntate di inutili giri e giochetti da adolescente che deve scegliere tra due pretendenti chi portare al ballo della scuola, finalmente torna a essere il personaggio di cui Grey’s Anatomy e io abbiamo bisogno. Quella che salta la cena che aveva organizzato per occuparsi di questo caso, quella che si scusa a nome dell’ignoranza altrui con la famiglia della vittima pur non essendo assolutamente responsabile per l’avvenimento, quella che rimane accanto al suo team di chirurghi per ogni istante.

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E mentre questo accade, c’è un’inquadratura che mi ha proprio spezzato il cuore ed è quella dell’infermiera Bokhee, la storica infermiera della sala operatoria di Grey’s Anatomy, forse l’unica altra superstite di questa serie dalle sue prime stagioni. Bokhee che non ha mai detto una parola fino a qualche stagione fa, ha guardato Meredith in quel primo piano e nonostante avesse una mascherina chirurgica, il suo sguardo ferito è riuscito a trafiggere lo schermo e anche il mio cuore. Non parliamo poi della battuta seguita a questa inquadratura: “Noi siamo americani“. Può sembrare niente di che, ma in realtà racchiude un mondo.

Ho trovato molto interessante anche vedere un po’ come si muove il nuovo primario di chirurgia estetica e mi è piaciuta moltissimo nella puntata. Lo stesso non posso dire di Nico Kim. A me dispiace dover fare questo appunto vista la tematica principale della storia che l’ha visto protagonista, ma vi giuro che non riesco proprio a capire se quest’attore l’abbiano preso solo perché obiettivamente bellissimo. Francamente come attore in questo ruolo è veramente pessimo. Non so se è nella scrittura del suo personaggio essere apatico al limite del razionale o se è semplicemente incapace di riprodurre qualcosa che non sia la noia. Sembra sempre costantemente annoiato.

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La cosa all’inizio mi faceva un sorridere perché è un po’ come guardare un adolescente in una tavolata di soli adulti che non ha il cellulare con sé. Praticamente sguardo vuoto e vacuo, espressione corrucciata, ma anche assonnata, un incredibile talento nel roteare gli occhi e tanta voglia di urlare che però viene accantonata perché richiederebbe troppo sforzo e se bisogna sforzarsi di fare qualcosa, l’adolescente medio rinuncerà a farla. Ecco, questo è Nico Kim.

Anche nel momento in cui era furioso e Schmidt gli porta del ghiaccio da mettere sulla mano era monoespressivo. Ma così monoespressivo che Kristen Stewart al confronto è la poliedricità espressiva fatta persona, che la poker face cantata da Lady Gaga nell’omonima canzone avrebbe solo da imparare da lui.

Ma andiamo avanti e parliamo di quella cena surreale che poi cena non era a casa di Meredith. Meredith decide di organizzare una cena, ma per ovvi motivi non ci si presenta. Si presentano, invece, tutti gli altri invitati e mandano in tilt la povera Maggie Pierce che è già in pieno delirio per la storia di Windell, il fratello di Winston e si ritrova a dover badare col marito a tre ragazzini che poi diventano quattro quando Ndugu jr. bello come il sole ma fastidioso come i bambini che piangono nei treni si presenta senza invito alla cena.

Non contenta, poi, sempre da quest’ultimo sia lei che il marito si fanno fregare la bellezza di 20.000$ e ammetto di aver riso moltissimo anche se non c’era effettivamente nulla da ridere. Ma ehi, è Grey’s Anatomy e se non prendessimo le tragedie col sorriso finiremmo internati in psichiatria in poco tempo.

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Era chiaro fin dal primo istante che Windell avrebbe portato confusione e avrebbe rovinato o quantomeno provato a rovinare la vita del fratello e da persona a cui il fratello ha letteralmente rovinato la vita con la sua nascita togliendomi il privilegio di una esistenza da figlia unica viziata e probabilmente prepotente, ma almeno la preferita di mamma e papà invece che diventarlo lui, posso assicurarvi che spesso loro sono per noi persona non grata, a maggior ragione se – come nel caso di Winston – suo fratello è uno str*nzo manipolatore e truffatore, almeno il mio è solo più bello e più fastidioso di me.

E in questo contesto ho apprezzato il momento di confidenza tra Nick Marsh e Maggie Pierce. Che Nick non mi piaccia, ormai è risaputo, ma è arrivato il momento che mi metta l’anima in pace e che ammetta che tutto sommato non è poi così male, soprattutto adesso che lo stiamo conoscendo meglio. Forse il merito è anche del momento che condivide con Amelia Shepherd, Amelia che è la padrona indiscussa del mio cuore tra i personaggi attualmente presenti in Grey’s Anatomy anche se ha lasciato il mio amato Atticus Lincoln e fatico a farmene una ragione.

In quel momento strappalacrime con Amelia, ho cambiato il mio atteggiamento. Da avere la stessa reazione della piccola Ellis alla vista di Marsh, adesso l’accetto di buon grado e spero possa continuare a stupirmi.

L’intera storyline della Shepherd e Kai mi confonde. Mi confonde perché fino a inizio episodio sta coppia andava d’amore e d’accordo e seppure capissi il fascino letale di Kai, non parteggiavo particolarmente per loro perché speravo ancora negli Amelink, ma signori – parliamoci chiaro – che razza di chiusura gli hanno dato? Cioè ok, ma farli lasciare perché Kai non vuole figli è piuttosto assurdo e senza senso. Cioè ha tutto il diritto di non averli, Amelia non ha mai alluso al fatto di voler altri figli. Lei ha Scout, ma Scout non è figlio di Kai e quindi non è una sua responsabilità. Gli altri tre sono i figli di Meredith, nipoti di Amelia quindi lasciarla perché non è intenzionatÉ™ ad avere figli mi sembra assurdo. Anche nell’eventualità che restino insieme e con Amelia è praticamente impossibile, Scout sarebbe comunque non una sua responsabilità. Cioè Kai, ok che sei figÉ™, ma anche meno.

Che dire, l’episodio è stato di sicuro accettabile e più sopportabile da vedere e recensire di quanto pensassi. Forse la consapevolezza che il prossimo sia l’ultimo episodio e che ci saranno i miei amati Japril mi ha messo in una condizione più favorevole alla visione di Grey’s Anatomy? “Chi lo sa, Silvia, chi lo sa” disse la Gregoraci in quella famosa intervista a Verissimo.

Ad ogni modo, non vedo l’ora di vedere la prossima puntata, di staccare la spina a questa serie – quantomeno per l’estate mettendola in uno stato di criogenesi – per poi (forse, ma molto molto forse) ritrovarla in autunno con la diciannovesima stagione che mi spaventa più di quanto facesse da bambina quell’episodio di Piccoli Brividi con le pareti che si stringevano sulle persone o quello degli insetti giganti.

Ma prima di lasciarvi, voglio solo dire: ma quant’è stato epico il momento del saluto tra Bailey e Bailey? A mani basse il mio momento preferito dell’episodio.

Per questa settimana è tutto, alla prossima.

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