Bentornati con il consueto appuntamento con la recensione di Grey’s Anatomy. La scorsa puntata si era conclusa con l’incidente che ha visto protagoniste la grande, la suprema, una dei migliori medici che il Grey-Sloan Memorial ci ha regalato, Addison Montgomery e una povera specializzanda incinta che è arrivata a Seattle per essere istruita sulle pratiche delle cliniche ginecologiche e che tragicamente si è ritrovata ad essere investita dai protestanti fuori di testa.
Niente di nuovo, semplicemente un giorno qualunque al Grey-Sloan Memorial e in Grey’s Anatomy.
Siamo così abituati alle tragedie da non dar loro nemmeno più il peso che dovrebbero avere. Comunque, ste due sono state abbattute come due birilli al bowling, ma se per Addison non ci sono state gravissime conseguenze, solo una spalla lussata e una ferita superficiale alla testa, per la povera specializzanda non è andata altrettanto bene.
Costretta dall’incidente a dover ricorrere a un cesareo d’emergenza, questa povera ragazza che voleva solo acquisire delle competenze per poter aiutare donne in difficoltà a fare i conti con tante problematiche ginecologiche, ha dovuto affrontare una serie di interventi per poter sopravvivere (gli effetti permanenti di tali procedure non ci sono dati sapere, ma di sicuro ce ne saranno) e il suo bambino, l’innocente più innocente in questa faccenda, la vittima per eccellenza, è dovuto andare incontro a un calvario lunghissimo di procedure che potessero garantire la sua sopravvivenza.
Parola chiave di questa puntata del medical drama di Disney+ è resilienza. Quella voglia di non mollare di non lasciarsi abbattere dalle circostanze che ha caratterizzato molte delle storyline dell’episodio, ma in modo particolare quella di Addison.
Che Addison sia una guerriera inarrestabile, è risaputo soprattutto per chi – dopo averla conosciuta in Grey’s Anatomy – ha avuto modo di seguirla in Private Practice. In questo episodio del medical drama di Disney+ ce ne ha dato ulteriormente prova. L’abbiamo vista fisicamente sofferente, debilitata, stanca, fiacca, psicologicamente distrutta e nonostante tutto, nonostante tutti gli impedimenti e i tentativi di tenerla in panchina, la Montgomery ha deciso di scendere comunque in campo e di giocare – come sempre – una delle sue partite migliori.
E c’è stato un momento, subito dopo quello in cui Amelia Shepherd dall’alto della sua grandezza ci ha indicato i segni della sofferenza di Addison, in cui la nostra straordinaria ed eroica ginecologa ha più volte resuscitato e tenuto in vita il neonato prematuro (che persino usare la parola prematuro per quel cucciolo è prematuro) e lo ha fatto davanti a Simone Griffith la cui storyline – se ricordate – è simile a quella di quel neonato. Anche lei è stata salvata da qualche Addison dei tempi e anche lei è sopravvissuta. Perché quel momento è stato così bello? Per la forza e la determinazione della Montgomery che pur soffrendo come un cane ha permesso a Griffith di creare uno scenario nella sua mente di cosa è successo quand’era neonata, di quand’era lei la bambina nell’incubatrice.
Resilienza è la parola chiave che ha segnato l’episodio anche grazie a Miranda Bailey. La straordinaria dottoressa che ha preso a cuore il caso e ci ha messo davvero tutta se stessa per riuscire – in qualche modo – a fornire alla paziente tutte le cure possibili per sopravvivere. E possiamo dire che ci è riuscita. Ci è riuscita alla perfezione. L’abbiamo vista telefonare al marito della vittima e accompagnare la paziente in tutti i travagliati step della sua guarigione fino alla speranza della sopravvivenza. L’abbiamo vista agire così non solo perché infinitamente buona e degna di essere amata sopra ogni cosa, ma anche perché quella clinica, la clinica fuori dalla quale la specializzanda e Addison sono state investite è la sua clinica e porta il nome di sua madre. E Bailey non avrebbe mai lasciato che qualcuno lo infangasse o ne alterasse gli obiettivi e lo scopo: quello di aiutare tutte le donne in difficoltà.
In questo quadro di straordinarie Wonder Women inscalfibili e forgiate dal fuoco di mille battaglie c’è la stessa paziente, la più resiliente – assieme al suo bambino – tra tutti. Quella che più di tutti ha lottato ed è rimasta aggrappata alla vita è stata proprio lei. Perciò se dobbiamo celebrare la resilienza non possiamo non celebrare lei. Speriamo che riesca a riprendersi al meglio. Nel frattempo le auguriamo una pronta guarigione.
E mentre tutta la storyline delle investite succedeva, una che è cominciata nell’episodio di Station 19, altro prodotto di Shondaland, nonché spin-off di Grey’s Anatomy correva parallela alla principale. Saputo dell’incidente fuori dalla clinica Bailey, Warren e Bishop, vigili del fuoco della stazione 19 sono corsi in ospedale per accertarsi della condizione delle reciproche mogli. E, per chi segue Station 19 e spera nel ritorno delle Marina, questo è stato un momento fondamentale.
Innanzitutto perché – come giustamente ci ha fatto osservare Warren – l’agitazione, l’ansia che hanno provato lui e Maya è ciò che Miranda e Carina provano ogni volta che loro sono al lavoro e poi anche se breve, l’interazione tra Maya e Carina sembra portarci nella direzione di un’ipotetica rappacificazione… che è sostanzialmente ciò che tutti noi ci auguriamo per la coppia più bella di Station 19.
Prima di lasciarvi, voglio tornare brevemente su Addison Montgomery che abbiamo visto uscire da Seattle a bordo del PRT che una volta era di Warren e dei pompieri, con l’intento di continuare a fare il suo lavoro e di portare la sua conoscenza laddove si cerca ancora di comandare sul corpo delle donne, senza mostrare un minimo di rispetto per le loro, le nostre scelte.
Che dire, come al solito il medical drama disponibile su Disney+ trova sempre un modo per parlare di questioni importanti e si schiera sempre dalla parte giusta. Ovviamente adesso non ci resta che sperare di ritrovare Addison e speriamo che quando la ritroveremo sarà in condizioni migliori.