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Grotesquerie – La Recensione della nuova (e letteralmente grottesca) creatura di Ryan Murphy

Grotesquerie
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ATTENZIONE! L’articolo contiene SPOILERS dei primi due episodi di Grotesquerie.

“I don’t know how it started. It’s like a hole opened up in the world to the center of nothingness”

Sembra non esserci limite alla perversa creatività di Ryan Murphy. Né tantomeno alla sua creatività che torna, nuovamente, sul piccolo schermo con un nuovo progetto dal titolo Grotesquerie. Una serie tv alla quale viene da approcciarsi in maniera molto cauta. E i motivi principalmente sono due. Il primo è che, di primo acchito, Grotesquerie potrebbe apparire come la proverbiale minestra, sempre uguale con leggerissime variazioni nell’uso degli ingredienti. Il secondo è che sfortunatamente la creatività di Murphy si esaurisce in prossimità del finale dei suoi stessi progetti. Da Glee ad American Horror Story (la migliore rimane Asylum) passando per Ratched, lo showrunner sembra avverso alle chiusure soddisfacenti e incapace di riprendere la matassa sbrogliata e di ridarle un senso.

Un’incapacità fattasi davvero evidente negli ultimi anni, con le più recenti stagioni di American Horror Story soprattutto. Per esempio, Delicate ha segnato non solo il ritorno della scream queen Emma Roberts ma anche il ritorno della serie antologica ai fasti di un tempo. Peccato che il piacere ci venga brutalmente sottratto negli ultimi episodi della stagione che trovano il loro compimento in uno sconclusionato susseguirsi di cliché e insensatezze.

Prendendo quindi atto di questi due motivi, una fan di lunga data come la qui presente si è ritrovata fortemente combattuta su come approcciarsi a Grotesquerie.

Ovviamente ha vinto il bisogno di guilty pleasure che Murphy è sicuramente maestro nel soddisfare. Ed effettivamente Grotesquerie è proprio questo. Ci sono tutti gli elementi tipici delle sue produzioni, sia in termini stilistici che narrativi. Un grande pollice in su. La minestra non è la stessa ma semmai esaspera i sapori di quelle che l’hanno preceduta abbondando nel piccante e nell’amaro. Scusate, mentre sto scrivendo è ora di cena. Altro pollicione in su quindi. Per quanto riguarda il finale, non dirò nulla al riguardo anche se ho già avuto modo di vederla per intero. Sulla piattaforma Disney+ è appena sbarcata con cadenza settimanale quindi non vi resta che scoprirlo voi stessi.

“Una serie di crimini efferati hanno turbato una piccola comunità”.

Chi si cela dietro gli omicidi di Grotesquerie?
Disney+

Questa la brevissima trama che ci introduce al mondo di Grotesquerie.

Banalmente si potrebbe davvero riassumere tutto qui. La detective Lois Tryon si sveglia una mattinata come tante, scossa da un brutto incubo che ha avuto la notte prima ma di cui non conserva alcun ricordo. Il telefono squilla. In città, una famiglia è stata brutalmente torturata e uccisa da un serial killer tanto efferato quanto misterioso e che ha disseminato la scena del crimine di simbolismi vari. Lois, alcolizzata, con un marito in coma e una figlia obesa, pensava di averle viste tutte ma evidentemente non è così. Il radiologo e la sua famiglia sono solo i primi di una lunga serie di omicidi altrettanto brutale che si susseguono in rapida successione nell’arco di soli due episodi.

Ad affiancarla arriva, quasi in maniera provvidenziale Suor Megan, una suora molto discutibile che la stessa Lois descrive come l’unione tra un passerotto e una delle ragazze di Charles Manson. Sorella Megan, appassionato di criminologia e sette, spinge Lois a considerare la componente religiosa dei delitti e a ricercarne i simbolismi evidenti.

Dall’incontro con Megan deriva anche quello con Padre Charlie, prete ed ex body builder morbosamente attratto dalla suora. Ma i tre personaggi non sono che lo specchio di una comunità intera che ormai vacilla sull’orlo dell’abisso. Predicatori agli angoli della strada inneggiano alla fine del mondo, annunciando un’apocalisse che, lo vediamo con i nostri occhi, è innanzitutto sociale.

Il collasso della società moderna è il vero orrore che Ryan Muprhy ha scelto di raccontare.

La città della vicenda narrata non è di fondamentale importanza e per questo non ha un nome. Essa rappresenta il buco nero senza fondo in cui l’essere umano si contorce e si dibatte. La salvezza non è possibile ma a nessuno importa davvero, ognuno troppo preso ad alimentare i propri vizi. Lussuria, gola, superbia, ira. Tutti i personaggi di Grotesquerie incarnano quei peccati capitali che oggi come oggi siamo ben lieti di fare nostri. Ecco il grottesco secondo Ryan Murphy.

Lo stesso showrunner ha raccontato di aver messo tutto se stesso nel progetto, riprendendo alcuni dei temi a lui più cari e traslandoli in chiave filosofica. Un approccio che, a un primo sguardo, sfugge, persi nella rete di corruzione e violenza che sono i primi due episodi di Grotesquerie. Nessuno ne è immune. Neppure Lois o Megan, i cui cammini si incrociano e decidono di far fronte comune per prendere il serial killer.

Eppure non è visibile nessun modus operandi e nessuna pista che valga la pena seguire. Contrariamente a un thriller o a un procedural vecchio stampo, qui la narrazione appare più caotica che mai. Mentre gli omicidi aumentano, le indagini non portano da nessuna parte aumentando la frustrazione di Lois, allo stesso tempo alle prese con una situazione familiare disfunzionale. Il marito fedifrago e che lei odia profondamente è in coma mentre la figlia ha seri disturbi alimentari e nessuna intenzione di farsi aiutare. La colpa però è anche di Lois che di certo non brilla per sensibilità o empatia ma ricalca alla perfezione lo stereotipo dl detective tormentato e alcolizzato.

Suor Megan e la detective Lois in Grotesquerie
Disney+

Il grottesco, tipicamente usato per rappresentare creature ibride, qui serve a indicare il mostro-uomo.

L’essere più spaventoso di tutti. La letteratura ha sempre giocato un ruolo fondamentale nell’esplorare il grottesco come mezzo per indagare il lato oscuro dell’essere umano e della società. Pensiamo per esempio a Kafka e al suo scarafaggio oppure a Edgar Allan Poe o Charles Baudelaire che portarono invece il grottesco verso una dimensione più oscura e psicologica, esplorando l’alienazione, la morte e la decadenza. Il grottesco è crudele, spietato, diventa il linguaggio che scuote e provoca, rifiutando il confine tra il riso e la paura. Stravaganza e perturbante si mescolano attraverso personaggi e mondi surreali. Cos’ come al cinema dove, per esempio, Tim Burton, con il suo universo dark e fiabesco, ha reinventato il concetto.

Ma quale è la sua funzione nella serie tv?

In termini psicologici, il grottesco permette di esplorare paure ancestrali e tabù, fungendo da specchio deformante che riflette il lato oscuro e contraddittorio dell’umanità. Ci obbliga a osservare la realtà con uno sguardo nuovo, scoprendo, dietro il velo della normalità, una verità più profonda, per quanto inquietante possa essere. C’è tanto gore nella Grotesquerie di Ryan Murphy, che si riversa a livello visivo oltre che narrativo. Impossibile non compiere un parallelismo con Hannibal (non abbiamo mai visto una serie tv così elegante) o Seven, non solo per l’efferatezza delle scene rappresentate ma anche per l’oscurità che avvolge il cuore dei protagonisti.

Lois è profondamente convinta al male non ci sia scampo. La sua indifferenza nei confronti dei disturbi della figlia e il suo cinismo verso le morti agghiaccianti a cui assiste sottolineano la freddezza della sua anima. Non ci sono appigli sinceri per poter entrare in empatia con lei e questo Murphy lo sa benissimo. Tutti gli esseri umani sono peccatori. Dividere le persone buone da quelle cattive è una favola della buonanotte ormai datata.