ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler su Hanno Ucciso L’Uomo Ragno 1×07/1×08, il finale di stagione della serie sugli 883!
Per ogni episodio, ogni istante, ogni attimo che ci è stato dato da questa serie tv: grazie mille. Al regista, agli attori, a chi ne ha curato i copioni, la scenografia, la fotografia. A chi ha scelto le musiche, a chi ha rimesso in piedi la tavernetta e il Jolly Blue, ai personaggi e a tutto ciò che sono riusciti a proiettare all’esterno. Grazie mille. Hanno ucciso l’uomo ragno 1×07/1×08 pone fine al viaggio, breve ma intenso, alla scoperta delle origini degli 883. Un viaggio a ritroso, ma neanche tanto relegato nel passato. Perché presente, attuale, totalmente immerso in sensazioni che proviamo qui e ora. E che qualche volta sanno di un nostalgico tuffo nel passato, mentre altre profumano di futuro.
Gli 883 sono sempre stati lì, sospesi tra i nostri ricordi del passato, abbarbicati quasi inconsapevolmente al presente e proiettati sempre verso sogni futuri. Hanno Ucciso L’Uomo Ragno è una serie che, più che rendere omaggio al gruppo e alla loro musica, è un tributo ad una filosofia di vita. A un’idea. Ed è un’idea che è radicata nel profondo delle nostre coscienze di giovani allo sbaraglio, a volte troppo entusiasti, altre volte troppo rassegnati e rinunciatari. È una strada, quella dei sogni da rincorrere, che per quanto disastrata, dissestata, inaccessibile e solitaria, vale sempre la pena andarsi a cercare. Senza navigatore, con la cartina in mano che fa volume nell’auto senza aria condizionata.
Come Max e Mauro, che battono le strade della loro nuova vita restando agganciati a quella precedente.
Perché non possono promettere qualcosa che non hanno, perché Quello che non sono Non posso esserlo, Anche se so che c’è chi dice Per quieto vivere Bisogna sempre fingere. Ecco, una cosa che Hanno ucciso l’uomo ragno 1×07/1×08 non è proprio in grado di fare è questa: fingere. La serie tv è autentica al punto da risultare persino anacronistica per i nostri tempi. Tempi di remix, aggiunte e rimozioni di suoni, che però, se sviscerati più intimamente, anelano a qualcosa di più genuino. Di vintage. Come La regina del celebrità o Rotta X casa di Dio, che non passano mai di moda. Che sono un culto.
Gli 883 possono essere considerati a tutti gli effetti un oggetto di culto, anche se non finiscono mai a prendere polvere in bacheca. Sono un vintage che ci appartiene, che ha contraddistinto una parte della nostra vita e che condiziona ancora la nostra visione di futuro. Dobbiamo tirare fuori una canzone che tra vent’anni la gente deve cantare ancora, aveva detto Pierpaolo mentre cercava di aiutare Max e Mauro a trovare il singolo perfetto per dare un titolo al loro primo album. Di anni ne sono passati più di trenta da quell’estate del 1992, quando due ragazzi di Pavia salivano sul palco del Cantagiro per proporre il loro nuovo rivoluzionario pezzo.
Non erano come loro, come quei cantanti pop che sfondavano la scena e si sentivano a proprio agio nelle luci psichedeliche della città.
Mauro e Max avevano la faccia un po’ da sfigati, da ragazzi trasandati della provincia che sudavano i testi nel chiuso di una tavernetta anonima. Erano gli impresentabili che avrebbero scritto una pagina importante della storia della musica italiana. Non perché le loro doti canore fossero in grado di far accapponare la pelle, né perché le loro voci fossero esattamente qualcosa di sublime da ascoltare. Più semplicemente, perché sapevano parlare di noi, di loro, di tutti. Gli 883 hanno saputo creare una connessione tra i loro testi e le nostre vite talmente forte da stravolgere le regole del gioco. Da far acclamare come vincitori, una volta tanto, quelli che non rispecchiavano gli standard dei cantanti di successo.
Allora: lode agli impresentabili! Perché le canzoni di Max e Mauro (ecco cosa fa oggi il vero Mauro Repetto) ci hanno accompagnati per trent’anni e continueranno a cantarle dopo di noi altrettante generazioni di ragazzi che, in un modo o nell’altro, si sentiranno rappresentati dalle loro parole. Hanno ucciso l’uomo ragno 1×07/1×08 è stata in grado di cogliere questa sfumatura, di intercettare questo pensiero e di intrufolarsi in quell’idea, trasformandola in una serie tv incredibile. Lo show di Sydney Sibilia ha rubato l’anima agli 883 e l’ha messa tutta in questo prodotto che rischia di diventare la serie italiana dell’anno.
Hanno ucciso l’uomo ragno 1×07/1×08 segna la fine di questo splendido ciclo.
Una fine che è poi l’inizio, perché la leggendaria storia degli 883 inizia in quell’estate del 1992 tra Cantagiro e Aquafan di Riccione e fondamentalmente non finisce più. È un racconto senza fine perché va oltre il destino di Max Pezzali e Mauro Repetto (perché si sono sciolti gli 883?). Gli 883 hanno scritto le pagine di quel copione e poi le hanno sparpagliate in giro per il mondo, facendo sì che le loro storie appartenessero a ciascuno di noi. E che fossero, appunto, senza fine. Ma Hanno ucciso l’uomo ragno 1×07/1×08 ci dice anche che il destino si scrive attraverso la somma delle proprie scelte. I sogni si modellano attraverso le svolte che prendiamo e in base alle decisioni che assumiamo arrivati nei pressi del grande bivio.
Destra o sinistra? Nord sud ovest o est? Andare oltre le difficoltà o adattarsi? Insistere a testa bassa o accontentarsi di una macchina color mer*a?
Se Mauro Repetto non avesse iniziato a ballare, sul palco del Cantagiro, forse il successo degli 883 si sarebbe esaurito in quella stessa estate del 1992. E se Silvia (chi è Ludovica Barbarito, l’attrice che la interpreta?) non avesse fatto ingaggiare a Max una quotidiana guerra con la razionalità dopo quel primo bacio dato sul Ticino, oggi intere generazioni di italiani non avrebbero mai cantato Come mai ma chi sarai per fare questo a me. La facilità con cui Hanno ucciso l’uomo ragno 1×07/1×08 si è intrufolata nella nostra sfera emotiva intercettandone le chiavi giuste merita un plauso. Sydney Sibilia e Sky hanno tirato fuori esattamente il pezzo che non sapevamo di voler ascoltare. Fino allo sfinimento.
E diciamoci la verità: nessuno si aspettava che Hanno ucciso l’uomo ragno potesse essere una serie tv così bella. Ci aspettavamo una serie biografica. Divertente magari, aderente alla realtà, ma non così entusiasmante. Non così malinconica, spensierata, emozionante, frizzante e intima. Hanno ucciso l’uomo ragno 1×07/1×08 è la Canzone d’amore che ha trovato le parole per dire quello che voleva dire. È La lunga estate caldissima con quel senso di vita che scende e che va dentro fino all’anima. Il viaggio al centro del mondo, dove succede tutto e puoi fare quello che vuoi. Lo spirito degli Anni d’oro, quelli del grande Real, di Happy Days e di Ralph Malph.
Il Giorno così, quello che cancella i centoventi giorni stro**i e ci caccia via tutti gli sbattimenti che ogni giorno sembran sempre di più e ogni giorno fan paura di più.
Però non adesso. Perché adesso è quel momento in cui ci ritroviamo dentro le sfumature di una storia e proviamo a godercele fino all’ultimo istante disponibile. Perché Hanno ucciso l’uomo ragno già ci manca tantissimo. Ci è mancata appena è iniziata e ci mancherà ora che non avremo più quel breve appuntamento settimanale con cui ritrovarci. Perciò grazie per ogni istante di questi otto splendidi episodi. Che ci hanno sussurrato che il mondo può sembrare migliore, anche solo per un attimo e che, se ora sento che ce la posso fare, è anche grazie a voi. Quindi, ancora una volta: grazie mille.