Non ci gireremo intorno, andremo dritti al punto. E per farlo useremo una sola parola: finalmente. Negli ultimi anni, guardare una Serie Tv italiana biografica significava spesso e volentieri (chiaramente non sempre) imbattersi in espedienti già noti, stereotipi, drammi, trame spesso simili legate a fatti di cronaca. E se beccavi una biografia, molto spesso, dovevi fare i conti con una storia che sembrava voler emulare una figura aulica, fatta di porcellana, che non potevi spostare per paura di rompere in mille pezzi. E poi la luce. Il sole che splende proprio lì dove credi che avrebbe piovuto. Questo sole si chiama Hanno Ucciso L’Uomo Ragno – La leggendaria storia degli 883, la nuova Serie Tv Sky (disponibile anche su NOW) che parla degli 883 e, allo stesso modo, ti fa dimenticare di star raccontando gli 883.
Com’è che si dice nel gergo giovanile di oggi? Dateci un attimo per rifletterci, perché nessun termine rifletterebbe al meglio quello che vogliamo dire adesso. Sì, ci siamo: si dice senza menate. Boom. Hanno Ucciso L’Uomo Ragno – La leggendaria storia degli 883 (qui il teaser), in queste due puntate, promette così talmente bene che da adesso vivremo con la costante ansia che qualcosa possa andare storto durante lo sviluppo.
Dalla fine di quelle prime due puntate, non smettiamo di pensarci. Perché in solo un’ora e mezza di visione questa Serie Tv è riuscita a mettere in campo una dinamicità, una freschezza, un sapore di nostalgia, di adolescenza, di cose vissute e di altre mai vissute che non riusciamo a toglierci dalla testa. E il tutto con un’ironia naturale e spontanea (senza menate, appunto) che l’ha resa una vera e propria dramedy, un termine che prevalentemente ci ritroviamo a usare per le Serie Tv internazionali, e che invece qui appare doveroso.
Hanno Ucciso L’Uomo Ragno – La leggendaria storia degli 883 funziona, e funziona davvero bene. Talmente tanto che, se dovesse continuare così, potrebbe diventare una delle migliori Serie Tv italiane degli ultimi anni
Due sole puntate, ma così tante sensazioni addosso. E il tutto senza mai alcuna confusione riguardo alla propria identità. Non è raro che alcune Serie Tv, provando a rendersi grandi in più campi, alla fine finiscano per cadere in una trappola che le nega di qualsiasi tipo di personalità. Né carne e né pesce insomma. Briciole di qualcosa che non riescono a far identificare il sapore. In Hanno Ucciso L’Uomo Ragno – La leggendaria storia degli 883 tutto questo non succede e, in sole due puntate, ci ritroviamo con addosso un senso di nostalgia quasi divertente. Una malinconia che fa il solletico facendoci sì pensare ai tempi andati, ma ricordandoci anche che ne abbiamo altri di fronte da vivere. E a spiegarcelo non c’è niente di meno che la storia degli 883. Di Max Pezzali e Mauro Repetto, quei due miti lì. Esatto.
Focalizzando la narrazione sugli inizi del loro rapporto, Hanno Ucciso L’Uomo Ragno – La leggendaria storia degli 883 ci fa fare un tuffo nell’adolescenza di due ragazzi all’apparenza mediocri. Di quelli a cui non daresti mai la tua fiducia. Sono adolescenti, innocenti, puri, e sognatori. Sono il ritratto di quello che presto diventerà un’istituzione vera e propria della musica italiana. Degli anni d’oro del grande Real, Happy days e di Ralph Malph.
In questi primi due episodi sono solo all’inizio. Da scrivere c’è ancora una carriera intera. Perfino le basi stesse. Quel che sappiamo ha a che fare con sogni e speranze, e una certa timidezza nel concretizzarli. Una timidezza che rende Max tanto insicuro quanto spaventato dalla sua stessa ombra, ma mai una vittima delle sue stesse debolezze. Quando arriva Mauro, Max scopre infatti di potersele mangiare tutte a colazione. Di essere tanto di più di quel che avrebbe mai potuto immaginare.
E come non parlare in questo senso del personaggio di Mauro Repetto che, in solo poco meno di un’ora, ci consegna sia una grande interpretazione comica di un attore – Matteo Oscar Giuggioli – destinato a fare strada, sia il racconto mai retorico delle proprie fragilità. Perché il Mauro di Hanno Ucciso L’Uomo Ragno – La leggendaria storia degli 883 rischia di diventare davvero uno dei personaggi delle Serie Tv italiane più introspettivi e vicini al telespettatore degli ultimi anni. Non possiamo spingerci troppo oltre con la descrizione, rischieremmo di rovinarvi la sorpresa, ma se c’è una cosa che possiamo dirvi, questa è che Mauro rappresenta una delle paure più intrise nell’essere umano. Quella costante sensazione di non essere mai all’altezza, di essere sempre e solo condannato alla mediocrità.
Gli anni ’90 in Hanno Ucciso L’Uomo Ragno – La leggendaria storia degli 883 ricoprono, almeno per il momento, un ruolo fondamentale. Sono il palcoscenico su cui Max e Mauro si stanno esibendo. Fanno da spalla. Diventano, all’occorrenza, anche attori protagonisti. Ma mai, nel loro caso, si piange sui tempi andati. Perché sono vivi, qui. Ci fanno sorridere, ci fanno ricordare o immaginare. Non ci fanno rimpiangere il passato, togliendoci di dosso qualsiasi tipo di masso ci pesi sulle spalle. Avete mai conosciuto la nostalgia felice? Perché è esattamente questa la sensazione di questa Serie Tv Sky. Un’operazione tanto complessa quanto, per fortuna, qui riuscita.
A volte rischiamo perfino di dimenticare che quella di fronte a noi è la storia di due miti. Ci sembrano – e di fatto lo sono – due adolescenti come tanti, con i sogni e le speranze di chiunque di noi, con l’unica differenza che di loro conosciamo il finale. Sappiamo il trionfo e le glorie. Le canzoni cantante sotto al cielo. Quelle cantate con in mano una chitarra. Sappiamo degli anni d’oro e del mito che si è consacrato. E sappiamo chi siamo stati noi, attraverso la loro musica. Conosciamo tutto questo ma, giuriamo, per un attimo ce lo siamo dimenticati. Perché Mauro e Massimiliano qui sono due qualunque, un po’ troppo incauti e istinitivi, di certo non con la passione per la scuola e con la voglia irrefrenabile di farsi un giro in motorino parlando di musica. Perché chissà, magari ne esce qualcosa.
Hanno Ucciso L’Uomo Ragno – La leggendaria storia degli 883 non l’avevamo proprio vista arrivare. L’avevamo guardata con la coda dell’occhio, immaginando erroneamente la solita solfa. E invece, dopo soli due episodi, siamo pronti a scommettere di essere di fronte a un’ottima Serie Tv italiana. Completa. Tanto malinconica quanto attuale. Perché se è vero che certe cose passano, alcune non passano mai. E gli 883 no: non passano mai.
Annalisa Gabriele