Attenzione: la recensione contiene spoiler sulla prima stagione di Heartstopper
Tratta dall’omonima graphic novel di Alice Oseman, che nella serie riveste il ruolo di sceneggiatrice, Heartstopper è l’ultimo teen drama arrivato in casa Netflix. Nonostante la grande popolarità dell’opera letteraria nel mondo anglosassone e la presenza nel cast di uno nome importantissimo, quello dell’attrice premio Oscar Olivia Colman, la serie è uscita in Italia senza destare alcun clamore, probabilmente poiché spesso i teen drama prodotti da Netflix non godono di una grande reputazione a livello qualitativo e vengono criticati da una parte degli spettatori per essere molto simili (come vi abbiamo raccontato qui). Tuttavia, giudicare Heartstopper soltanto basandosi sui precedenti del colosso dello streaming sarebbe un grave errore, soprattutto considerando che negli anni Netflix ha prodotto anche opere adolescenziali di grande spessore e originalità, come Non ho mai…, On My Block, o la splendida Sex Education, a oggi considerata uno dei migliori teen drama di sempre (qui ne potete trovare altri, soprattutto se siete stanchi dei soliti cliché del genere). Heartstopper si inserisce sulla scia di queste produzioni, che forse non rappresentano i maggiori successi della piattaforma a livello di visualizzazioni (con l’eccezione di Sex Education), ma che contribuiscono a elevare notevolmente la qualità delle serie Netflix, regalandoci storie importanti raccontate da prospettive nuove, che sfidano le modalità narrative imposte da un genere così ben definito come quello del teen drama. La storia dell’amore tra Charlie e Nick, adolescenti alle prese con la scoperta dei loro sentimenti e della loro sessualità , è portata in scena con una delicatezza rara, con un attenzione al realismo e alla corretta rappresentazione dell’adolescenza che trascendono quella smania di esacerbare il dramma e l’eccesso spesso al centro dei più importanti capisaldi del genere.
Heartstopper è una novità perché non vuole sconvolgere, non vuole educare, non vuole intrattenere a tutti i costi né porsi in competizione con altre serie, vuole soltanto raccontare la sua storia. Una storia, lasciatecelo dire, che non potrà fare altro che scaldarvi il cuore, tanto che più volte vi sorprenderete a sorridere senza nemmeno accorgervene mentre guardate lo schermo.
La trama di Heartstopper non è né vuole essere originale: ragazzo incontra ragazzo, ragazzo si innamora ma non sa se è ricambiato, scopre di essere ricambiato, (temporaneo) lieto fine. Se è vero che la storia tra Charlie e Nick si distingue da altre relazioni portanti nei teen drama perché vede al centro l’amore tra due ragazzi, questa non è una ragione sufficiente a spiegare perché Heartstopper è una serie così riuscita e nuova, dal momento che fortunatamente il panorama televisivo contemporaneo offre una moltitudine di esempi di amori queer, tanto che la presenza di coppie omosessuali non è più un elemento in grado di creare scalpore o attirare da solo l’interesse (o l’avversità) del pubblico. Quello che rende la serie basata sull’opera di Oseman così incantevole e credibile è l’attenzione all’emotività e al realismo, la capacità di raccontare l’innamoramento e la scoperta di sé con una delicatezza rara, che mette al centro proprio la crescita dei suoi protagonisti in un momento della vita che li vede affrontare grandi cambiamenti.
Il realismo di Heartstopper non è quello crudo di Euphoria, né quello senza filtri di Sex Education, bensì risiede nel non avere paura a mostrare l’adolescenza come periodo ancora legato all’infanzia, in cui non si è ancora adulti, ma si inizia a diventarlo. Particolarmente riusciti a questo riguardo sono due elementi: il casting e il profilo psicologico dei protagonisti. Innanzitutto, tutti gli attori e le attrici scelti per interpretare personaggi adolescenti sono effettivamente adolescenti e non venticinquenni che dimostrano venticinque anni, il che è perfettamente coerente con l’aria di innocenza che permea Heartstopper. Non soltanto il casting rispecchia in maniera strabiliante quanto dei personaggi è mostrato nella graphic novel, ma è anche impeccabile nel momento in cui attori giovanissimi riescono a dividere con successo la scena con un mostro sacro della recitazione come Olivia Colman, che nella serie interpreta la madre di Nick.
Eppure il vero punto di forza di Heartstopper, che risalta alla luce di una sceneggiatura fresca e realistica e grazie alla presenza di interpreti giovani ma di grande talento, è l’evoluzione dei protagonisti, sia a livello personale che di dinamiche di coppia e di gruppo. Raramente in televisione si è avuto il coraggio di portare in scena una storia che non volesse fare altro che dipingere una realtà non incredibile, non fuori dagli schemi, non emotiva all’inverosimile, ma soltanto quotidiana, delicata e imperfetta come la vita. Heartstopper lo fa dal principio, scegliendo come protagonisti due adolescenti che non hanno nulla di diverso da migliaia di altri adolescenti, la cui storia in fondo non è così dissimile da quella di molti ragazzi.
Charlie Spring non voleva fare coming out davanti a tutta la scuola, ma le voci girano e presto si trova ad essere l’unico ragazzo notoriamente omosessuale della scuola, vittima di atti di bullismo sottili ma costanti nonostante la presenza al suo fianco di una rete di supporto amorevole composta da amici e parenti. Il trauma di Charlie, che lo spinge a sentirsi sempre di troppo, a credere di essere un peso per tutti coloro che gli stanno accanto, a elemosinare amore perché convinto di non meritarselo, è rappresentato in Heartstopper con una sensibilità rara, che appare evidente in due momenti particolari: il primo bacio con Nick e quando pensa di dover lasciare il ragazzo perché convinto di renderlo infelice. Le due scene sono punti di svolta non soltanto all’interno della serie, ma anche per Nick, il cui percorso speculare e parallelo a quello di Charlie è portato in scena con altrettanta delicatezza. Nick, sportivo e popolare ma non per questo crudele, lontano dagli stereotipi che di solito vengono attribuiti a questo tipo di personaggio, scopre la sua bisessualità gradualmente, si fa domande e chiede tempo, ma non è mai irrispettoso dei sentimenti di Charlie e anzi impara durante la serie a conoscere la profondità delle sue insicurezze, cercando in ogni modo di diventare per il ragazzo un rifugio, la persona che vuole solo supportarlo e proteggerlo dal dolore del mondo.
Le storie dei personaggi minori si intrecciano perfettamente a quelle dei protagonisti, portando in scena un microcosmo inclusivo che mostra come la televisione contemporanea possa e debba combattere perché vengano rappresentati come parte della quotidianità e del mondo adolescenti la cui sessualità o orientamento di genere deviano dal paradigma dominante cis-etero. In nessun momento appare forzato l’inserimento della storia d’amore tra Tara e Darcy, né nessuno nella serie si permette di commentare la transizione di Elle, dimostrando come sia possibile un nuovo modo di fare televisione, che non è inclusivo perché lo impone qualcuno, ma perché vuole riflettere la realtà.
Gli otto episodi di Heartstopper volano, raccontando una storia che è straordinaria nella sua normalità. Durante la prima stagione della serie, nonostante il poco tempo a disposizione, i personaggi vengono delineati alla perfezione e immedesimarsi è tanto naturale quanto speciale, perché permette di vivere quasi come ne fossimo i protagonisti. Una fiaba di rara dolcezza, pura e in grado di scaldare anche il più glaciale dei cuori. Heartstopper è la dimostrazione che Netflix quando vuole sa produrre serie originali e di grande qualità, che grazie al passaparola possono avere un successo tanto sorprendente quanto meritato.