Il seguente articolo contiene SPOILER sulla seconda stagione di Hellbound.
La seconda stagione di Hellbound, serie sudcoreana ideata da Yeon Sang-ho disponibile su Netflix, ci ha raccontato un’esperienza totalmente diversa dalla prima. Se nella stagione d’esordio il pubblico è stato travolto dalla brutalità delle apparizioni ultraterrene e dal fanatismo religioso, Hellbound 2 vira verso una forma di terrore più sottile e psicologico. L’orrore non è più solo visivo ma si insinua lentamente, lasciando lo spettatore con un senso di inquietudine che si amplifica a ogni episodio. La trama si addentra nelle conseguenze emotive e sociali delle condanne divine, esplorando l’impatto sui singoli individui e sulla società. Con meno scene cruente ma una narrazione più intensa, la nuova stagione riesce a terrorizzare senza bisogno di eccessi visivi, confermando che il vero orrore spesso si cela nell’attesa e nell’incertezza. Hellbound 2 riesce così a essere ancora più spaventosa della prima, oltre che più consapevole, in modo sottile e raffinato.
Nella seconda stagione Hellbound ha ridotto gli artefici (migliorandoli) per concentrarsi su un contenuto da brividi
Il primo capitolo di Hellbound era stato sconvolgente per tanti motivi. La serie diretta da Yeon Sang-ho, regista di Train to Busan e del recente Kiseiju – La zona grigia, spin-off dell’omonimo manga, aveva stupito tutti fin da subito. In pochissimo tempo era stata capace di battere ogni record, diventando la serie tv più vista al mondo in poche ore. Tuttavia, gran parte del successo di Hellbound era stato trainato dall’entusiasmo generato da Squid Game, altro prodotto coreano che aveva visto luce poco tempo prima. L’onda dell’entusiasmo si scontrò, a suo tempo, con lo scetticismo generato da un’opera controversa, molto più complessa di quanto ci si potesse aspettare. A mentre fredda, Hellbound non era stata apprezzata quanto Squid Game, ma la seconda stagione potrebbe aver risposto anche ai più scettici. Il complesso mondo narrato in Hellbound ha definitivamente assunto le sembianze di un inferno post-apocalittico in cui non ci sono certezze.
La prima stagione era riuscita a suscitare l’interesse del pubblico di fronte a questa strana creatura. Al di là dei dubbi lasciati da un uso piuttosto superficiale della CGI, la trama e la struttura narrativa avevano sorpreso tutti. Quello raccontato in Hellbound è un mondo post-apocalittico in cui la popolazione è minacciata da improvvise sentenze a morte seguite da brutali esecuzioni che avvengono per mano di creature demoniache. Tali creature sono, di fatto, l’unico elemento realmente sovrumano di Hellbound. E’ bene specificarlo perché, in effetti, tutto ciò che c’è di mostruoso nella serie coreana fa totalmente parte della dimensione “umana”. Una dimensione che sfrutta a proprio vantaggio la contestualità del dramma che l’umanità sta vivendo. I veri protagonisti di Hellbound sono i santoni e le aziende, perché di questo si parla, che cercano di mantenere intatto lo status quo.
Ma qual’è lo status quo di un mondo in evidente autodistruzione?
E’ proprio questo il dubbio di fondo a cui tenta di dare una risposta Hellbound, seppur senza fornire una risposta effettiva. Mentre tutto va a rotoli, mentre chiunque, da un momento all’altro, rischia di ricevere la chiamata che lo condurrà all’aldilà, la Nuova Verità, Punta di Freccia e la neonata cellula Sodo si contendono i favori della platea. La prima stagione della serie aveva riservato parecchia enfasi al dramma vissuto dalla popolazione. L’impotenza vissuta di fronte alla condanna divina non poteva che generare paura. Ma nel presente della seconda stagione di Hellbound, che riprende quattro anni dopo i fatti del primo capitolo, questa paura è ormai normalità. L’attenzione si sposta dal dramma della gente comune alla follia di una società ormai in caduta libera che si preoccupa soltanto dell’attenzione della folla. Non è più una corsa alla scoperta della verità, un modo per interrompere il flagello divino.
Hellbound 2 è più che altro una gara a chi arriva prima. E’ emblematico il passaggio in cui il leader della setta, rivolgendosi alla risorta Park Jungja, la insulta liberamente, le dà della “pazza”. Perché ormai tutto il caos sembra una sotto trama, niente di più: è più importante sopraffare gli altri. Punta di Freccia e Nuova Verità si contendono il favore del pubblico vantando come eletti gli stessi che fino a qualche anno fa erano dei peccatori giustamente condannati a morte. Dopo la rinascita di Park Jungja, madre single che aveva barattato la propria condanna in cambio di soldi per i propri figli, quest’ultima diventa un’icona. Poco dopo anche Jinsu, il presidente e fondatore di Nuova Verità, torna in vita. Ma il suo ritorno è ancora più pesante a livello mediatico e si scatenerebbe una silenziosa lotta per ottenere i suoi servigi.
In un mondo in cui il caos ha preso il sopravvento e ogni schema è saltato, l’unica voce bianca sembra essere Min Hyejin
In termini narrativi, i personaggi di Hellbound non sono cresciuti più di tanto, bisogna essere onesti. Sarà la tanta carne al fuoco, sarà una gestione frammentata in funzione del ben più caotico schema delle masse. Poca empatia, ma forse è proprio questo l’obiettivo di Hellbound, il suo messaggio. La paura della morte e del niente rende tutti carnefici, persino i più deboli, soprattutto i più deboli. Ne è la dimostrazione Miss Sunshine, la fanatica di Punta di Freccia che comincia a sperimentare le dimostrazioni di massa, finendo per suicidarsi in poco tempo. Ma perché abbracciare la morte invece che tentare di evitarla? Ancora una volta, la risposta la si trova nella collettività. Ormai il popolo si è inconsciamente arreso all’idea dell’apocalisse. Hellbound ci mostra come in un contesto di totale disperazione non conti tanto la umana paura di morire, quanto più quella di non essere i primi a farlo e, soprattutto, di non essere i soli.
La seconda stagione di Hellbound ci rivela che la serie non parla alle masse, ma delle masse. Racconta di come la maggior parte delle persone, in un contesto estremizzato in cui il divino condanna a morte senza scrupoli, chi più inconsciamente e chi meno andrebbe direttamente incontro alla propria fine. L’unica voce bianca è quella dell’avvocatessa eroina Min Hyejin, che combatte il proprio sistema pur di inseguire un ideale impossibile. E nel mentre guida verso l’alba di un nuovo giorno, o forse di una nuova catastrofe definitiva.