Nessuno si è ancora ripreso da quel 26 aprile 1478. Soprattutto Lorenzo. Di quel ragazzo pieno di ideali totalmente deciso a perseguirli non è rimasto più niente. Lorenzo è più adulto, meno spensierato della scorsa stagione de I Medici. Fin dalla nascita il suo destino era segnato. Al peso di dover provvedere alla propria famiglia si è poi aggiunto quello della salvezza di Firenze, perché tenere in piedi la città equivale al bene dei Medici e viceversa. E poi Giuliano è stato ucciso. Tutto è diventato improvvisamente più complicato e Lorenzo, per proteggere ciò che ama, è dovuto scendere a compromessi con i propri valori. È diventato un uomo duro, plasmato dalla vita, dal dolore e dalla morte. Un uomo diverso, come gli dice duramente Botticelli. Consumato dalla vendetta.
Quest’ultima non lo porta ad accettare le condizioni imposte da papa Sisto IV. Non può chiedere perdono all’uomo che ha contribuito all’assassinio di Giuliano. Allo stesso tempo, il Papa non può ammettere di aver fatto parte della congiura. Sono due rette che procedono parallele e che mai si incontreranno. E ancor di più non può accettare che a portare il messaggio del papa sia Riario, l’unico dei congiurati ancora rimasto in vita. Anche lui alimentato dalla stessa vendetta che brucia dentro Lorenzo.
Nessuno si piega, inevitabile e la guerra.
Le conseguenze più gravi si vedono per Lorenzo. Deve salvare Firenze perché quello è il suo scopo. Deve proteggere la sua famiglia quando viene attaccata nei suoi momenti più intimi, come durante il parto di Clarice. Una guerra scatenata non solo dalla vendetta ma anche e soprattutto dal potere, uno dei temi centrali di questi due episodi de I Medici. Più precisamente è la lotta per conquistarlo. Ci sono tre livelli in queste puntate, che si intrecciano l’uno con l’altro.
C’è il conflitto interno a Firenze. Lorenzo vuole agire contro il Papa, ma i Priori lo ostacolano. Tuttavia, attraverso un machiavellico piano riesce a piegarli alla sua volontà, ottenendo esattamente quello che desidera. La trasformazione del comune di Firenze in dittatura, lenta e sottile, è soltanto all’inizio. Ne è la prova l’istituzione del consiglio dei Dieci. C’è poi la lotta per il controllo di Firenze. Riario vuole il potere di Lorenzo, vuole la sua città. Il Magnifico vuole la sua testa. Non si fermano di fronte a niente e nessuno pur di ottenere il loro obiettivo. Soprattutto Riario, deciso a sterminare i Medici, comprese donne e bambini.
Infine c’è il potere internazionale, quello che avrebbe stabilito il controllo dei territori della futura Italia. Un conflitto tra Firenze e Stato Pontificio che rappresenta una delle pagine fondamentali della storia del Rinascimento e che avrà un grande impatto sui secoli a venire. Dove a giocare un ruolo primario c’è Napoli. E Lorenzo dovrà fargli capire che ha fatto la scelta sbagliata e che Firenze è quella giusta.
Una guerra contro la Chiesa, questo vediano ne I Medici, che è sia letterale che metaforica per il Magnifico.
C’è differenza tra Dio e gli uomini che ne portano la voce. Le parole di Savonarola colpiscono Lorenzo, ma i suoi dubbi non scompaiono. Esiste davvero Dio? E se sì, perché permette che accadano cose terribili e gira la testa dall’altra parte? Domande che nella stagione precedente Lorenzo non si sarebbe mai posto. La sua fede era indistruttibile prima che Giuliano morisse. Un vacillamento che potrebbe mettere in crisi il suo rapporto con la devotissima Clarice. Esplicativo di questo tentennamento è il meraviglioso incontro con Leonardo da Vinci, lo scienziato-artista che vede l’uomo in maniera così scientifica da portare Lorenzo a domandarsi quale e dove sia la verità.
Un barlume di luce e di speranza lo abbiamo con Giulio, il figlio illegittimo di Giuliano, la cui figura percorre questi due episodi de I Medici. Ciò che così barbaramente e violentemente era stato strappato a Lorenzo, solo in nome dell’odio, ricompare in un’altra forma. Non più Giuliano, ma Giulio colui che può portare avanti quello che il padre aveva iniziato. Perché Lorenzo ha un disperato bisogno di suo fratello. Lo ricerca nei ricordi che servono per accompagnare le sue scelte, guidandolo come solo lui sapeva fare.
È diffidente verso il piccolo Giulio, eppure, guardandolo, non può far a meno di notare che quel bambino porta già il peso del mondo sulle spalle. Non era spensierato come lui a quell’età. Gli parla e il bambino gli mostra l’anello di Giuliano. Lorenzo si scioglie e, finalmente, lo accoglie e lo investe dello stesso “titolo” che aveva dato a Giuliano:
“Volevo che tuo padre mi aiutasse a cambiare il mondo, mi aiuteresti al suo posto?”
In generale, Lorenzo rispecchia l’evoluzione della serie tv. I Medici è diventato adulto, serio, non c’è più quella spensieratezza dei protagonisti che, nonostante tutto, riuscivano sempre a divertirsi, a concedersi momenti di pausa in un mare di impegni. Il peso della città che grava sul Magnifico lo sentiamo fin dall’inizio e così tutte le scelte che esso comporta. Daniel Sharman riesce a rendere perfettamente ogni sensazione, ogni pensiero e sfumatura di Lorenzo, soprattutto grazie al suo sguardo ipnotico, creando nello spettatore una connessione profonda con lui, anche quando le sue azioni sono discutibili.
Ritroviamo volti conosciuti come Carlo e Botticelli, altri nuovi come Tommaso e Vanni. Ognuno di loro arricchisce una trama ben funzionante, che cattura l’attenzione e non permette di distogliere lo sguardo dallo schermo. Il tempo vola via sia per questa sensazione, sia perché gli eventi sono narrati un po’ troppo velocemente. Quasi come se ci venisse riassunto tutto e noi vediamo solo le conseguenze di quei fatti. Ci sono alcune imprecisioni storiche (qui quelle della scorsa stagione) e vocaboli troppo moderni per l’epoca, ma quello che fa storcere il naso è soprattutto il doppiaggio (gli attori italiani si doppiano da soli).