ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler sulla fiction Rai Il Clandestino
Con un calzante rush finale, concentrato in un insolito doppio appuntamento settimanale, è giunta al suo termine Il Clandestino. La fiction ha dominato i palinsesti italiani nell’ultimo mese, sostenuta soprattutto dalla presenza di un gigante della scena contemporanea come Edoardo Leo. La serie tv ha seguito le avventure di Luca Travaglia, ex agente dell’antiterrorismo che a Milano intraprende l’attività da investigatore privato affianco al suo fido, e irresistibile, socio Palitha.
Abbiamo visto cose molto buone, e altre meno, in questa prima stagione de Il Clandestino. Le puntate convincono soprattutto a causa della narrazione verticale, sempre azzeccata e interessante. Ingrana meno la trama generale, che si regge sul complesso personaggio di Luca Travaglia, ma che regala pochi sussulti al pubblico. In generale, però, possiamo dire che la fiction della Rai ha convinto, confermando alcuni trend della produzione del servizio pubblico, come il poggiarsi su grandi attori, l’affrontare temi anche delicati e, in generale, una convincente freschezza narrativa. Entriamo in merito, dunque, della recensione de Il Clandestino, visibile ovviamente su RaiPlay.
Un finale di stagione all’insegna della riconciliazione
Partiamo dalla fine, dunque, dall’ultimo doppio appuntamento che ha chiuso la prima stagione della fiction Rai. Per la prima volta, il caso si spalma su entrambe le puntate di serata, conducendo Luca a fare i conti, come prevedibile, col suo passato. Il finale del primo capitolo de Il Clandestino porta a compimento le varie trame aperte nel corso del racconto, spingendo in direzione di una riconciliazione generalizzata. Al centro c’è ovviamente Travaglia, che scopre la verità sulla morte di Khadija e finalmente fa pace col suo passato, tornando a Roma e rientrando in quella casa dove ancora regnava il ricordo della sua amata.
Nel lasciare Milano, il protagonista si riappacifica, almeno in parte, anche con Maganza, e regala un momento emozionantissimo con Palitha, la spalla perfetta di cui parleremo più avanti. Tutto è bene quel che finisce bene anche per gli altri, col cingalese che riallaccia i contatti con sui figlio, Carolina che finalmente entra in armonia con la sua di figlia e Maganza che porta in questura il suo amore. Un generico, sicuramente un po’ buonista, lieto fine, che fa da cornice a un’altra puntata davvero frenetica e interessante e da epilogo a una storia che ha convinto soprattutto nella sua contingenza.
La forza de Il Clandestino è stata nei casi di puntata
La cosiddetta narrazione verticale, quella relativa alla singola puntata, è ciò che, a ben vedere, ha fatto le fortune della serie con Edoardo Leo. Il Clandestino si è composta di sei serate e ben dodici episodi. Solo quello finale è stato doppio, per così dire, mentre nelle altre occasioni a ogni puntata corrispondeva un caso da risolvere. Due a sera, quindi, in so stanza. Una struttura estremamente tradizionale, che però ha funzionato alla grande. Merito soprattutto della freschezza della narrazione, sempre interessante perché capace di affrontare temi anche impegnativi, e della presenza di un uragano come Palitha. Il personaggio di Hassani Shapi è la perfetta spalla di Edoardo Leo. La cifra comica de Il Clandestino, capace di regalarci momenti irresistibili, ma anche di emozionarci grazie alla sua sincera amicizia nei confronti del protagonista.
Il Clandestino, dunque, riprende la forma più tradizionale possibile dei crime (qui le migliori serie del genere secondo la nostra comunità), sviluppando la trama orizzontale man mano, col focus centrato sul singolo caso di puntata. Questo schema ha funzionato bene, e paradossalmente si è inceppato proprio laddove la trama orizzontale cercava di guadagnarsi spazio. A fronte, infatti, di una narrazione verticale molto azzeccata, il disegno complessivo che si è sviluppato, per così dire, sullo sfondo non ha convinto moltissimo.
Le incertezze della trama orizzontale
Ci sono state due grandi questioni che hanno dominato questa prima stagione de Il Clandestino. La prima è legata al passato di Luca. All’antenato e alla morte di Khadija. La seconda riguardava invece Carolina e la sua passione con Travaglia. Il primo argomento è stato quello più interessante, anche perché collegato pure ad altre questioni, come i frequenti litigi tra Travaglia e Maganza e la faccenda della riabilitazione di Sergio. Tutto sommato, dunque, la parte della trama che cercava di far luce sul passato e che analizzava le conseguenze di ciò che è successo a Roma nel presente se l’è cavata, anche se non ha mai brillato troppo.
La debolezza più evidente, invece, riguarda la storyline di Carolina. Il mistero dello stalker si rivela una delusione totale, con una spiegazione decisamente poco convincente e una risoluzione a dir poco frenetica. Il tira e molla con Luca, pure, non appassiona mai, anche perché tra i due personaggi non si intravede mai la giusta chimica, ben evidente invece nelle scene con Khadija. In generale, Carolina è un personaggio che non brilla, incastonata in una trama che la appiattisce ulteriormente. A lungo andare si perde parecchio interesse per lei, tanto che nel finale si riduce a una piccola macchietta nel racconto complessivo.
Il Clandestino è il trionfo di un eccezionale Edoardo Leo
Abbiamo parlato qua e là dei vari protagonisti, da Palitha a Carolina. A svettare su tutti, però, è il protagonista, su cui s’impernia totalmente il racconto. Prima di tutto, infatti, Il Clandestino è il trionfo di un attore eccezionale, ormai uno dei più grandi del cinema e della serialità italiani contemporanei. Edoardo Leo è semplicemente perfetto nei panni di Luca Travaglia. L’attore romano restituisce ogni briciolo del tormento dell’ex poliziotto. Ne incarna i più intimi anfratti della personalità. Riesce, anche solo tramite gli sguardi, a stabilire una connessione profonda con gli spettatori.
Edoardo Leo è un gigante che si muove sul piccolo schermo e si conquista totalmente la scena, vestendo i panni di un personaggio complesso ed enigmatico. Molto, ma molto, interessante. La prova dell’attore protagonista riesce a mascherare anche alcune lacune della trama orizzontale. C’è poco da aggiungere, davvero, su una prova attoriale che, di settimana in settimana, è stata sempre più preziosa e convincente. Una performance che spedisce Luca Travaglia tra i migliori personaggi delle serie tv Rai.
La Milano multietnica de Il Clandestino
A livello tematico, lo spunto più interessante offerto dalla serie Rai riguarda il melting pot che viene presentato. Il titolo stesso della serie rimanda chiaramente a un concetto legato al girovagare, per così dire, e lo stesso Luca è un clandestino a più livelli. Travaglia è un uomo in fuga, dal suo passato, ma anche da se stesso. Scappa dalla nascita, perché sua madre era libica e i suoi genitori sono stati cacciati da Gheddafi. Per sua disposizione d’animo non ha radici e, quando ha provato a metterle, queste sono saltate in aria insieme all’amore della sua vita. Questa natura di Travaglia si riflette nella Milano multietnica in cui l’uomo si muove. Le sue indagini lo portano a contatto con vari ambienti culturali, dalla comunità araba a quelle cinese e latina. E lui dimostra di sapersi sempre muovere con maestria, da comprovato uomo di mondo.
Compiamo, con Luca, un colorato viaggio in una città che accoglie persone di tutto il mondo. L’intento è più descrittivo che didascalico, non va intercettato per forza un messaggio di tolleranza o uguaglianza. Semplicemente, c’è la descrizione di una realtà, che troppo spesso viene completamente ignorata, e già questo è sicuramente un valore aggiunto della fiction Rai. Per di più, questa delineazione della Milano multietnica è anche decisamente ben riuscita, altro punto a favore della serie.
La Rai sforna un altro titolo convincente
Qui sta il cuore del giudizio complessivo su Il Clandestino. Ancora una volta, come sta piacevolmente accadendo sempre più spesso negli ultimi tempi, la Rai sforna un altro titolo che ci convince parecchio. Lo fa poggiandosi sulle spalle larghe di un grande attore, ma anche compiendo un ottimo lavoro di mediazione tra una struttura più tradizionale e una narrazione fresca e convincente. Non mancano, come abbiamo visto, alcune debolezze, ma tutto sommato sono trascurabili davanti al risultato complessivo.
Pollice in su, dunque, per Edoardo Leo e per Il Clandestino. Approfittiamone per sottolineare, una volta in più, il lavoro genuino della Rai, che negli ultimi tempi ci sta regalando dei titoli davvero interessanti. Siamo davanti a uno di questi, e la speranza è che le avventure di Luca Travaglia non siano finite qua. Nel salutarci, ci lasciamo con alcune delle migliori serie tv che potete trovare su RaiPlay, dove vi ricordiamo che potete recuperare tutte le puntate de Il Clandestino.