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Il Colore Viola è un film ancora attuale

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Il Colore Viola è arrivato nelle sale lo scorso giovedì e già punta a diventare una pellicola memorabile. O, per lo meno, ci prova. Con la pellicola di Blitz Bazawule siamo di fronte, a conti fatti, al remake del remake: Il Colore Viola infatti è, prima di tutto, un libro di Alice Walker, poi divenuto film grazie a Steven Spielberg nel 1985 e successivamente sbarcato a Broadway nel 2005 in versione musical. La pellicola attualmente al cinema, dunque, è la trasposizione del musical teatrale, e pure se non è così forte da essere considerato indimenticabile (diversamente da quanto avvenuto nell’85) non si può negare che regali grandi interpretazioni e momenti forti, portatori di tematiche che rendono tutta la storia profondamente attuale, seppur ambientata nel secolo scorso.

Una storia lontana ma vicina

Nell’arco delle due ore e mezza di film si segue la storia di Celie, giovane afroamericana che vive con la sorella Nettie e il padre Alfonso in Georgia, nel 1909. Dire che il padre sia violento e alcolizzato è quasi un eufemismo, considerando che nelle prime scene vediamo una protagonista in procinto di partorire: l’inizio del film però ce la mostra a giocare tranquillamente con la sorella, quindi dove si trova suo marito? O il suo fidanzato? Tutto risulta più chiaro poche ore dopo il parto, quando Alfonso entra in camera di Celie reclamando la proprietà del bambino. È lui dunque ad aver messo incinta (per la seconda volta) sua figlia, la quale subisce qualsiasi tipo di angheria e violenza. Tutto l’opposto è invece sua sorella Nettie, che tiene testa ad Albert “Mister” Johnson quando la chiede in moglie, e che poi abbandonerà la sua casa quando il padre tenterà di abusare di lei.

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Una dicotomia lampante quella proposta da Il Colore Viola: Celie (nel film interpretata da Fantasia Barrino) è la sorella meno avvenente, gentile e sottomessa, mentre Nettie (che ha il volto di Halle Bailey) è la sorella bella, dolce ma dal carattere ribelle, alla quale non si possono mettere i piedi in testa. Lasciata la casa natale si rifugia da Celie, che Alfonso ha dato in moglie a Mister con una contrattazione di pochi minuti. Il nuovo “proprietario” di sua sorella cerca di infilarsi sotto le sue lenzuola, essendo stato sempre invaghito di lei, ma dopo il suo rifiuto l’allontana da casa sua, giurando, fucile alla mano, di ucciderla se mai fosse tornata. Celie si ritrova così di nuovo sola, e la sua vita procede, tra violenze fisiche e verbali.

A portare luce nella sua vita sono però degli incontri particolari: quello con Sofia (Danielle Brooks), fidanzata per un periodo con uno dei figli di Mister, e quello con Shug Avery (Taraji P. Henson), vecchia fiamma di Mister che non ha mai acconsentito a vedere la sua luce oscurata da un uomo, motivo per cui è diventata una cantante jazz a Memphis. Saranno loro che, passo dopo passo, aiuteranno miss Celie a rialzare la testa, a smettere di sottostare ai soprusi del marito, perché la sua gentilezza è la sua forza e questo può portarla molto lontano. Raggiunta una situazione di maggiore serenità, l’happy ending per la nostra protagonista è dietro l’angolo, e giunti al finale non si può non pensare alla frase “e vissero per sempre felici e contenti”.

Il Colore Viola e la sua contemporaneità

Per le tematiche trattate e per la forza utilizzata soprattutto per alcune scene (un esempio fra tutti, l’arrivo di Celie a casa di Mister), Il Colore Viola si presenta come una pellicola decisamente contemporanea, che parla alle nuove generazioni più ancora che alle vecchie generazioni. Anzi, con ogni probabilità un occhio moderno fatica a comprendere in pieno le difficoltà vissute dalla protagonista: in una società in cui ogni giorno si rimarca l’importanza di far valere i propri diritti, perché un film con una protagonista che per buona parte del tempo non reagisce fa ancora presa? La risposta la si può trovare nelle notizie d’attualità, nazionali quanto estere, che a loro volta urlano a gran voce quanto sia importante far valere i propri diritti. Nel film le donne del passato parlando alle donne dell’oggi, a quelle che non si sentono abbastanza forti e continuano a chinare la testa, e a quelle che hanno una determinazione più ferrea, perché continuino ad aiutare le loro sorelle.

Dalla sua posizione Celie invidia Sofia, vorrebbe essere come lei e avere il coraggio di far valere le sue ragioni. Ma non ha mai conosciuto un modo diverso di vivere, e anche per questo, al figlio di Mister che le chiede consiglio su come rendere Sofia più ubbidiente, risponde: “Picchiala”. Non conosce un linguaggio diverso dalle botte, e vedere altre persone vivere una vita felice e lontana dal dolore che vive quotidianamente le fa provare una forte invidia. La stessa che proverà verso Shug Avery, tanto da arrivare a chiederle di poter andare via a Memphis con lei. Passeranno anni, ma alla fine il suo sogno verrà realizzato, e solo da quel momento in poi raggiungerà la sua vera affermazione. La luce in fondo al tunnel è stata raggiunta, ma le violenze subite sono state un prezzo troppo alto da pagare.

Cambiano le epoche e le zone geografiche, ma la minestra resta bene o male la stessa, in alcuni casi con risvolti anche peggiori. Per questo il film vuole portare avanti messaggi di forza e determinazione, pure se ci si sente con l’autostima ai minimi storici per poterlo fare: affermare sé stessi deve essere considerato un diritto fondamentale di civiltà.

Un titolo dal significato più profondo

A una prima visione arrivare a capire il senso vero e proprio del titolo Il Colore Viola sembra essere difficile. Non è un elemento ricorrente nella narrazione, non sembra essere rappresentativo di uno dei personaggi, eppure diventa protagonista in una singola scena, facendoci capire il messaggio che dietro questo simbolismo si vuole nascondere. Fin dall’inizio della pellicola conosciamo l’aspetto religioso e la fede incrollabile di Celie, che al tempo stesso comincia a porsi delle domande: “Se Dio ci ama tutti, perché prende i miei bambini?”. Con l’andare avanti della storia, l’aspetto religioso diventa più un contorno che il protagonista, e nel suo rimanere nascosto si manifesta solo in piccoli ma significativi momenti.

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La domanda sui suoi figli Celie se la pone più volte, e in una in particolare, durante una passeggiata con Shug Avery in un prato fiorito. In quel contesto la cantante, figlia di un pastore con il quale non parla da anni, le dice di credere nella bellezza del creato e che lei per prima, pur avendo abbandonato la famiglia, non ha mai smesso di pregare e di credere nel disegno divino. Dopotutto Dio ha creato tantissime cose belle e semplici, e tra questi cita anche il colore viola, colore degli stessi fiori del campo in cui le due stanno camminando. Un riferimento non casuale, visto che anche a livello spirituale il viola è un colore rappresentativo e con un significato simbolico ben preciso.

Nella liturgia cristiana il viola è la tonalità utilizzata dai sacerdoti nei periodi di purificazione, come l’Avvento e la Quaresima. Stando a questa immagine e ricollegandola alla fede della protagonista possiamo dedurre che per buona parte della sua vita Celie stia affrontando una serie di tribolazioni difficili ma necessarie, che la porteranno a liberarsi totalmente in un giorno non casuale, ma nella domenica di Pasqua del 1943. Una testimonianza tangibile che ormai le sue sofferenze sono finite, e che come Gesù Cristo può finalmente essere libera e raggiungere la sua piena felicità. Una domanda però sorge spontanea: Celia aveva davvero bisogno di purificarsi? Doveva patire così tanto per raggiungere la piena consapevolezza di sé?

A giudicare dal cambiamento fatto soprattutto da Mister dopo la sua dipartita, non è Celie che doveva essere purificata, ma le persone intorno a lei. Donna sempre buona, accogliente e gentile non era lei a dover essere perdonata da Dio, ma piuttosto è stata un mezzo perché le persone intorno a lei si rendessero conto dei loro errori. La partenza di Celie (che da quel momento arriverà a vestire abiti di colori sgargianti, in primis il rosso, che già abbiamo visto addosso agli spiriti liberi di Sofia e Shug Avery) getta nello sconforto più totale Mister, che raggiunge l’apice della sua depravazione rischiando di morire, ubriaco, nel suo stesso campo. Solo a un passo dalla fine prometterà di trattare bene Celie, garantendosi così una seconda possibilità.

Musica, danza e interpretazioni da Oscar ne Il Colore Viola

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Contrariamente a quanto accaduto per il film di Spielberg dell’85, che venne nominato in ben 11 categorie agli Oscar, questo remake de Il Colore Viola in versione musical di nomination ne ha avuta una soltanto: quella per la Miglior Attrice Non Protagonista a Danielle Brooks, a molti già nota per Orange Is The New Black. Con il suo carattere ribelle è impossibile per lo spettatore non innamorarsi della sua Sofia, ed è impossibile rimanere impassibili nel momento in cui la sua libertà viene minata per aver rifiutato la richiesta di una donna bianca. Prima l’insistenza nel volerle offrire un lavoro che lei non vuole, poi l’aggressione e i sei anni di carcere: vediamo come Sofia cambi radicalmente, arrivando a chinare la testa pur di tornare in libertà. Ha perso la sua vitalità e la sua forza, che ritroverà solo grazie alla ribellione di Celie. Una rinascita importante per entrambe le donne, e un’interpretazione degna di una statuetta dell’Academy per Danielle Brooks.

Le musiche e le canzoni del film, che si alternano tutte tra il jazz e il gospel, non sono nemmeno poi così pesanti, dividendosi tra ballad strappalacrime e pezzi ritmati che vogliono passare diversi messaggi, dal sensuale all’autodeterminazione di sé. Per gli spettatori non abituati ai musical può essere un po’ complicato, a lungo andare, riuscire a stare dietro a tutti i brani, ma vi posso garantire che ne varrà la pena.