Immagina. Hai vent’anni e sei in una relazione ancora acerba, di quelle giovani e spensierate nelle quali la passione conta più di tutto. A un certo punto il binomio composto da passione e irresponsabilità porta a una gravidanza inaspettata, ma comunque accolta con gioia. La tua famiglia e quella della persona con cui stai vi costringono a sposarvi e lo fate, con il pancione della sposa che spunta dal vestito. Le cose però non vanno come sperato, e dopo pochi anni andate in tribunale per il divorzio. Entrambi conoscete altre persone, vi rifate una vita e a un certo punto decidete che il vincolo già annullato davanti alla legge deve essere annullato anche davanti a Dio. Ma non è così semplice, non lo è per niente. Ora smetti di immaginare. Per tua fortuna questa storia non è tua, ma è quella dei protagonisti de Il divorzio.
Commedia familiare polacca – familiare allargata, potremmo dire -, questo film ha in sé i semi di una riflessione ben più profonda di quanto lo stile con cui è raccontato potrebbe portare a pensare. Diretto da Michal Chacinski e Radoslaw Drabik e distribuito su Netflix anche in Italia a partire da mercoledì 25 settembre, Il divorzio si concentra infatti sulla difficoltà di portare avanti un’istanza come quella dello scioglimento del sacro vincolo matrimoniale davanti a una curia non proprio bendisposta. Ma tra sottofondi musicali allegri, celebri quadri animati e intermezzi ironici tra un “capitolo” e l’altro del film, sono anche altre le riflessioni che fanno capolino nella mente dello spettatore.
Il divorzio: la trama
I protagonisti della storia che hai appena immaginato sono Malgosia e Jacek, un tempo marito e moglie ma ormai divorziati da 17 anni. Con un divorzio, tra l’altro, senza troppi drammi (e di divorzi drammatici nelle serie tv ne abbiamo visti parecchi). Il tempo per fare delle scelte di vita più adulte e consapevoli c’è stato tutto. Malgosia si è sposata civilmente con Andrzej, con cui ha avuto una figlia – l’ormai adolescente Ala – che ha affiancato la figlia precedentemente avuta con Jacek, Ilona. Il lavoro come Maestra della banda scolastica di cui fa parte la figlia minore e la vita familiare compongono la sua quotidianità, quella di una donna poco più che quarantenne tranquilla e stabile.
Non sempre si può dire lo stesso di Jacek, che in più di un’occasione riesce a innervosire lo spettatore con poche e semplici battute. O almeno così fa con me. L’immaturità dell’uomo, causa anche dell’ormai lontano divorzio della coppia, spesso e volentieri continua a fare capolino anche durante la sua vita adulta. Ma tra un colpo di testa e l’altro anche lui ha conosciuto una donna con la quale vuole (ri)mettere su famiglia. E stavolta in maniera più consapevole.
Nel piano matrimoniale dei due c’è anche la voglia di sposarsi in Chiesa, con la sposa che percorre la navata in abito bianco. Ed è proprio per questo che Jacek chiede alla sua ex moglie – nel contesto del funerale della sua stessa madre, giusto per dare un’idea della tipologia di persona – di poter avviare le pratiche per lo scioglimento del vincolo matrimoniale. Come diciamo noi in maniera molto meno precisa, di poter divorziare in Chiesa. Pratiche che però sono tutt’altro che semplici.
Non si tratta di un paio di moduli, ma di un vero e proprio processo.
Non che la semplice modulistica debba passare in secondo piano, dato che comprende domande a dir poco private – per dirne una – sulla frequenza dei rapporti sessuali durante il matrimonio. Il fatto però è che dopo le scartoffie parte il processo, uno di quelli veri e propri con dichiarazioni e testimoni più o meno attendibili. Un processo che però non è tanto agli eventi quanto alle intenzioni. Perché vi siete sposati? Perché avete divorziato? Siete sicuri di non volerci ripensare e di non voler ricominciare un cammino comune nella piena grazia di Dio?
A poco valgono le obiezioni dei due, che continuano a dire di non stare più insieme da vent’anni e di non avere intenzione di cambiare questa realtà. A poco vale anche il fatto che Malgosia si sia già rispostata. Ciò che conta sono i registri, quelli che dicono che in un lontano giorno di 23 anni fa i due si sono uniti in matrimonio davanti a Dio. Fa nulla che fossero due ragazzi molto giovani e spaventati, praticamente costretti a un matrimonio riparatore in un contesto socio-politico nel quale i figli al di fuori del matrimonio non erano proprio i benvenuti. E istanza dopo istanza, dichiarazione dopo consulto legale, i due ex coniugi ripetono all’unisono intenzioni che non vengono ascoltate da preti di ogni rango.
Sacerdoti giovani, di mezza età o che quasi non si reggono più in piedi li guardano con l’aria giudicante di chi non ha intenzione di concedergli un bene molto prezioso: la libertà di fare quello che maggiormente gli aggrada della loro vita sentimentale e affettiva. La libertà di continuare a volersi bene senza più amarsi. E allora delle domande cominciano a sorgere sempre più frequentemente: ma che vi frega? Chi credete di essere?
La leggerezza de Il divorzio non riesce a togliermi di dosso una sensazione.
Nello specifico, il fastidio nel rendermi conto che tutto questo succede davvero. Sinceramente non ho idea di come si sviluppi nella realtà l’annullamento del matrimonio alla Sacra Rota, di quante istanze e testimonianze sia composto. Né tantomeno dopo la visione di questo film ho voglia di scoprirlo sulla mia pelle. Il punto però è che due persone adulte e consapevoli, diverse e più mature rispetto a quando avevano vent’anni, si vedono costrette a giustificare le proprie scelte di vita a persone che non li conoscono, ma che si ergono a paladini della giustizia divina. E vengono giudicati per il semplice fatto che il loro percorso di vita ha preso una piega diversa da quella che si aspettavano.
È davvero più accettabile l’idea che una persona si presenti all’altare completamente ubriaca, talmente tanto da non riuscire a beccare il dito giusto per mettere la fede alla sua quasi moglie, rispetto all’idea che un marito e una moglie smettano semplicemente di amarsi? A quanto pare sì, per alcune persone sì. Ai diretti interessati in linea di principio questo non importa, ma quando il giudizio altrui si inserisce praticamente nella loro quotidianità la situazione cambia. Ce lo aspettiamo? Ovviamente sì. Gelosie e competizione vengono a galla, perché per quanto adulti e maturi, i protagonisti sono pur sempre umani.
Lo sviluppo di una commedia come Il divorzio lascia poco ai dubbi e anche all’immaginazione.
Un’istanza tira l’altra, ma non succede niente più e niente meno di quello che ci aspettiamo. Ma c’è un ma. Perché per quanto per puro gusto personale io guardi con gli occhi dell’amore i thriller psicologici e con sguardo dubbioso le commedie, è anche vero che a volte le commedie riescono a cogliere nel segno. Soprattutto, riescono a tirare fuori temi interessanti senza mettere in mezzo drammi e paranoie. Il divorzio è una di queste. Nonostante (o forse anche grazie a) i riferimenti alle antiche magagne ecclesiastiche, la trama molto lineare e le facce buffe di Malgosia, non c’è momento del film in cui io abbia dimenticato che il punto invece era un altro, e questa è a mio avviso una grande vittoria. Se poi aggiungiamo il fatto – non banale – che il film viene direttamente dalla Polonia, tanto di guadagnato.
Insomma, Il divorzio non è certo il classico film polacco da citare con gli amici cinefili per farsi belli a cena. Se sei alla ricerca di un titolo di nicchia al di fuori di Hollywood, non fa al caso tuo. Ma se invece stai cercando un film leggero in grado di lasciarti anche qualcosa, Netflix oggi potrebbe essere il posto giusto per te. E poi non dimentichiamo: un reminder sull’autodeterminazione e sulla sacrosanta libertà di scegliere chi, come e anche quando amare non fa mai male.