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Il nome della rosa 1×07/1×08 – Il gran finale

Il nome della rosa 1x07 1x08
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Il Nome della Rosa 1×07 e 1×08 sono andate in onda ieri sera. Qui di seguito la nostra recensione degli episodi.

È finita. Dopo quattro lunedì e otto episodi siamo giunti al termine de Il Nome della Rosa. Prima di addentrarci in più specifiche considerazioni su questa produzione Rai e su pregi e difetti emersi in queste ultime settimane è doveroso, come sempre, ripartire da un breve recap della trama. Così da ricordare dove eravamo rimasti alla fine dello scorso episodio. E soprattutto per aver chiaro cosa è successo in quest’ultima serata.

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Il Nome della Rosa 1×07 e 1×08: Rupert Everett e Michael Emerson

Avevamo lasciato la scorsa settimana Il Nome della Rosa con l’arresto di Remigio da Varagine da parte di Bernardo Gui. L’inquisitore, ormai consapevole del passato da dulciniano del cellario dell’abbazia, anche per le informazioni ottenute dal bibliotecario Malachia, accusa il frate dell’omicidio dell’erborista Severino. Parallelamente le guardie di Bernardo catturavano Salvatore e la ragazza occitana all’interno del mulino. Le immagini si chiudevano con il tentativo di Anna di liberarla. In queste ultime puntate de Il Nome della Rosa 1×07 e 1×08 riprendiamo, dunque, ad assistere allo sviluppo di questi due filoni narrativi. Da un lato le indagini di Guglielmo da Baskerville e dall’altro le vicissitudini della ragazza occitana e di Salvatore, destinati inevitabilmente a intrecciarsi.

Salvatore dopo la cattura subisce le torture da parte degli uomini di Bernardo. Alla fine la resistenza del deforme fratello viene meno e testimonia contro Remigio. Le sue parole, durante il tribunale allestito nell’Abbazia, di fatto condannano al rogo il cellario e la giovane ragazza.

Nel frattempo Anna riesce a intrufolarsi all’interno dell’Abbazia. Il suo desiderio di vendetta nei confronti di Bernardo la porta a cercare la stanza dell’inquisitore, ma finisce invece a incontrare il venerabile Jorge. Costui nella sua cecità la definisce “l’angelo della morte“.

Nel frattempo Remigio, alla fine del processo nel quale confessa la sua appartenenza ai dulciniani, viene accusato anche degli omicidi avvenuti nei giorni precedenti. Lo stesso cellario e Guglielmo professano innocenza, ma Bernardo è convinto di poter ottenere tramite tortura la piena confessione. Con il terrore negli occhi per quell’eventualità Remigio confessa tutti i crimini che non ha commesso. Bernardo nella sua arringa finale accomuna i comportamenti di Remigio con quelli dell’Ordine Francescano, rimettendo al papa la decisione sull’eresia o meno di quest’ultimi.

Guglielmo suggerisce a Michele da Cesena di fuggire e non presentarsi ad Avignone, ma dopo aver ottenuto il rifiuto da quest’ultimo lo invita a partire quella stessa notte. Per cercare di arrivare prima di Bernardo alla corte del papa.

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Il Nome della Rosa 1×07 e 1×08: Antonia Fotaras e Greta Scarano

Adso chiede aiuto a Guglielmo per far liberare la giovane ragazza destinata al rogo e approfittando della presenza di Jorge la va a trovare nelle celle. Anna aspettando il calare delle tenebre riesce a entrare nelle prigioni pronta a liberare i due. Qui scopre dallo stesso Remigio che fu lui a tradire Dolcino e, di fatto, a condannarli a morte certa. Anna desiste dal volerlo liberare ma non abbandona la giovane occitana. Riesce a far uscire di cella la ragazza ma appena fuori dalle prigioni vede le guardie dirigersi verso di loro avvertite da un monaco che aveva aggredito per sapere dove fossero rinchiusi i prigionieri. Rientra nelle celle nascondendosi.

Guglielmo capisce che il libro misterioso è stato prelevato da Bencio all’interno dell’erboristeria di Severino. Coglie poi, dalle accuse mosse da Remigio durante il processo, un qualche coinvolgimento dello stesso abate Abbone. Affronta prima uno e poi l’altro. Nel frattempo durante la messa muore davanti a tutti il bibliotecario Malachia.

Grazie alle parole di Bencio, su come ha trafugato il libro e lo ha consegnato a Malachia, Guglielmo capisce il segreto della sua pericolosità.

Adso e Guglielmo raggiungono quindi l’abate e lo mettono alle strette. Abbone non svela però nulla e, anzi, invita Guglielmo a lasciare l’Abbazia il giorno dopo. Il tempo stringe e il francescano decide di intrufolarsi nuovamente nella biblioteca avendo ormai scoperto come accedere al Finis Africae. L’indagine di Guglielmo ormai è al termine. È nella sua mente chiaro chi sia l’insospettabile colpevole che si muove nell’ombra: si tratta del venerabile Jorge. Sua è la mano invisibile dietro la terribile serie di delitti orchestrati allo scopo di far sparire l’antico manoscritto. Il frate francescano ha scoperto anche la natura del testo, ovvero il secondo libro della Poetica di Aristotele, dedicato al riso e alla commedia.

Nel drammatico momento in cui viene finalmente svelata la potenza filosofica e teologica del testo aristotelico lo scontro verbale tra i due degenera. L’intera biblioteca prende fuoco mentre Jorge, ormai con le spalle al muro e battuto, tenta di mangiare il manoscritto avvelenato pur di farlo sparire per sempre. Adso riesce a salvare solo poche pergamene dalla distruzione ma soprattutto riesce a condurre in salvo il suo maestro rimasto quasi catatonico difronte a tanto sapere distrutto dalle fiamme.

Il Nome della Rosa 1×07 e 1×08: James Cosmo

Anna tenta di liberare la ragazza occitana, mentre gli uomini dell’inquisitore stanno allestendo il rogo. Riesce a prendere in ostaggio lo stesso Bernardo Gui e far fuggire la giovane. Lo scoppio dell’incendio nella biblioteca, però, coglie tutti di sorpresa. Anna viene uccisa, l’intero monastero è in fiamme e continuerà a bruciare per tre giorni e tre notti. Adso, Guglielmo e gli altri monaci tentano invano di spegnere il fuoco. Fuoco nel quale si getta invece il cellario Remigio, forse per estirpare le proprie colpe.

Il Nome della Rosa si chiude, qualche tempo dopo l’incendio, con il sentito addio tra Guglielmo e il suo affezionato allievo Adso.

Con la serata di ieri si è quindi conclusa la miniserie de Il Nome della Rosa. A questo punto è doveroso tirare le somme e soppesare meriti e demeriti di questo prodotto nostrano. La prima considerazione non può che essere in relazione al pubblico. Se la prima serata aveva registrato un eccellente 27% di share le successive tre si sono attestate poco sopra il 16%. Appena sotto i quattro milioni di spettatori. Se da un lato non è un risultato per nulla fallimentare, dall’altro le aspettative erano decisamente più alte per la prima serata del lunedì in casa Rai.

Le ragioni sono molteplici. Cerchiamo di individuare almeno le principali. Innanzitutto il target. Nella produzione capeggiata dall’Italia si è cercato di dare un respiro internazionale alla serie. Girata in inglese con attori principalmente anglofoni si è sentito chiaramente il limite di un doppiaggio zoppicante. Sensazione resa ancora più evidente dal testo di partenza alla base della sceneggiatura. Il Nome della Rosa è un romanzo storico e filosofico. Il testo di Eco, oltre a essere molto accurato e preciso nelle ricostruzioni storiche e linguistiche, offre una moltitudine di spunti di riflessione. Tutto questo nella miniserie viene meno, sia per scrittura drammaturgica che, come detto, per il doppiaggio. Quest’ultimo nel migliore dei casi piatto.

Altro punto dolente è la durata. La necessità di coprire otto episodi e quattro serate ha costretto Battiato e i suoi ad allungare e aggiungere parti alla trama. Per altro sacrificando le dissertazioni filosofico teologiche in virtù di un giallo ormai universalmente conosciuto.

I flashback sulla giovinezza di Dolcino sono sembrati uno scimmiottamento di serie ben più apprezzate e monumentali, su tutti quella Game of Thrones che quest’anno vedrà la sua conclusione.

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Il Nome della Rosa 1×07 e 1×08: John Turturro

Infine l’accuratezza storica del prodotto finale è risultata ben lontana da quella maniacale precisione e competenza che ha permesso a Umberto Eco di riuscire a rendere accessibile un testo complesso a milioni di lettori per il mondo. Proprio l’esperienza di Eco è ciò che risulta più compromessa da questa serie. Era sicuramente possibile, anzi auspicabile, una maggior qualità e profondità drammaturgica visto il minutaggio e il materiale attorale e letterario a disposizione.

È quindi tutto da buttare? No, certamente no. Come detto tutto ruota attorno al target verso cui si rivolgeva questo prodotto. Il pubblico della prima serata di Rai Uno, leggendo molti commenti disponibili sul web ha addirittura trovato “troppo cupa” la fotografia della serie. E pensare che rispetto al film di Annaud (e al testo) risulta fin troppo patinata e “serena”. Evidentemente però questa è l’esigenza di questa, ampia, fetta di pubblico.

Per concludere il merito più grande, oltre ad alcune prove attorali comunque degne di nota, su tutte Rupert Everett, è quello di essere stata in grado di riportare all’attenzione del pubblico il romanzo di Eco. Secondariamente di essere riuscita, edulcorandolo forse fin troppo, a renderlo accessibile e digeribile agli spettatori della tv generalista. Evidentemente disabituati a prodotti più complessi e profondi.

La speranza, almeno la mia, è quella che un domani questo testo venga nuovamente preso in mano e rimesso in scena. Con maggior coraggio e con maggior fedeltà a quelle dissertazioni e dialoghi che hanno reso sublime e apprezzata la lettura de Il Nome della Rosa di Umberto Eco.

“Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus”

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