Con una docuserie in tre episodi, Netflix ha provato a fare luce sul principale caso di cronaca che ha coinvolto la casata dei Savoia nel corso del secondo Novecento, ovvero la morte di Dirk Hamer avvenuta nell’Isola di Cavallo, per cui è finito al centro delle indagini proprio Vittorio Emanuele, il figlio dell’ultimo re d’Italia Umberto II. Il fatto è noto ed è stato ampiamente dibattuto, ma ancora a distanza di anni e anni la verità riguardo ciò che è successo in Corsica nell’agosto 1978 non è emersa con chiarezza e, in tal senso, Netflix fa poco per districare una tela che sembra, ormai, davvero troppo aggrovigliata.
La serie era particolarmente attesa, e potenzialmente interessante, perché permetteva, come accaduto in passato con prodotti come Wanna o The Vatican Girl, di guardare uno dei casi mediatici più grandi del Novecento italiano con un occhio distaccato e impersonale, quello di una piattaforma straniera meno coinvolta nella narrazione. Missione solo parzialmente riuscita, però, per Netflix, perché pur a fronte di un lavoro documentaristico interessante, la docuserie non è riuscita a evitare le tante spine che circondano l’accaduto e ha preferito non premere troppo la mano per evitare di pungersi.
Il principe – Un documentario ricco
Nella recensione di questa docuserie incentrata sulla morte di Dirk Hamer e sul coinvolgimento di Vittorio Emanuele partiamo proprio dalla natura, esterna ed estetica, del format, ovvero quella documentaristica. Netflix fa un lavoro eccellente, come ormai è abituata a fare, nel raccogliere un numero impressionante di fonti, di materiale e di testimonianze, costruendo così un corpo archivistico che costituisce la base, forte e stabile, del racconto.
A questo lavoro si aggiunge l’adozione di un punto di vista distaccato, sempre auspicabile in una docuserie, che si limita più che altro a illustrare la vicenda, senza dare giudizi e senza nemmeno spingere lo spettatore verso una precisa direzione. In questo senso, Il Principe è una docuserie perfettamente asettica, mantiene le giuste distanze dall’accaduto e illustra, in maniera imparziale, ciò che è successo o quantomeno quello che si sa su ciò che è successo. L’intento documentaristico di Netflix è sicuramente apprezzabile, ma dietro questa distanza c’è anche una volontà, pervadente in tutta la docuserie, di non volersi spingere troppo oltre nella narrazione, mantenendo un atteggiamento super partes, ma anche troppo prudente, non riuscendo così a sfruttare fino in fondo la grande ricchezza delle fonti a causa di alcune scelte formali e narrative.
ll punto di vista del Principe
Nella docuserie di Netflix emergono, ben presto, due principali punti di vista, che si alternano e si fronteggiano per tutti i tre episodi del racconto. Uno è, ovviamente, quello di Vittorio Emanuele, che racconta in prima persona come ha vissuto quella notte del 1978 e soprattutto il caos mediatico e giudiziario che ne è seguito. Il Principe, ben presto, si spinge oltre il racconto di quella notte, provando ad accennare un ritratto del discendente di casa Savoia, puntando il mirino su alcuni temi interessanti, ma decisamente troppo generali e quindi poco approfonditi.
Il rapporto con l’Italia, ad esempio, viene sottolineato a più riprese, dal racconto del referendum del 1946 al desiderio del piccolo Emanuele Filiberto di visitare quella che gli è stata inculcata essere la sua patria, fino al tanto agognato ritorno nella penisola dopo l’abrogazione della legge d’esilio. Il rapporto tra i Savoia e l’Italia è però un tema complesso, la cui cifra non può essere data da questi brevi passaggi nella docuserie, per cui questa scelta non sembra essere stata azzeccata fino in fondo, perché lascia un senso d’incompiutezza.
Allo stesso modo, andando avanti vengono menzionati anche altri guai giudiziari che hanno riguardato Vittorio Emanuele, da una parte doverosi perché collegati alla morte di Dirk Hamer, ma dall’altra troppo fumosi e trattati superficialmente. La sensazione è che, oltre al fatto di cronaca, la docuserie abbia voluto anche tracciare un profilo del principe, ma non c’era proprio lo spazio per farlo e questo è risultato abbastanza incompleto.
La lotta di Birgit
L’altra grande voce de Il Principe è quella di Birgit Hamer, sorella di Dick, che per tutta la sua vita si è battuta per scoprire la verità su ciò che è successo a suo fratello in quella tragica notte in Corsica. Anche qui, Netflix espande piano piano la sua narrazione anche ad altre questioni legate a Birgit, come la sua immagine e il trattamento mediatico che ha ricevuto. La ragazza, infatti, è diventata una famosa modella e ha dovuto lottare con le accuse di essersi voluta arricchire col dramma del fratello e di aver sfruttato la sua morte a suo vantaggio. La sua famiglia ha dovuto affrontare una vera e propria tempesta mediatica, che però non viene delineata bene nel racconto.
Ancora più confuso è il passaggio sul padre di Birgit e Dick Hamer, Ryke Geerd Hamer, medico celebre per le sue particolari tesi mediche. Ne Il Principe si accenna alla sua Nuova Medicina Germanica in relazione alle sue convinzioni sul trattamento del cancro, ma la figura del dottor Hamer è ancora più controversa e dalla serie Netflix ne esce soltanto un piccolo abbozzo, gettato un po’ nel calderone e poi lasciato lì, senza grande impatto sul disegno complessivo.
Insomma, nell’intento di caratterizzare maggiormente quelli che, in fin dei conti, sono i due grandi protagonisti de Il Principe, ovvero lo stesso Vittorio Emanuele e la sorella di Dick Hamer, Netflix si è allontanata un po’ troppo dai propri binari, mettendo troppo spesso da parte il fatto di cronaca per concentrarsi su aspetti collaterali che però, in fin dei conti, risultano solo accennati e poco utili nella narrazione.
Il Principe – Dire tanto per non dire troppo
Come dicevamo in fase di introduzione, Il Principe si costruisce su un grandissimo quantitativo di materiale archivistico, ma prende poi, nel corso del racconto, delle direzioni poco chiare. Non c’è dubbio che la docuserie di Netflix, tutto sommato, faccia il suo, nel senso che presenta con dovizia di particolari tutto il contorno del fatto di cronaca, ma paradossalmente, proprio nel momento di andare al nocciolo della questione, rallenta, esplora altre vie e lascia in sospeso alcuni elementi importanti, come lo svolgimento del processo e gli avvenimenti immediatamente successivi agli spari.
La sensazione dominante è che Il Principe dica tanto per non dover dire troppo. La morte di Dick Hamer è, ancora oggi, circondata da moltissime ombre e la portata mediatica del caso non ha fatto altro che aumentare quest’oscurità. Siamo davanti, sicuramente, a una questione spinosa, come in parte è emerso nel racconto, con sospetti di prove manomesse, testimonianze ritoccate e via dicendo. La sensazione è che Netflix si sia voluta togliere d’impaccio, lavorando maggiormente sul contesto per evitare di approfondire determinati aspetti della vicenda e rischiare grossi scivoloni. Era impensabile, d’altronde, affrontare questioni come il rapporto tra i Savoia e l’Italia, tutte le vicende giudiziarie di Vittorio Emanuele e la famiglia Hamer nel ristretto spazio di tre puntate. Il voler dire tanto, dunque, sembrerebbe funzionale a questa volontà di non voler premere troppo sulla vicenda.
In conclusione, de Il Principe si apprezza moltissimo la sua natura documentaristica, ma questa arriva a farsi talmente esasperata da impedire di scendere nei dettagli più profondi dell’accaduto. Benissimo il lavoro nella costruzione del documentario, ma a livello di selezione tematica si poteva fare decisamente meglio. Globalmente, Il Principe è una serie interessante, su cui però Netflix ha mantenuto un atteggiamento sin troppo prudente. Tra luci e ombre, tra possibilità sfruttate e altre mancate, la storia di Vittorio Emanuele meritava sicuramente di essere raccontata e sicuramente Il Principe soddisfa questa esigenza.