ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler su Il regno del pianeta delle scimmie e sui precedenti film della saga
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A ben sette anni di distanza dall’ultimo capitolo della cosiddetta trilogia di Cesare, una delle saghe più longeve e articolate della storia del cinema ha fatto il proprio ritorno. Il regno del pianeta delle scimmie è il quarto film di questo corso, punto d’inizio però di una storia nuova, anche se in forte continuità con ciò che abbiamo visto in precedenza. Il regno del pianeta delle scimmie si pone a metà tra un sequel e un soft reboot (qui i migliori della storia del cinema), perché i riferimenti alla trilogia precedente sono evidenti, eppure il contesto presentato è del tutto inedito e la storia si segue con molta facilità, grazie anche alle apposite spiegazioni, pure senza aver visto i capitoli precedenti.
Un nuovo inizio, dunque, che tutto sommato riesce a tenere testa alla trilogia precedente. I tre film condensati tra il 2011 e il 2017 hanno rappresentato uno dei punti più alti della lunga storia della saga. Questo lungometraggio, dunque, era un grande banco di prova, che Wes Ball (reduce dall’esperienza altalenante con Maze Runner) ha superato a pieni voti. Entriamo nel vivo, dunque, di ciò che abbiamo visto ne Il regno del pianeta delle scimmie, con uno occhio al passato ma lo sguardo concentrato sul futuro.
Il regno del pianeta delle scimmie: un nuovo inizio
Quello che vediamo ne Il regno del pianeta delle scimmie è, quindi, un nuovo inizio. Si comincia dal ricordo della morte di Cesare, per poi fare un lunghissimo salto in avanti e conoscere i nuovi protagonisti. Il film, sostanzialmente, segue due direttive. La prima parte si plasma come una sorta di revenge movie di Noa, che dopo aver accidentalmente provocato l’attacco del proprio villaggio, parte alla ricerca del suo clan. Nel viaggio s’imbatte prima in Raka, una scimmia testimone dell’insegnamento di Cesare. Poi in Mae, e la giovane si prende piano piano la scena, tanto che la seconda parte diventa il suo revenge movie, pure se con ragioni meno personali e più di specie.
L’epilogo vede il trionfo di entrambi, con Noa che recupera la sua tribù e ricostituisce il clan dell’aquila, e Mae che impedisce l’accesso alla tecnologia umana alle scimmie e per di più aiuta la sua specie a connettersi. Si prefigura, in questo finale, un nuovo scontro tra i primati e gli umani, che ora sono pronti a lottare per recuperare la propria dominanza sulla Terra. Una sfida nota, ma anche inedita, perché si muove su equilibri completamente stravolti rispetto a prima.

Un nuovo mondo
Quello che ci viene presentato ne Il regno del pianeta delle scimmie è un mondo del tutto nuovo. Dopo secoli dalla morte di Cesare, le scimmie hanno ormai preso il sopravvento, complice anche la regressione degli umani che hanno largamente perso l’uso della parola. Ne consegue che, rispetto a prima, la narrazione si muove in un contesto completamente diverso. Ora siamo in un vero e proprio mondo post-apocalittico, in cui le scimmie seguono le tracce di quella che fu l’evoluzione umana, passando quindi per l’organizzazione sociale, l’allevamento e così via. Gli uomini invece, almeno all’apparenza (ma si scoprirà che non è proprio così) sono tornati a uno stato animale e primitivo. Così il passato è stato dimenticato e il mondo appare come una tela nuova, con un’immagine tutta da dipingere.
Si creano, dunque, dinamiche del tutto nuove tra uomini e scimmie. La grande novità de Il regno del pianeta delle scimmie è la quasi totale assenza d’interazione umana, parzialmente sostituita dallo sviluppo dei primati e chiaramente dalla rivelazione dell’intelligenza di Mae. Ad ogni modo, la presenza dell’uomo pesa molto meno, ma la narrazione non ne risente affatto. Merito di un’accurata caratterizzazione dei personaggi, che riesce a rendere credibile il contesto inedito allestito. Questo nuovo mondo, comunque, è il teatro del prossimo confronto, che sicuramente verrà, tra uomini e scimmie. Cambiati gli equilibri, però, cambierà sicuramente anche lo scontro e c’è molta curiosità per capire quali saranno gli sviluppi che prenderà.
L’eredità di Cesare
Il regno del pianeta delle scimmie guarda con fiducia al futuro, dunque, ma non dimentica mai il suo passato. I rimandi a Cesare sono tantissimi, ma non fungono da mero collante con la prima trilogia. Uno dei punti più interessanti del film, infatti, è proprio il significato che assume l’eredità della leggendaria scimmia, il cui insegnamento è stato evidentemente travisato da Re Proximus. Cesare auspicava uguaglianza tra le scimmie e convivenza pacifica con gli umani. Il sovrano, invece, ha premuto solo sul concetto di forza condivisa per favorire i propri scopi. In questa deriva c’è tantissimo dell’abitudine umana di strumentalizzare, a proprio favore, insegnamenti del passato, il cui significato col tempo, a causa di queste libere interpretazioni, si dimentica.
Emozionante, dunque, è il passaggio in cui Raka ricorda i veri valori insegnati da Cesare. Non è un caso se il racconto si sofferma così a fondo su questo punto. La fuorviante eredità del protagonista della prima trilogia simboleggia una certa tendenza, insita a questo punto proprio nello sviluppo cognitivo, a compiere certi errori, finendo per favorire sempre il proprio interesse. Viene teorizzato una sorta di egoismo evolutivo davvero davvero interessante.

Il regno del pianeta delle scimmie ci presenta una nuova protagonista
Come detto, i due grandi protagonisti de Il regno del pianeta delle scimmie sono Noa e Mae. Il film insiste su loro due, quasi alternativamente, e delinea quello che sembra poter essere un confronto decisivo. Particolarmente interessante, però, è il personaggio interpretato da Freya Allan (scoprite alcune curiosità sull’attrice), che per certi versi si pone come un “nuovo Cesare” per questo secondo corso. Come la scimmia, lei è la prima della sua specie (anche se sarebbe meglio dire ultima) e riesce a creare una connessione con la razza dominante. Quel ribaltamento degli equilibri che caratterizza il nuovo contesto narrativo si riflette anche qui, con un’umana, Mae, che prende i panni di una scimmia, Cesare.
Il finale spariglia un po’ le carte, mostrando l’esistenza di tanti altri umani. Per tutto il film, però, è impossibile scrollarsi di dosso la sensazione di star assistendo a una sorta di chiasmo narrativo, con le scimmie e gli umani da una parte e Mae e Cesare dall’altra. Plauso, inoltre, per Freya Allan, pronta a seguire il cammino verso il successo di molti altri suoi colleghi. Dopo l’affermazione seriale, con The Witcher (pronta a tornare prossimamente), ora è arrivato il grande blockbuster. L’attrice è pronta al grande salto, come accaduto a molti altri passati da Netflix e dal cinema.
Il regno del pianeta delle scimmie è un nuovo inizio convincente
Possiamo dire che Wes Ball ha superato ampiamente la prova, realizzando un film all’altezza dei suoi illustri predecessori. Il regno del pianeta delle scimmie possiede un apparato visivo impressionante. Riesce a gestire bene anche i tempi narrativi, calando forse un po’ solo nella parte centrale, più compassata. Bene, come detto, anche la caratterizzazione dei personaggi, così come l’equilibrio con la trilogia del passato. Viene preservato pure lo spirito della saga, altro aspetto decisamente da non sottovalutare.
Il regno del pianeta delle scimmie fa tutto abbastanza bene. Forse non viene raggiunto il livello del primo capitolo della scorsa trilogia, ma comunque il risultato è ampiamente positivo. Questo nuovo inizio fa guardare al futuro con fiducia. Ci permette di lasciarci alle spalle il dolce ricordo di Cesare per imbatterci in un viaggio nuovo e tutto da scoprire.