“A volte il nostro cammino ci è posto davanti da poteri più grandi dei nostri, allora è nostro compito lasciare che i piedi vadano dove il cuore non desidera andare“. Da queste parole vogliamo partire per la recensione della 1×08, episodio finale della prima stagione di Il Signore degli Anelli – Gli Anelli del Potere. Iniziamo dalle parole dello Straniero che ormai ritrova coscienza di sé, lui che nel Valinor era un Maia, uno spirito divino, e ora si trova a dover affrontare le difficoltà dell’incarnazione nella Terra di Mezzo. Incarnarsi, per lui come per tutti, significa sentire il peso della carne, del proprio corpo, l’eterna scissione tra il desiderio di tornare al cielo, a quelle stelle dalle quali siamo stati separati e i bisogni della materialità che ci fanno dubitare di noi stessi. Che ci inducono a pensare che la nostra sia una natura corrotta e portatrice di male.
Sono i dubbi di ogni essere umano e di ogni dio che si fa uomo, di ogni creatura che nell’imperscrutabile disegno dell’Uno e Unico è chiamata a scegliere la propria strada per riscoprire l’essenza più profonda. I dubbi dello Straniero sono i dubbi di tutti i personaggi della serie tv Il Signore degli Anelli. Sono le incertezze iniziali di Nori, preoccupata dai danni che il suo amico può provocare, del pericolo che pare accompagnarsi inevitabilmente ai suoi poteri. Sono le perplessità di Elendil che arriva a chiedersi se ha davvero fatto bene a salvare Galadriel e a dare il via a quella spirale di morte che sembra aver investito anche suo figlio. Sono le indecisioni di Galadriel, per un attimo vinta dalla tentazione di rifugiarsi in un irreale ricongiungimento con suo fratello.
Nel mondo della Terra di Mezzo il bene e il male convivono.
Sono spazi limitrofi in cui da Mordor si passa a Gondor e in cui ogni creatura deve scegliere quale cammino e direzione intraprendere. C’è un’attrattiva unica nel male, nel male nuovo, in quello più seducente e meno distruttivo di Sauron. Se Morgoth era totale malvagità, pura e semplice volontà di annientamento del creato, il male di Sauron è un male più evoluto, meditato, suadente e ingannatore. Così è nelle opere di Tolkien dove in quest’era il Signore Oscuro si traveste da Annatar, apparentemente essere saggio e progressista, che dispensa consigli ad elfi e uomini. Così è anche nella serie tv Gli Anelli del Potere in cui si nasconde dietro un pentimento apparente e una volontà di ordine e prosperità.
“Quando Morgoth fu sconfitto fu come se un grosso, serrato pugno avesse allentato la presa dal mio collo. E nella quiete di quella prima alba, finalmente, ho avvertito di nuovo la luce dell’Uno“, è questo l’inganno che Halbrand rivolge a Galadriel ed è lo stesso falso pentimento di Sauron dopo la Guerra d’Ira che aveva decretato la sconfitta di Morgoth nell’opera di Tolkien Il Silmarillion.
Già poco dopo la sua prima apparizione c’era chi, come il nostro Giacomo Simoncini, si era domandato Chi è davvero Halbrand? capendo incredibilmente anzitempo la sua reale natura. Ma per molti Halbrand è sempre e solo parso il re tanto atteso, il coraggioso restauratore della grandezza delle Terre del sud, il saggio e talentuoso fabbro che vuole lasciarsi alle spalle il passato. Così si presenta a Galadriel anche in questo episodio, quando le prospetta un futuro da regina e un regno di pace, in un ideale equilibrio tra la sua volontà di potenza e il di lei desiderio di giustizia. Bene e male fusi in un’unione finale, in una nuova alleanza che ripudia il distante e silente creatore, Eru, e prospetta un dominio su ogni luogo di Arda.
Galadriel sembra affogare, sembra tornare quel mare oscuro che l’aveva quasi inghiottita a inizio serie. Ma come allora, ha la forza di riemergere: “Non ho attraversato quell’amaro oceano solo per annegare ora“. Si domanda: “Cosa dobbiamo fare?” e la risposta è una sola: “La sola cosa che possiamo: nuotare“. È l’evangelica tentazione del deserto, quando il diavolo prospetta a Cristo il dominio su tutti i regni del mondo se si fosse prostrato.
Ma Galadriel non si prostra.
Galadriel non si prostra al male, resiste al fascino del potere, non affoga. Così farà di nuovo a distanza di secoli nel primo film della trilogia di Jackson, quando Frodo le offrirà l’anello, concentrato di potere e seduzioni: “Ed io non sarò oscura, ma bella e terribile come la Mattina e la Notte!“, dirà allora, attratta dal potere, la Dama, prima di tornare “Un’esile donna elfica” e ammettere con sollievo di aver superato la prova più dura. Questo è il potere di Sauron, un fascino seduttivo che mescola bene e male, e rischia sempre di attrarre anche i più incorruttibili. Perfino Gandalf si allontanerò impaurito dall’Unico Anello gridando: “Non tentarmi, Frodo!“. Anche per lui il pericolo è di usare “Questo anello per il desiderio di fare del bene ma attraverso me eserciterebbe un potere troppo grande e terribile“.
Sauron, di cui l’anello non sarò altro che un’emanazione, è un male subdolo, che si insinua nelle pieghe delle debolezze degli uomini. Con Galadriel fa leva sul suo desiderio di giustizia, con Celebrimbor e, in futuro, con Ar-Pharazon e i numenoriani sulla brama di potere e grandezza. Il fabbro degli elfi è sedotto dalle parole sussurrate da Halbrand tanto da ripeterle inconsciamente: “Siamo sulla soglia della creazione di un nuovo genere di potere: non di forza ma di spirito, non di carne ma di oltre la carne“. Sono frasi pronunciate da Adar, elfo sedotto al male. Sono voci diaboliche di chi vuole spingersi oltre la creazione e il creatore, costruendo una torre di Babele che possa giungere a Dio stesso.
La creazione dei tre anelli, i più potenti, pur realizzati in assenza di Halbrand-Sauron, rimangono un atto di superbia. Nascono dall’idea di poter rendere più belli e prosperi i reami elfici, dalla seducente idea che il potere può dare ordine e bellezza. “Ma perché dunque la Terra di Mezzo dovrebbe restare per sempre desolata e buia, laddove gli Elfi potrebbero renderla altrettanto bella di Eresseä, che dico, perfino di Valinor?“, afferma Sauron nel Silmarillion. Un’idea tanto attraente quanto malvagia. I tre anelli sono gli anelli del fuoco (rosso), aria (bianco) e acqua (blu): i tre elementi che compongono il mondo, i tre elementi di cui gli elfi vorrebbero disporre per dominare tutto il creato. Non è un caso che questi stessi tre anelli potranno essere, quasi al pari degli altri, in balia di Sauron quando creerà l’Unico. Nonostante non sia intervenuto nella loro realizzazione, infatti, la superbia che li anima è la stessa.
Anche Elendil è chiamato a scegliere la sua strada.
Anche lui è scisso tra bene e male, tra la facile seduzione di chi si sorprende a pensare che se non avesse salvato Galadriel suo figlio sarebbe vivo. È un pensiero molto simile a quello di Frodo in Il Signore degli Anelli – La Compagnia dell’Anello quando lo Hobbit afferma che sarebbe stato meglio che Bilbo avesse ucciso Gollum. In quella circostanza sarà Gandalf a riprenderlo duramente: “Molti di quelli che vivono meritano la morte, e molti di quelli che muoiono meritano la vita. Tu sei in grado di valutare, Frodo? Non essere troppo ansioso di elargire morte e giudizi. Neanche i più saggi conoscono tutti gli esiti“.
Così Elendil capisce che c’è una morale che supera questi pensieri corrotti, che vince il convincente male di Sauron. È la morale che restituisce valore a ogni essere vivente, anche al più imbruttito, come Gollum, perché ognuno può scegliere di cambiare il suo cammino e riscattare la propria natura. Di questo è fermamente convinta anche Nori che nonostante il male causato dallo Straniero non smette di credere in lui. Non lo fa neanche quando i seguaci di Sauron lo identificano con il Signore Oscuro, neanche quando lo Straniero stesso è convinto di esserlo. “Solo tu puoi mostrare quello che sei. Tu scegli in base a quello che fai. Sei qui per aiutare. Io lo so“, afferma convintamente Nori.
È grazie a lei, alla sua capacità di vedere il bene al di là del male, di aprirsi allo Straniero e di continuare a credere in lui che Gandalf può finalmente ritrovare se stesso. Può riconoscersi come quello spirito benevolo inviato nel mondo per contrastare il male. I creatori di questa produzione Amazon Prime Video ci forniscono così una storyline originale ma perfettamente coerente con le vicende di Il Signore degli Anelli di Tolkien. Capiamo come mai Gandalf ha così tanto amore per gli hobbit/pelopiedi, creature tanto umili quanto uniche, capaci di modificare le sorti del mondo intero. Perché, come avrà a dire Galadriel: “Anche la persona più piccola può cambiare il corso del futuro“. E d’altronde noi di Hall of Series ritenevamo proprio per queste ragioni perfettamente coerente l’identificazione dello Straniero con Gandalf già un mese fa, nella recensione “Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere 1×04 – La grande onda“.
Così Gandalf inizia a percorrere la strada che è stata pensata per lui.
Lascia “Che i piedi vadano dove il cuore non desidera andare, qualunque periglio ci attenda lungo la vita“. Sceglie cioè, a differenza di come faranno gli altri Istari inviati per lo stesso scopo (tra cui Saruman), di accettare il suo compito, per quanto questo significhi abbandonare le proprie certezze. Così decide di fare anche Nori, lasciando amici e affetti, per affiancare il suo Straniero. Lei che, umile e piccola pelopiede, è però “Parte di una cosa più grande“, come capiscono finalmente i suoi genitori. “Lui ha bisogno di te e il tuo posto è là fuori“. Gandalf e Nori come Gandalf e Frodo, pronti a seguire il proprio cammino insieme perché “Da soli è un viaggio e basta ma le avventure vanno condivise“.
Il Signore degli Anelli – Gli Anelli del Potere si riscatta in questo finale di stagione restituendoci un racconto che sa avvincere, sorprendere, a tratti entusiasmare e commuovere. Sembra di vedere uno spiraglio della luce che ha reso grande la trilogia di Peter Jackson con i suoi valori -che sono poi i valori di Tolkien- e la sua carica avventurosa. Con quel male sempre incombente e da cui tutti possono essere travolti. Ma anche con la certezza che ogni creatura ha una strada da percorrere e la possibilità di invertire la rotta e che nessuno è troppo malvagio o insignificante per poter cambiare o lasciare il suo segno nel mondo.
Questa produzione Amazon Prime Video si sveglia forse un po’ tardi (perché l’unica canzone davvero degna è relegata ai titoli di coda del finale?) e continua a registrare alcuni difetti strutturali ma è un finale di stagione che fa sperare e confidare in un futuro radioso per la serie tv, verso quella trasformazione in cult che, dopo questo finale, non sembra più così impensabile. Noi ci crediamo.
Quando sei in dubbio segui sempre il tuo naso
Gandalf a Nori in The Rings of Power e a Mery in Il Signore degli Anelli – La Compagnia dell’Anello