Attenzione! Questa recensione di Il Signore degli Anelli – Gli Anelli del Potere 1×01-1×02 contiene spoiler sulle vicende dell’universo creato da Tolkien
Nell’universo fantasy di Tolkien, quando Eru Ilúvatar, L’Unico, nel suo desiderio d’amore creò l’universo, ne demandò la pianificazione agli Ainur, esseri prodotti dalla sua mente. Una melodia correva da lui agli Ainur, arricchendosi di nuovi toni, di varietà e bellezza: una sinfonia che andava in un’unica direzione d’amore. Ma su questo tema un Ainu, il più potente, Melkor, creò una variante, sempre più dissonante, incongruente, nefasta. Nulla era male in principio ma ora il male si era insinuato tanto che i nuovi suoni attirarono a sé corruzione anche tra alcuni degli altri Ainur. Talvolta, infatti, “Il riflesso della luce nell’acqua brilla tanto quanto quello nel cielo” e diventa difficile capire quale è in alto e quale in basso.
Ma Eru creò una sinfonia nuova che seppe inglobare anche quella di Melkor: ora il bene e il male si parlavano, corrispondenti in contrappunti di suoni, in un duetto che contro la volontà dell’Oscuro Signore scriveva la storia dell’universo, del mondo. Così il Male divenne una forza faustiana che per quanto ricerchi costantemente la distruzione opera altrettanto costantemente nel Bene. Perché, come afferma Eru stesso, non è “possibile eseguire alcun tema che non abbia la propria ultima origine in me“.
Bene e male per Tolkien si parlano, corrispondono, lottano all’interno di un’unica, grandiosa, beethoveniana sinfonia, che è la melodia di tutto l’universo, l’inestinguibile scontro delle vite.
Così in Il Signore degli Anelli – Gli anelli del Potere Galadriel, forte e ostinata, bella e santa, dai capelli così splendenti che ricordano l’antica luce che illuminava gli anni degli Alberi, vive in sé il riflesso della sinfonia divina, l’eterno, melodioso scontro. Si domanda dove sia il bene, come raggiungere questo bene: lo fa vivendo nel dubbio che è il dubbio di fede, di chi costantemente è chiamato al discernimento.
Galadriel nella sua caparbia cocciutaggine vive nell’ossessione e nel desiderio di rivalsa. Anche in lei, tanto tempo prima, nella sua sinfonia interiore, era penetrato il male e ne aveva lasciato tutti i segni più drammatici: sofferenza, lutto, rabbia, disperazione. Tanti sono i cari che ha perso, tanta è la voglia di vendetta. Così, non distingue più l’alto dal basso perché la luce dell’acqua brilla tanto quanto quella del cielo. Si tuffa in quell’acqua, rinuncia al cielo, al Valinor, al paradisiaco luogo della pace per ogni elfo, perché in lei non c’è solo luce ma anche ombra. E quell’ombra esige uno spazio in cui duettare col bene.
A volte per capire quale è davvero l’alto dobbiamo tuffarci nell’oscurità. Questa è la condanna del Male nel suo inserimento nella sinfonia di Eru: operare così che attraverso l’oscurità più cupa si comprenda dove sta la luce più brillante del bene e si possa tornare a inseguirla. Galadriel sprofonda, come un sasso, nel mare cupo e nero e la luce si allontana da lei mentre i gorghi promettono di divorarla, di inghiottirla nel male di mostri e tempeste.
Ma in lei è la forza di risalire, di tornare da quel basso e rituffarsi nella sua lotta personale.
La dama devia dal canto verso Valinor e ci appare come un angelo caduto, come Morgoth, come ogni essere vivente creato (o adottato) da Eru che è veramente libero soltanto nella scelta, soltanto grazie all’esistenza del Male che non gli impone di seguire il bene ma di guadagnarselo o di rinunciarci per sempre. Melkor-Morgoth è il riflesso della luce nell’acqua, capace di brillare suadente come la luce vera, anche più di essa, all’apparenza. Ora, in queste 1×01-1×02 di Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere vediamo tale riflesso ridestarsi: le stelle nel cielo scuotersi, i frutti della terra marcire, i figli di Eru deformati e corrotti fare la loro ricomparsa.
Questa nuova serie ci mostra tutto ciò col fascino delle immagini, nelle immense lande, nei grandi giochi chiaroscurali, nelle cupe melodie e in una forza visiva con pochi pari. Lo fa con personaggi intriganti, costantemente scissi nei loro dubbi e difficoltà nel capire quale è il riflesso della luce nell’acqua e quale nel cielo. Elanor, pelopiede antenato degli Hobbit, vede da un lato gli obblighi della sua comunità, la necessità di non spingersi al di fuori di essa, tra pericoli e oscurità e dall’altro l’irresistibile attrazione per l’ignoto, in una curiosità che non vuole rinnegare.
Anche lei si tuffa nell’acqua oscura, va incontro al pericolo del male inseguendo una spinta interiore insopprimibile. Dov’è la luce? Dove il suo riflesso? Se lo domanda nei suo dubbi di fede che la spingono sempre più in là fino a che il cielo non si illumina di una luce diversa, infuocata, terribile, potente. Quella fiamma però non brucia e le restituisce qualcosa, qualcuno che non si sarebbe mai aspettata.
Lo straniero caduto dal cielo in queste due puntate di Il Signore degli Anelli – Gli Anelli del Potere viene dall’alto ma potrebbe essere figlio del basso.
Un Morgoth debilitato e non consapevole di se stesso ma di nuovo dotato di una forma fisica, o un Sauron che ci ammallia con un’apparente innocenza come farà poi tra gli elfi spacciandosi per saggio e mansueto sotto il nome di Annatar. Ma questo straniero parla alle lucciole e guarda il cielo, anela a quel cielo che è di Eru, che è del bene, e allora perché non vederlo come un figlio prediletto dell’Uno mandato lì per contrastare il male e sancire una nuova alleanza tra tutte le creature. Difficile dirlo: il riflesso della luce nell’acqua brilla tanto quanto quello nel cielo. E allora il dubbio si insinua.
Lo stesso dubbio che anima Arondir, chiamato ad abbandonare la sua guardia sulle terre del sud in passato tanto fedeli a Morgoth ma ormai apparentemente ripulite dal male. ll dovere gli imporrebbe l’addio, l’amore spinge Arondir a restare. Anche per lui lo scontro, oltre che esterno, si manifesta nella sua interiorità. Discende nel tunnel del suo spirito scoprendone mostri e oscurità che è chiamato a combattere per far sì che la luce non si estingua e il male, ormai pronto a ridestarsi, non prenda il sopravvento.
Quel male che è capace di attecchire ovunque, anche nell’innocenza di un bambino, il figlio di Bronwyn, che toccato dalla lama dell’Oscuro Signore mostra i primi segni di un contagio che può diffondersi a macchia d’olio. Lo scontro sta per rianimarsi all’interno delle coscienze come all’esterno nel mondo di Arda.
Celebrimbor ce lo conferma: in lui si agita la volontà di grandezza, il desiderio di spingersi laddove nessun grande fabbro si è mai spinto: “Voglio andare ben oltre la misera creazione di gioielli e ideare qualcosa di davvero potente“. In lui la voglia di far del bene può facilmente scivolare nell’arroganza e nell’inseguire il potere, i mali portati da Morgoth e soprattutto da Sauron.
Nel suo caso quello che ritiene la luce del cielo potrebbe, infatti, rivelarsi solo un riflesso di un abisso dal quale non potrà più uscire.
Starà a Elrond contrastare questo pericolo, una tentazione che colpisce soprattutto gli uomini ma che non esclude nessuno, gli elfi, appunto ma anche i laborosi nani che già guardano con sospetto gli estranei temendo di perdere il loro tesoro, gelosamente custodito in uno scrigno e sottratto agli occhi dei curiosi. La crescita del loro regno di cui lo stesso Elrond si è accorto e le ricchezze sempre maggiori possono far apparire qualunque riflesso più splendente della luce vera.
La lotta sta per iniziare e Il Signore degli Anelli – Gli Anelli del Potere prepara il terreno nel modo migliore, con attenzione alla caratterizzazione dei personaggi, buoni dialoghi e qualche accettabile variazione rispetto ai referenti scritti. Le maggiori difficoltà potrebbero venire proprio dal rendere iconici questi protagonisti. Su tutti spicca Galadriel (Morfydd Clark) perfetta recitativamente e anche fisicamente rispetto alla Cate Blanchett dell’opera di Peter Jackson. Ma ottime basi sembra avere anche la relazione tra Elrond e Durin, chiaramente modellata su quella tra Legolas e Gimli che tanto aveva scaldato i cuori dei fan del Signore degli Anelli.
Impossibile dire se ci troviamo di fronte a un nuovo grande capitolo della saga o a un giro a vuoto a cui si guarderà con imbarazzo tra qualche anno: le premesse sono buone ma dovranno essere confermate da una trama avvincente e da personaggi accattivanti. Quello che è certo è che questo nuovo capitolo merita di essere guardato senza troppi confronti pesanti e con sguardo non prevenuto. Chissà che a quel punto non possa anche sorprenderci e conquistare un posto anche nel cuore del fan più critico.