Soltanto poco più di un anno fa Ilary Blasi giungeva per la prima volta su Netflix con un docu-film incentrato sulla sua separazione con l’iconico e storico calciatore Francesco Totti. Caffè e borse scomparse nascoste nell’angolo di casa sono presto diventati il fulcro dell’intera narrazione, a cui Netflix ha deciso di dedicare poco più di un’oretta. Dopo il successso, però, Ilary (e la piattaforma) decidono di battere il ferro finché è caldo, scegliendo di mettere in piedi una mossa astuta: trasformare il ritorno in una docu-serie, restituendo al racconto della nuova vita della presentatrice ben cinque episodi. Una puntata da poco più di 60 minuti per raccontare il divorzio, cinque episodi per raccontare la nuova vita di Ilary Blasi: è questa la risposta della conduttrice alla fine del suo matrimonio con Totti, il Re di Roma che non le ha comunque fatto perdere la Corona da Regina.
E se ti lascia lo sai che si fa? Prima un docu-film e poi ti racconti nel momento di massimo splendore probabilmente dovuto anche al ritrovamento delle così tanto ricercate borse. Niente bambini, rarissime menzioni all’ex marito e una vita divisa tra esperienze e nuove ambizioni: Ilary giunge su Netflix nel più ironico dei modi, senza prendersi troppo sul serio o confezionando la docu-serie nella retorica della donna che rinasce dopo il divorzio.
A Ilary Blasi, almeno nella nuova produzione Netflix, non potrebbe fregargliene di meno di quel che è successo qualche anno fa. La sua vita è divisa tra un P.F.T (Prima Francesco Totti) e un D.F.T, e ‘sti ca**i (come direbbe Bastian che, intanto, apprende le basi della lingua italiana).
Si apprezza l’onesta ironia con cui Ilary sceglie di raccontarsi senza richiamare empatia o sentimenti di vicinanza da parte del telespettatore, restituendo di se stessa soltanto il ritratto di una donna a cui non gliene potrebbe fregar di meno. Ed è per questo che, seppur senza Re, a Ilary Blasi non è mai caduta la Corona.
Potevamo farne a meno? Certo che sì, ma così come potevamo fare a meno di tante altre docu-serie che, con furbizia ma neanche troppa, provano a smuovere il sentiment del telespettatore creando scenari che hanno l’unico obiettivo di suscitare empatia o vicinanza. A Ilary poco interessa. A lei importa lanciarsi con il paracadute, portare la nonna a rinnovare la patente, iscriversi all’università provando a studiare con Federica Sciarelli. Le importa ancora di meno urlare a squarciagola il suo nuovo amore per Bastian, concedendogli giusto qualche inquadratura come a dire: è qui, io ve l’ho detto. Ma adesso parliamo di me.
Seppur mai da sola, Ilary rende il suo microcosmo solo un contesto attraverso il quale esplora la nuova fase della sua vita. Non si commuove parlando di quanto la gente intorno a lei l’abbia salvata ma, al contrario, racconta di quanto le secchi abbracciarle, di quanto sia noioso il contatto fisico. Si fa vedere nel più scorretto dei modi, senza cercare di trasformare a ogni costo l’immagine che i detrattori hanno di lei.
Poco importa anche di questo: si può sopravvivere anche all’interno di un mondo che non ci ama in modo totalizzante, lasciando a chi non ci apprezza il sacrosanto diritto di non farlo. Seppur mostri una vita che fatichiamo a immaginare nostra anche nelle prossime 10 che forse ci attendono, Ilary non accende il riflettore sul lusso esagerato, ma sul modo assolutamente scanzonato con cui la presentatrice vive ognuno dei suoi privilegi. E questo la rende, se non simpatica, quantomeno godibile per il tempo di una docu-serie.
Finite le cinque puntate, ognuno torna da dove è venuto e probabilmente dimentica quel che che ha appena visto, ma anche di questo le importa ben poco. Non pretende di suscitare empatia, e rigetta anche tutto quel che il presente cerca di farle ricordare, quel per cui – probabilmente – molti telespettatori decideranno di guardare il suo ritorno su Netflix.
A quella scia di malinconia che stava per ritornare, Ilary risponde di bloccare tutto perché “non ama vedere quel che ha già visto“, quindi tenete pure per voi le immagini dell’ex marito, perché adesso non è più tempo di parlarne. C’è altro. C’è di più. Ed è quel che resta dopo, che non per forza deve essere frutto di frasi come “quanto sei brava, quanto sei forte.” Neanche una volta Ilary dà modo al suo micromondo di ricordarlo di fronte alle telecamere. Per quello ci sono le stanze private, la vita reale.
E questo, possiamo dirlo, non è scontato. Nel corso degli anni abbiamo assistito alle più disparate docu-serie auto-celebrative, e tutte in qualche modo hanno provato a puntare sull’empatia da parte del pubblico. Un po’ come nel caso della produzione basata sulla vita di Harry e Meghan che, pur di restituire una visione perfetta di sé, hanno deciso di chiamare di fronte alle telecamere anche la tata dei figli. Qui Ilary, al massimo, si è ricordata di chiamare il fidanzato per due scene. Perché la sua più grande vittoria doveva essere reggere la baracca da sola dopo una vita a essere considerata “moglie di”, deridendosi e prendendosi in giro per tutte le cose che non sa fare, per quello che alla fine ha realizzato e per tutto quello che farà .
Non s’inventa una sostanza che non c’è, non parla della Ilary che vorrebbe, non gioca sulla narrazione donna guerriera tradita e rinata. E questo ci basta per promuoverla. Anche se non avevamo assolutamente bisogno di questa docu-serie. Anche se stavamo bene anche prima, e forse adesso che è finita stiamo meglio perché possiamo tornare dalle nostre Serie Tv comfort (magari le migliori del 2024). Ci basta per poter dire che, finalmente, qualcuno si è raccontato senza chiamare in causa i racconti del trisavolo che giura quanto la bis-nipote sia umile e devota alla vita.
Perché raccontarsi non è un reato. Il narcisismo è un diritto di ogni essere umano. L’importante è saperlo dosare bene. E Ilary lo fa, senza prendersi troppo sul serio, con pessime battute e senza alcuna immagine edulcorata di sé mentre si prende cura dei figli. Il massimo del romanticismo? E’ arrivato Bastian, spegnete le telecamere? Ma che te devo fà ‘e carezze? Ma che pal*e.