ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler su Immaculate – La prescelta
Tra i titoli più attesi di quest’estate c’era sicuramente Immaculate, giunto in Italia col sottotitolo La prescelta, confermando il trend tutto nostro di dover esplicare più del dovuto il contenuto dei film. Quello che può sembrare uno dei tanti horror estivi che puntualmente dominano le programmazioni (a tal proposito, qui trovate una bella lista di film horror da vedere con un’inquietante ambientazione estiva), ha generato attorno a sé un hype clamoroso, insolito per un prodotto del genere. Il motivo è largamente legato al cast, che ruota intorno a Sydney Sweeney, ma che annovera altri grandi volti internazionali e nostrani. Da Alvaro Morte a Benedetta Porcaroli e Simona Tabasco, in grande ascesa dopo lo splendido ruolo di Mia in The White Lotus 2.
Hype alle stelle, dunque. L’horror negli ultimi tempi sta sempre più flirtando con la produzione mainstream e in questo senso Immaculate rappresentava un bel banco di prova per questa tendenza. Prova che possiamo considerare superata? Per alcuni versi decisamente sì, anche se le debolezze non mancano. Immaculate forse rende meno di quanto previsto, ma catalizza l’attenzione e riesce comunque a garantire una visione godibile, impreziosita da un’altra grande prova di Sydney Sweeney e da alcune operazioni sul genere davvero interessanti. Entriamo maggiormente nel merito, dunque, della recensione di questo attesissimo appuntamento estivo.
Immaculate e la decostruzione dell’horror religioso
Non solo Sydney Sweeney e il resto del cast hanno generato il grande hype che ha accolto Immaculate. Ha giocato la sua parte anche il momento d’oro che sta vivendo l’horror a sfondo religioso, che negli ultimi due anni è stato al centro di un grande revival. Da L’esorcista – Il credente dello scorso anno, diretto sequel del leggendario film diretto da William Friedkin, a Omen – L’origine del presagio, passando per L’esorcista del Papa e il suo sequel. La produzione è tornata a concentrarsi su questo genere, tirando fuori alcuni titoli di ottimo valore. Immaculate si pone su questa scia, dunque, col non semplice compito di confermare il trend positivo, ma anche con la spinta decisiva della rinata attenzione intorno all’horror a sfondo religioso.
Il film di Michael Mohan approfitta di questo periodo favorevole e spinge all’estremo uno dei meccanismi classici di questo genere: la decostruzione degli elementi religiosi. Immaculate prova, infatti, a decostruire due principi cardine della cristianità: l’immacolata concezione e la seconda venuta del Messia. Lo fa anche con un certo coraggio. Sydney Sweeney assume i panni di una moderna Vergine Maria e le immagini che si rincorrono nel sovrapporre il candore dell’attrice e la sacra iconografia della Madonna contribuiscono a questa decostruzione. In tal senso, è potentissima la scena in cui l’attrice viene presentata nei panni di Maria, con le suore in adorazione. Un saggio dell’irriverenza a cui ha provato ad ambire la pellicola, lambendola in alcuni passaggi.
Ancora più potente è la decostruzione della seconda venuta di Cristo. L’immacolata concezione si rivela una fecondazione artificiale, col Salvatore “creato” ricostruendo il codice genetico del Messia. È l’uomo, dunque, a favorire il ritorno di Gesù Cristo, tramite tra l’altro una pratica decisamente contraria alle pratiche religiose. La prospettiva presentata risulta completamente capovolta. Al divino si sostituisce l’umano. Alla purezza il peccato. Elementi religiosi potentissimi vengono del tutto rovesciati. L’apparato concettuale, a conti fatti, è sicuramente l’elemento più riuscito di Immaculate, insieme alla straordinaria prova della sua protagonista.
L’apparizione di Sydney Sweeney in una storia dal ritmo complicato
Eccoci a uno dei punti di massimo interesse del film. Sarebbe fin troppo facile in questo caso fare metafore sulla straordinaria ascesa di Sydney Sweeney, ma dobbiamo necessariamente soffermarci sulla grande prova fornita dall’attrice, che è anche incappata in un incidente durante le riprese. Tradizionalmente, l’horror è un trampolino di lancio per le star. Pensiamo a Jamie Lee Curtis, o a Neve Campbell. In questo caso, invece, Immaculate fa da consacrazione per Sydney Sweeney, che dopo il successo di Tutti tranne te si carica sulle spalle quello di un film che ruota completamente intorno a lei. L’attrice è la protagonista assoluta della pellicola. Domina ogni scena, indirizza la narrazione e la caratterizza. Se Immaculate riesce nel suo intento di decostruzione religiosa, buona parte del merito va alla credibilità di Sydney Sweeney nei panni della prescelta.
La prova dell’attrice riesce anche a mascherare alcuni passaggi a vuoto legati soprattutto alle modalità narrative. Se concettualmente Immaculate riesce a colpire nel segno, lo stesso non si può dire della costruzione del racconto in se. La gestione dei tempi narrativi è quantomai discutibile. Soprattutto il terzo trimestre, la coda del film, è davvero troppo sincopato. Si arriva all’epilogo con troppa fretta e in generale il ritmo narrativo risulta un po’ strozzato. Avrebbe fatto comodo, sicuramente, qualche scena in più, con un po’ di background sui protagonisti o con qualche altro momento di tensione. Invece la frenesia domina la scena, mozzando il fiato in un po’ troppi punti. La storia ha una costruzione non troppo riuscita, dunque, ma la prova di Sydney Sweeney e la decostruzione degli elementi religiosi riescono a mascherare queste incertezze.
La costruzione della tensione
Un altro elemento tutto sommato riuscito in Immaculate è sicuramente la costruzione della tensione. Un horror, per antonomasia, deve far paura. E il film con Sydney Sweeney spaventa in diversi punti. La pellicola alterna i più classici jumpscare, capaci anche questi di attingere al grande campionario del genere come nella scena dell’uccello contro la finestra, a immagini inquietanti, che trascendono in diverse occasioni anche nello splatter. Il clima di tensione è sicuramente favorito dal ricorso alle immagini sacre, puntualmente preziosissime nel gettare lo spettatore in uno stato d’ansia. Immaculate riesce, dunque, a sfruttare i più classici meccanismi del proprio genere per costruire la tensione narrativa e assicurare il clima giusto alla storia che ha voluto raccontare.
Particolarmente riuscita è la scena finale di Immaculate. Dopo la suggestiva fuga nelle catacombe, la chiusura con le urla disperate di Sydney Sweeney, quel cordone strappato a morsi e il masso che piomba su una chiusura che non vediamo mai, ma di cui udiamo sinistri digrigni, è molto convincente e suggestiva. Un passaggio che è emblematico dell’intero film, costruito intorno a una protagonista dominante e impegnato a colpire lo spettatore in modo diretto e continuo.
Insomma, Immaculate ci è piaciuto?
Abbiamo parlato di cosa ha funzionato e cosa invece non è andato in Immaculate. Tirando le somme, questo attesissimo horror estivo fa decisamente il suo. È un film interessante, coinvolgente, un po’ claudicante sui tempi narrativi ma efficace nella sua volontà di portare all’estremo la decostruzione religiosa. È anche una nuova, enorme, consacrazione per Sydney Sweeney (qui potete scoprire 8 curiosità su di lei), sempre più sulla cresta dell’onda. Ma è pure un bel palcoscenico per due attrici nostrane in rampa di lancio come Benedetta Porcaroli e Simona Tabasco. Ci sono, insomma, diversi spunti interessanti in Immaculate e le debolezze del film sono mascherate con efficacia. Anche questo è sicuramente un plauso da imputare al film.
Prova superata, dunque, per l’horror più atteso dell’estate. Dal canto suo Immaculate conferma la fortuna di un trend in grande fermento e scrive un’altra pagina significativa del sempre più convincente feeling tra produzione mainstream e di genere. Questa estate 2024 si sta rivelando molto felice per i fan del cinema horror, come abbiamo visto con A Quiet Place – Giorno 1. E sì, Immaculate, tutto sommato non ci è dispiaciuto.