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In Vogue: The 90s – Il decennio della svolta, la Recensione della docuserie

In Vogue: The 90s
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Alta moda. Fashion. Haute couture. Eleganza. Anti-fashion. Grunge. Streetwear.
Gli anni 90 sono stati la svolta nel campo dello stile e della sartorialità tutta. Anni di rivisitazioni, innovazioni, ribellioni allo status quo dettato dalle case di alta moda nei decenni precedenti. Questa rivoluzione stilistica, ma anche culturale e sociale, viene attentamente seguita, documentata, anche incoraggiata da una sola e grande istituzione del mondo della moda: Vogue. La rivista ha segnato, e segna tutt’ora, il modo con cui guardiamo allo stile e al fashion. Vogue raggruppa e definisce le nuove regole di stile che, a partire proprio dagli anni 90, hanno influenzato profondamente la percezione e il significato di moda.
In Vogue: The 90s (la potete trovare ora su Disney+) si propone, infatti, di riprendere questo sguardo, questa lente in una docu-serie in sei episodi. Proprio come la moda cattura lo spirito di un’epoca, di una società e di una cultura, allo stesso modo vuole fare questo documentario. Interviste, filmati, fotografie, servizi e reportage. Gli stilemi del documentario ci sono tutti, ma vengono resi, potremmo dire, più high fashion, eleganti, “su misura”. La serie ci trasporta in un viaggio spazio-temporale negli anni 90, tra la ribellione londinese e l’arrivo dell’hip-hop. Tra la conquista dei red carpet hollywoodiani e il trionfo dell’anti-stile. Tra l’haute couture parigina e l’artigianalità italiana.

Copertina di In Vogue: The 90s

“Anna Wintour è Vogue, Vogue è Anna Wintour”.

La corona di Vogue spetta alla raffinatissima, quanto enigmatica, Anna Wintour. Non si direbbe (e probabilmente nemmeno lei si definirebbe così), però anche lei, sotto al suo portamento elegante, è una rivoluzionaria. Proprio lei, infatti, ha reso Vogue la rivista che conosciamo oggi. Con il suo arrivo alla direzione nel 1988, Wintour ha stravolto il modo con cui la rivista e l’alta moda guardavano al mondo (e si facevano guardare da esso). Abbracciando le nuove tendenze (o meglio, quasi tutte), Anna Wintour ha reso Vogue America una lente d’ingrandimento sulla moda, sulle passerelle, sui red carpet (è, infatti, negli anni ’90 che l’alta moda entra nella ritualità del red carpet come la conosciamo oggi). La performatività con cui grandi stilisti, come Alexander McQueen e John Galliano, hanno intriso le loro collezioni filtra e diventa parte fondamentale di Vogue, moderna mecenate dei nuovi artisti della sartorialità.
Ciò su cui evita di soffermarsi In Vogue: The 90s è l’influenza che Anna Wintour ha avuto nella cultura pop. Possiamo capire l’importanza di una figura da quanto questa diventi un’inconfondibile ispirazione all’interno di prodotti mediali. Da Miranda Priestly (Meryl Streep), direttrice di Runway ne Il diavolo veste Prada (David Frankel, 2006), a Wilhelmina Slater (Vanessa Williams), direttrice creativa di MODE in Ugly Betty (Fernando Gaitán, Silvio Horta, 2006-2010). Quell’iconico caschetto ha plasmato anche la storia dell’animazione, con l’eccentrica Edna Mode ne Gli incredibili (Brad Bird, 2004). L’esigenza e il perfezionismo di Wintour, che tanto l’hanno portata in alto, spesso all’esterno vengono visti come negativi, talvolta ostili al diverso. Tanto da dare vita a infelici caricature di una figura che, invece, ha contrassegnato un momento storico-culturale.

Intervista ad Anna Wintour, In Vogue: The 90s

All’ombra di Anna

In Vogue: The 90s racconta come la moda si sia spostata dalla ricchezza e dall’opulenza degli anni ’80 verso una nuova estetica più cruda e autentica, che va verso la chiusura di un secolo e di un millennio E lo fa attraverso le interviste con designer, modelle, e quelli che potremmo chiamare pre-influencer dell’epoca. Attraverso i racconti di chi era presente, possiamo rivivere momenti e movimenti iconici di quella moda e di quello stile che hanno scatenato il graduale cambiamento socio-stilistico a livello mondiale in atto ancora oggi. Dive e divi del cinema, icone hip-hop, stelle del giornalismo completano, a livello sociale, il quadro d’insieme abbozzato dagli esperti del settore.

In Vogue: The 90s celebra i vari stili emersi all’epoca. L’alta moda è rappresentata dai grandi nomi come Gianni Versace, Alexander McQueen, Tom Ford e il discusso Karl Lagerfeld. In contrasto con l’esibizionismo di Marc Jacobs e il minimalismo di Calvin Klein. Ci offrono il punto di vista di modelle e supermodelle, come Naomi Campbell, Kate Moss e Linda Evangelista. Non solo dominano le passerelle, ma diventano vere e proprie icone globali, simboli di bellezza e carisma.
La lista di intervistati è infinita, quanto le diverse percezioni e le diverse interpretazioni della moda durante i rivoluzionari anni ’90. Amber Valletta, Andrew Bolton, Baz Luhrmann, Camilla Nickerson, Carlyne Cerf De Dudzeele, Catherine Martin. Ma anche Claire Danes, Claudia Schiffer, Donna Karan, Edward Enninful, Elizabeth Hurley, Grace Coddington. Passando per Gwyneth Paltrow, Hamish Bowles, Hillary Clinton, Jean Paul Gaultier, John Galliano, June Ambrose, Kim Kardashian, Mary J. Blige, Michael Kors, Missy Elliott, Miuccia Prada, Nicole Kidman, Sarah Jessica Parker (e l’impatto di Sex & the City), Stella McCartney, Tommy Hilliott, Vera Wang e Victoria Beckham.

Anche se non si vede, Anna Wintour tira sempre i fili della Industry

Man mano che la Serie si addentra nello spaccato storico della fashion industry, la figura di Wintour (e conseguentemente di Vogue) viene resa meno protagonista, focalizzandosi, invece, sull’intero movimento culturale in atto. Con una scelta che rispecchia, forse involontariamente, l’ascesa di nuovi tasselli, come globalizzazione ed espansione dei media digitali, In Vogue: The 90s, allontanandosi dalla centralità della figura della storica editrice, guarda a una nuova moda, accessibile e usufruibile da tutti. Gli anni ’90 ridefiniscono le regole del gioco dello stile, aprendo le porte ad artisti innovatori, ma restando, contemporaneamente, in contatto con la sua dimensione più tradizionale.
Questo documentario parla a più generazioni: a chi ha vissuto in prima persona questo periodo storico, ma anche a chi sta crescendo con gli effetti dello stesso. Gli anni 2000, come i 2010, sono figli diretti di questa rivoluzione culturale che ha fatto della moda una della sue principali forme espressive e di Vogue il suo manifesto.