Il seguente articolo contiene SPOILER su Karma, nuova serie coreana di Netflix.
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Da alcuni giorni è disponibile su Netflix un nuovo dramma coreano – potete recuperarlo qui – da vedere tutto d’un fiato. Karma è un thriller ricco di colpi di scena che, come avrete intuito dal titolo, ruota attorno al concetto di fato e giustizia. La serie prende a piene mani dal bagaglio tematico della serialità coreana moderna. Al centro della narrazione ci sono l’avidità umana e le differenze di classe. Karma è un prodotto compatto e ben intrecciato che riesce a far immergere lo spettatore nella storia, seppur riservandogli una visione totalmente passiva. Il fato è indomabile per i protagonisti tanto quanto per chi guarda e, senza vinti e vincitori veri e propri, ciò che resta è un’amara riflessione sull’immoralità umana. La nostra recensione.
Karma è l’ennesimo prodotto coreano che tratta il tema della differenze sociali in modo curdo e brutale (qui trovi le migliori serie tv coreane disponibili su Netflix)
Ciò a cui il cinema e, soprattutto, le serie tv coreane ci hanno abituato – e continuano a farlo tuttora – riguarda il peso delle differenze sociali. Il denaro è spesso il tema centrale dei drama made in Corea (qui ne trovate alcune incentrate, invece, sui viaggi nel tempo) che avevano iniziato a stregarci con Parasite nel 2019. Tornando indietro nella storia del cinema della Corea del Sud troviamo tantissimi altri esempi, ma il successo internazionale del film di Bong Joon-ho ha innescato una sorta di reazione a catena. Reazione a catena che troviamo al centro della narrazione di Karma, il cui significato intrinseco è racchiuso banalmente nella potenza evocativa del suo titolo. Il karma – in Karma – ha a che fare soprattutto con il denaro, ma più metaforicamente con le differenze sociali. O almeno questo sarebbe potuto essere un punto più interessante su cui investigare, per quanto quasi trito e ritrito nella serialità moderna.
La serie esplora il prezzo delle scelte individuali e del peso che hanno sul destino dei protagonisti. Karma non si limita a raccontare le storie di diversi personaggi – tra cui c’è anche il brillante Park Hae-soo -, ma si addentra nel loro destino attraverso una narrazione corale, in cui ciascuna delle parti in causa diventa parte di un gioco mortale. La forza della narrazione sta nel proporre una storia compatta e con pochissimi tempi morti: perfetta da vedere tutta d’un fiato. La coralità è espressa in modo mai banale con diversi colpi di scena e intrecci improvvisi che sfruttano diversi salti temporali. Ciò che manca – e che, anzi, è solo accennato – è proprio l’appartenenza a un contesto. Quasi tutti i personaggi provengono dalla stessa realtà ma questa non viene mai esplorata in modo concreto, nonostante il riferimento evidente al passato dei protagonisti. Al di là di ciò, lo sviluppo dei personaggi risulta comunque coerente con il messaggio di fondo della serie.
In Karma non ci sono veri vincitori: a prevalere è un senso di giustizia fittizio che appaga soltanto lo spettatore
La serie parte da un pretesto molto interessante: il pubblico fa molta difficoltà a schierarsi dalla parte di qualcuno in particolare. Episodio dopo episodio, Karma trascina chi guarda in un gioco al massacro in cui si spera soltanto che ognuno abbia la fine che si merita. E’ una premessa narrativa molto forte che invita a riflettere sul tema della giustizia, legandola a un concetto al di sopra delle volontà umane. Il karma, alla fine, rimette tutto al proprio posto, senza vincitori veri e proprio ma con sole vittime. Nonostante le azioni dei personaggi, tutto sfugge al controllo e il fato si mostra più crudele che mai. Ciò che accomuna le pedine è una consapevole assenza di umanità. Tutti sono disposti a fare qualsiasi cosa pur di guadagnare. Ma il denaro non è sempre un’esigenza, quanto più uno strumento di potere e di benessere personale.
Dal figlio parricida che non rinuncia al Rolex al polso al truffatore che appena fuori di galera mette in piedi un giro di ricatti. Karma racchiude la storia di tante personalità mosse più da un brutale individualismo che dal dio denaro in sé e per sé. La serie riesce sempre a essere fedele al concetto di partenza: ogni mossa ha una conseguenza, “occhio per occhio”. A scuotere le menti dei personaggi sono la manipolazione e l’utilitarismo con cui credono di ingannare il sistema. Ma tutti sono schiavi del karma, che agisce indipendentemente dalla loro consapevolezza. La serie si apre con un conto alla rovescia che anticipa inevitabilmente ciò a cui assisteremo: resta solo da capire in che modo. Eppure, a tutti viene data, in realtà, una seconda chance. Il figlio parricida si trova di fronte al destino che lo attende, ma la sua mente depravata lo porta a prendere la via più breve e immorale.
Non si tratta di un prodotto destinato a rimanere saldo nell’immaginario comune ma, in parte, l’obiettivo della serie è proprio questo
Dopo aver visto Karma per intero ciò che resta è un profondo senso di amarezza misto alla soddisfazione di aver assistito a un concetto estremamente astratto di giustizia. Gli stessi personaggi non lasciano appigli allo spettatore: sono solo pedine facilmente dimenticabili. Non c’è né spazio e né tempo per l’immedesimazione, ma Karma non ha bisogno di tutto ciò. La serie sfrutta i diversi piani temporali con abilità, ma senza usufruirne per la costruzione dei personaggi. Gli unici che riescono a emergere sono quelli più subdoli e sfacciati, gli stessi che il pubblico si trova a odiare con tutte le proprie forze. L’ironia del karma gioca sulla dimenticanza dei peccati, trasformando l’amarezza in una lezione: il destino non fa alcuna eccezione. Ma il tema portante della serie risulta contrastante con la struttura stessa. Nel mondo di Karma la moralità è totalmente assente, motivo per cui risulta utopistico pensare che il karma sia l’unico modo per fare giustizia.
Da un punto di vista narrativo la serie è fluida e compatta, seppur non priva di sbavature stilistiche e di scrittura. Soprattutto nel finale alcune scelte sembrano un po’ forzate, soprattutto tenendo conto della millantata astuzia dei protagonisti. Il cuore pulsante della serie è nel suo epicentro, quando lo spettatore si rende conto di assistere a un dramma corale destinato a mutare continuamente da un momento all’altro. Il finale addormenta un po’ il ritmo incalzante che la serie aveva abilmente costruito puntata dopo puntata. Nonostante ciò, la chiusura è appagante e più che coerente: il karma colpisce sempre, ma dietro di sé lascia soltanto una scia di vittime e sangue.