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Keep Breathing – La Recensione dell’improbabile survival drama di Netflix

Keep Breathing
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**Attenzione, seguono SPOILER su Keep Breathing, la nuova miniserie di Netflix**

Sia chiaro, se avete caldo e volete trascorrere un fine settimana incollati sul divano a guardare serie tv e mangiare gelato con uno sforzo intellettivo ridotto al minimo, il nuovo survival drama di Netflix, Keep Breathing, è la scelta ideale. Bravi attori, una sottotrama sentimentale coinvolgente e un percorso accidentato di presa di coscienza tra i boschi. Allora qual è il problema, direte voi? Keep Breathing ha un fastidiosissimo deus ex machina, ingombrante e onnipresente, che fa andare le cose proprio come vorrebbero gli sceneggiatori. Un difetto che rende subito evidente il destino della protagonista. Spoiler: si salva! Bisogna dire che questo è quello che, in fondo, ci si aspetta da un survivor drama. Cioè che dopo un lungo percorso a ostacoli, l’eroe trovi il modo di salvarsi. Tuttavia quando questo percorso favorisce fortuitamente la protagonista, ad ogni costo e a discapito della logica, la tensione e la magia evaporano, lasciandoci con una storia “meh”. La nuova limited series creata da Martin Gero (Bored to Death, Blindspot) e Brendan Gall per Netflix sembra essere la risposta in chiave “sopravvissuta” a The Flight Attendant, la dark comedy HBO con Kaley Cuoco. Troviamo una protagonista alcolista, con un passato ingombrante e delle difficoltà comportamentali. In entrambe le storie abbiamo dei flashback, déjà-vu, allucinazioni, rivelazioni psichiche e un percorso di accettazione di sé stessi. Tutto questo funziona in una serie, The Flight Attendant, ma non regge nell’altra, Keep Breathing. Vediamo perché – a nostro avviso – il nuovo drama con Melissa Barrera (Vida) funziona solo a metà.

Keep Breathing è esagerata, ma non è una comedy.

Keep Breathing

Keep Breathing è esagerata. Lo è anche The Flight Attendant, ma l’iperbole è ammissibile in una comedy che sfrutta le esagerazioni come effetto comico. Il problema è che Keep Breathing non vuole far ridere nessuno. È pensata per essere un drama psicologico in cui la protagonista fa pace con il suo passato e ritrova la versione migliore di sé stessa. Vien da sé che ogni esagerazione – che in The Flight Attendant suscita ilarità – in questo caso si trasforma in qualcosa di ridicolo. Andiamo per gradi. Melissa Barrera è Liv, un’avvocatessa che lavora 80 ore alla settimana e ha rinunciato ad avere una vita privata. Ha allontanato tutti quelli che vorrebbero starle accanto a causa di un’infanzia difficile. Un giorno, in un impeto impulsivo, si reca in aeroporto per raggiungere una località sperduta in mezzo al nulla dove, crede, si nasconde sua madre. Un’artista bipolare che l’ha abbandonata da piccola. Non trovando un volo, chiede un passaggio a due sconosciuti, George (Mike Dopud) e Sam (Austin Stowell). L’aereo però si schianta nel mezzo della landa selvaggia canadese. Lei è l’unica sopravvissuta. Sola e inesperta, Liv combatterà per restare in vita e dare alla luce sua figlia. Fine. Durante la sua permanenza nella natura selvaggia, nemmeno una settimana, la protagonista è riuscita a inquinare il territorio circostante più di quanto faccia un rave di ubriachi sulla spiaggia.

Liv, sei Highlander?

survivor drama Netflix

Sulla carta la storia di Liv è emozionante. Una donna in carriera gelida e ostile che resta incinta e decide di partire per un viaggio alla ricerca di sua madre. Ha un collega che la ama, ma lei ha paura di lasciarlo entrare nel suo cuore (appunto, a causa dei suoi traumi infantili). A partire dallo schianto nel lago, la narrazione crea un bel ritmo, intervallando il passato al presente in una soluzione che riesce a creare una storia emotivamente stuzzicante, ma solo a metà. Liv possiede lo starter pack della protagonista perfetta. Ha un passato tormentato, un padre appena morto. È un’alcolista. Ha paura di amare, ma ha trovato “quello giusto”, Danny (Jeff Wilbusch). Dunque Liv è perfettamente tormentata a tal punto da trasformarsi in un personaggio scontato.

Sappiamo che alla fine la protagonista ritroverà la strada di casa, anche in senso metaforico. La sottotrama drammatica è interessante e l’alternanza dei flashback garantisce una tensione costante che ci accompagna fino alla puntata finale. Tuttavia non è lo sviluppo narrativo a determinare la drammaticità del racconto, ma un insieme di tragedie che farebbe piangere anche il cuore più duro. Dall’altro lato, però, abbiamo la trama avventurosa. Sì, non dimentichiamoci che ci troviamo pur sempre in una serie tv “survivor”. Liv sopravvive a tutto: incendi, schianti aerei, bacche velenose, cadute da precipizi e buche e un ultimo e lunghissimo viaggetto nelle rapide. Tutto mentre è ai primi mesi di una gravidanza indesiderata. Tutto restando sexy nelle condizioni peggiori.

Un percorso di accettazione di sé, tra massi e cadute improbabili.

Keep Breathing

Un momento davvero notevole, invece, è la lunga allucinazione della quinta puntata, quando Liv si trova nella buca. Un momento surreale, ben architettato ed emozionante. Un’allucinazione persistente in cui la protagonista lotta per affermare sé stessa e per fare pace con il passato. Alla fine del viaggio, Liv avrà quel confronto con la madre. Non nel modo che aveva immaginato, ma è sufficiente a convincerla che non è come lei. Interpretata da Florencia Lozano, la mamma è una creatura affascinante, ma scontata (così come il padre). Un personaggio che vediamo fare uso di litio. Considerati anche i suoi episodi maniacali è dunque facile concludere che sia affetta da un disturbo bipolare o da depressione.

In questo, Keep Breathing compie uno degli errori a nostro avviso più grandi. Non mettiamo in dubbio che Liv abbia sofferto l’abbandono. Eppure, il racconto contribuisce a colpevolizzare il malato, fortificando lo stigma che pesa sulle persone affette da malattie invisibili, da disturbi mentali o dell’umore. La madre di Liv viene presentata spesso come una cattiva madre, sebbene il padre (Juan Pablo Espinosa) cerchi di far capire alla figlia che la mamma è malata. La protagonista, da parte sua, sebbene sia un’adulta e dovrebbe capire la situazione, continua a covare rancore per quella donna. Fa il possibile per convincere sé stessa di essere diversa (ma non occorre, non ha la stessa malattia), di poter amare e di poter essere un buon esempio per i suoi futuri figli. Un messaggio carico di moralismo, nascosto nelle maglie di una storia spacciata come avventurosa.

Keep Breathing

Nel corso delle puntate vedremo Liv parlare con la sua coscienza rappresentata a volte da Danny, a volte da Sam (Austin Stowell). Ovvero il co-pilota dell’aereo deceduto che si era spacciato per un fotografo quando invece era un contrabbandiere che non sa nuotare. Per cavarsela Liv fa appello alle reminiscenze da scout, al sesto senso e – purtroppo – a una fortuna sfacciata. L’ultimo, toccante, tentativo di salvezza è troppo inaccettabile. La protagonista, stremata, decide di tuffarsi nel fiume e di farsi trascinare dalla corrente. È vero che riesce a restare sulla superfice, ma senza neanche provarci – per una fortuna troppo fortunata – non si scontra mai con un masso, sebbene il fiume ne sia pieno. Dopo una serie di sfortunati eventi, Liv ha solo una caviglia slogata e dei lividi. E in tutto questo trambusto, il feto è rimasto illeso e alla fine, insieme al suo Denny, darà alla luce uno splendido bebè.

Keep Breathing ha tutti gli elementi del survivor e del drama. Sulla carta si presenta come una storia all’ultimo respiro, come suggerisce il titolo. Una prova di sopravvivenza che renderà Liv una persona emotivamente matura e la preparerà a una nuova vita. Eppure è tanto, troppo esagerata. La suspense svanisce a partire dall’orso e dalle bacche velenose. Il punto di forza di Keep Breathing è senz’altro il suo aspetto essenziale. Sei episodi, ciascuno sui 40 minuti circa, che non puntano al sensazionalismo, ma al raggiungimento della calma interiore. Potremmo definirla un survival drama zen, in cui la sopravvivenza fisica dipende da quella interiore. Il casting è perfetto, le ambientazioni colpiscono e anche Barrera è convincente. Eppure, per risolvere i suoi problemi, sarebbe bastato andare in terapia.

In definitiva, il drama consiste in un’esplorazione psicologica banale mentre l’avventura – che ci aveva attirato con un titolo a effetto – è inverosimile e noiosa. Keep Breathing è complessivamente una storia piacevole, dal meraviglioso sfondo naturalistico (e una spettacolare aurora boreale) e una sottotrama emozionale. Tuttavia è troppo scontata e improbabile per essere presa sul serio.

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