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Killing Eve – La recensione del finale di serie

Killing Eve
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Dopo quattro stagioni Killing Eve termina la sua corsa con un doppio episodio finale che potremmo riassumere in tre aggettivi: frettoloso, semicotto e deludente. Un vero e proprio tradimento per uno show che, sul rettilineo conclusivo, decide di prendere la via più facile, dimenticandosi la sua vera natura. A cominciare dalla sua morte più importante. Sapevamo fin dall’inizio che una delle tre donne principali avrebbe lasciato questo mondo, ma non chi, dato che Eve, Villanelle e Carolyn si mettevano costantemente in pericolo. La risposta è arrivata proprio nell’ultima puntata, quando Villanelle viene freddata da un cecchino e il suo corpo sprofonda nelle acque nere del Tamigi.

Il problema, però, non è tanto la morte in sé, quanto il modo in cui avviene e il suo peso narrativo.

Prendendo l’altra morte significativa del finale di Killing Eve, la differenza si nota eccome. L’uccisione di Konstantin per mano di Pam è sì inutile narrativamente, ma ha la giusta carica emotiva e Carolyn, Villanelle e Pam hanno anche il tempo di rifletterci, di piangerla. Un privilegio non concesso alla nostra Villanelle, a parte il grido di Eve che per l’autrice Laura Neal avrebbe dovuto essere “un urlo di sopravvivenza. È come se ci fosse del trionfo, una cosa tipo ‘sono sopravvissuta. Andrò avanti, sarò viva, e vivrò bene’ piuttosto che un urlo di perdita, o dolore, o rabbia”, ma che in realtà per noi rappresenta proprio quest’ultima cosa. E non poteva essere altrimenti.

Basti pensare agli avvenimenti dell’episodio. Dall’isola scozzese a Londra, Eve e Villanelle intraprendono un viaggio on the road in cui si fanno leggere i tarocchi (dove inevitabilmente compare la carta della Morte), cantano insieme e si lasciano andare al loro amore. Per quanto questo idillio romantico sia bellissimo ai nostri occhi, non è coerente con la storia. Killing Eve è l’immersione nella mente di una donna ordinaria attratta da un’avversaria oscura in cui vede parte di sé. Di conseguenza, Eve è una donna tormentata e piena di inquietudini, che però sembrano essersi magicamente dissolte in questa unione fin troppo pacifica. Annullando, di fatto, il conflitto sia con Villanelle, che con sé stessa. Il che ci porta a chiedere nuovamente: perché Eve era arrabbiata con Villanelle a inizio stagione? Che è successo dopo il loro incontro sul ponte? Niente, non riceveremo mai delle risposte a queste domande.

Prima di venir uccisa, Villanelle riesce ad ammazzare i Dodici nella storyline che dovrebbe essere il climax di Killing Eve ma che, invece, viene chiusa frettolosamente.

Dopo più di una stagione di tentativi infruttuosi di farci appassionare all’identità dei Dodici (ridotti di fatto a sterile espediente narrativo o, in gergo cinematografico, un MacGuffin), non siamo nemmeno riusciti a vederli quando Villanelle li uccide. Per di più, l’assassina fa una strage incolore e senza creatività, che invece riserva al personale della nave. Anche se non siamo tanto interessati ai Dodici , il fatto che i villain più importanti di Killing Eve vengano fatti fuori in questo modo, senza nemmeno un briciolo della comicità di Villanelle e dopo averci costruito stagioni intere, è inaccettabile.

Allo stesso modo, siamo lasciati da soli a dedurre determinate cose. Come l’assassino di Kenny.

Non è mai stata confermata la sua identità, solo suggerita: infatti, Eve dice che Carolyn stava fingendo di non sapere per continuare a rimanere in gioco, sottintendendo che Konstantin fosse responsabile (anche se è improbabile che abbia eseguito il colpo personalmente), come effettivamente appariva al tempo. È ancora più straziante pensando alla confessione di un Konstantin morente di aver sempre amato Carolyn e alla possibilità molto reale che fosse il padre di Kenny.

Deduciamo da soli anche il motivo per cui Carolyn fa quel che fa in Killing Eve. Non può tornare all’MI6 a mani vuote e, dato che Eve le ha sottratto i Dodici, deve trovare un’altra mossa da compiere sulla scacchiera. E non importa quanto Villanelle le piaccia, ciò non le impedisce di fare ciò che deve per sé stessa: come dice a Pam, mai lasciare che i propri sentimenti si intromettano. Seguire il suo spin-off, se confermato, sarà difficile considerando che adesso non è esattamente un personaggio ben voluto. Anche vedere la nuova vita di Pam sarebbe interessante. La sua storia è aperta a ogni possibilità: magari tornerà a Margate dal ragazzo della fiera, magari diventerà un freelance… il futuro è tutto per lei.

Killing Eve

Ma torniamo alla morte della nostra assassina preferita.

Che Carolyn decida di “consegnare” Villanelle all’MI6 è una nostra deduzione, l’ipotesi più probabile, ma non ci viene detto. Di conseguenza, non c’è una ragione forte, perfettamente argomentata e messa in scena per la morte di Oksana, tanto che può aver ragione chi vede solo l’uccisione dell’ennesimo personaggio lesbico. Non è nemmeno il culmine di un percorso; lo sarebbe se Villanelle si fosse attivamente sacrificata per salvare Eve o se fosse andata consapevolmente in una missione suicida che avrebbe posto fine alla sua vita, ma era l’unico modo per sconfiggere i Dodici. Martirizzare sé stessa mostrerebbe una crescita e si adatterebbe al tema religioso della stagione (per quanto vorremmo dimenticarcelo, ma almeno avrebbe una coerenza), ai tarocchi, al momento “Dio che crea Adamo” in cui Eve cerca di raggiungerla.

Così invece l’impatto della scena è minimo, anche perché è un cliffhanger che avevamo visto appena tre episodi fa e, dunque, forzato e debole dal punto di vita drammatico. Senza contare che il taglio netto con Eve nel Tamigi è terribile. È un peccato che Killing Eve e i suoi autori non siano interessati ai risvolti dell’uccisione di Villanelle su Eve. La sopravvivenza di quest’ultima è più sorprendente della morte di Oksana, risultando quindi una scelta più interessante. Perché allora non prendere un po’ di tempo per mostrarci perché l’hanno presa, perché è importante?

Nonostante Killing Eve abbia offuscato il confine tra gatto e topo, eroe e villain, alla fine tutti gli agenti sono sopravvissuti e (quasi) tutti gli assassini sono morti. Sembra troppo semplice e poco interessante (e quindi non da Killing Eve) far morire i cattivi e lasciare in vita i bravi ragazzi. Non era il punto dello spettacolo che non ci sono buoni e cattivi, che il continuum tra Villanelle ed Eve è scomparso completamente? Che peccato trascinare le morti lungo linee morali così chiare. Carolyn è l’unico fattore complicante, che può vivere ma deve anche convivere con sé stessa, dopo averci ricordato nuovamente chi è sempre stata.

Non ci resta allora che congedarci, ancora con l’amaro in bocca per aver assistito all’ennesimo finale orribile di una grande serie tv di cui, con molta probabilità, ricorderemo solo la prima stagione.

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