Dopo il grandissimo successo di L’amica Geniale, la Rai ci riprova ancora e porta in scena su Rai 1 un altro romanzo storico, che vede alla regia una donna, Francesca Archibugi; la scrittrice in questione è Elsa Morante e il romanzo messo in scena è La Storia. Questo è di sicuro uno dei suoi romanzi più conosciuti e chiacchierati, che narra le vicende di una giovane maestra elementare di origini ebraiche, in piena dittatura fascista a Roma. Ma andiamo a vedere come sono stati questi due primi episodi.
Episodio 1
Ida Ramundo, ne La Storia, è una giovane maestra elementare di origine ebree – sua madre era ebrea – che vive nel quartiere S. Lorenzo a Roma, vedova e con un figlio diciassettenne a carico. È il 1938 ed entriamo immediatamente in quella che è l’ambientazione del tempo: vestiti, acconciature, luoghi, oggetti, tutto è riportato in maniera molto fedele e lo si intuisce immediatamente. Nei primi minuti della puntata iniziamo a conoscere i personaggi principali, come Ida e suo figlio Nino, ma anche quelli secondari, come Remo – interpretato dall’egregio talento di Valerio Mastandrea – che scopriamo essere amico fedele e protettivo della buona Ida.
Ida è una donna umile, dolce, incredibilmente fragile e delicata quanto un vaso di cristallo ma con una caratteristica che la contraddistingue immediatamente: la costanza. Lei ci prova, nonostante la paura di sbagliare, il senso di inadeguatezza, il terrore di non essere abbastanza per riuscire a dare una guida sicura a suo figlio ora che sta crescendo. Lei ci prova, sempre e comunque senza mai arrendersi e con un grande coraggio. Ci prova anche quando i soldi cominciano a diminuire e non riesce ad andare avanti, a comprare da mangiare o da che vestire per lei e Nino, un figlio che incarna perfettamente il prototipo dell’adolescente, valido per ogni epoca e tempo senza mutare mai: egoista, egocentrico, pretenzioso e narcisista. Ma andiamo per gradi e raccontiamo ora quella che è la scena più intensa e forte della prima puntata, dove si inizia a capire che la regista ha un talento non indifferente.
La scena in questione è quella in cui un soldato tedesco, ubriaco e in cerca di un’avventura sessuale prima di andare in guerra, incontra Ida per strada e la segue fino a casa sua, dove la violenta. La scena è drammatica e terribile e ad aumentarne l’intensità si aggiunge anche un parallelismo potente quanto terrificante: Ida che, mentre subisce la violenza, pensa a quando da bambina ebbe un attacco epilettico, lo stesso che sta avendo in quel preciso momento. La regia ha interfacciato dunque le due scene, quella reale e quella nella testa della protagonista, in un connubio perfetto e raccapricciante.
Da questa tremenda violenza Ida scopre di essere incinta e decide, nonostante il dolore subito in quell’atroce momento, di tenere il bambino e affrontare tutta la gravidanza senza dirlo minimamente a nessuno. Nel frattempo i suoi pensieri crescono: la paura che qualcosa di brutto stia per arrivare la tormenta sempre più, specialmente perché i controlli verso gli ebrei si fanno più serrati e severi e ha paura possa accadere qualcosa di brutto ai suoi figli e a lei stessa. Nel frattempo, Nino, si avvicina giorno dopo giorno alle idee fasciste del movimento, a causa di amicizie sbagliate e della sua personale frustrazione nel sentirsi un ragazzo povero e impotente. È stufo di andare a scuola, di sua madre che tenta disperata di farlo studiare e offrirgli così un futuro migliore e del fatto che ogni sera il cibo sulla tavola sia sempre di meno.
La fine dell’episodio 1 ci regala un’altra scena densa e di grande bellezza: il parto di Ida. La donna si reca da sola, e a piedi, in piene doglie, a casa di una levatrice per partorire la sua creatura. È sola, Nino si trova nel campo estivo fascista e, nel momento di più grande dolore per Ida, proprio mentre la sua creatura sta nascendo, la cinepresa ci regala la faccia di Nino in primo piano, e ancora le doglie di Ida, e di nuovo Nino, in una successione splendida di diversi secondi, che ci dimostra tutto il senso della vita di una mamma: i suoi figli.
Episodio 2
Il secondo episodio de La Storia ci porta ancor più nel vivo delle vicende. Nino, in maniera sempre più decisa e incisiva, si dichiara un giovane al servizio del movimento fascista, marina la scuola e disprezza i suoi professori giorno dopo giorno. Ida non ce la fa più a vedere suo figlio crescere in quel modo e diventare l’uomo che mai vorrebbe che fosse. L’unica cosa che riesce ad ancorare Nino alla realtà e alle cose essenziali e importanti della vita, è il suo fratellino appena nato, Giuseppe, che con la purezza e l’innocenza dei bambini, riesce a schiodarlo – almeno per un po’ – da quelle idee che stavano attanagliando il suo cuore. Sì, perché nel frattempo il piccolo è cresciuto, anche se Ida lo tiene costantemente in casa nascosto per paura che qualcuno possa vederlo e iniziare a fare domande scomode che possano mettere in pericolo sia lui, che l’intera famiglia.
Nel frattempo il tempo passa e la situazione non fa che peggiorare a Roma, come nel resto del mondo. Le sirene antipanico diventano sempre più frequenti e fragorose, con gli abitanti che sono costretti a trovare riparo in rifugi sotterranei ogni qual volta le sentono suonare, con il cuore in gola e la paura a ogni passo. Molto belle e significative anche le scene in cui i concittadini si ritrovano tutti insieme nel rifugio e cercano di trovarne l’aspetto migliore: accendono la radio, si raccontano storie, ballano e cantano per esorcizzare la paura del momento. Anzi, Nino è il primo a dire alla mamma quanto sia esagerata, perché: “qui non cadrà nessuna bomba! Siamo a Roma, mà, la città del Papa!”. Anche il piccolo Giuseppe, dal canto suo, scende di notte nel rifugio, da quando era un neonato a quando diventa più grande, avendo imparato del mondo già l’aspetto peggiore: la guerra. Oramai infatti Giuseppe è noto a tutto il quartiere e Ida, in poco tempo, capisce che non era di certo quella la cosa pericolosa dalla quale proteggere la sua famiglia bensì tutt’altro, e l’avrebbe compreso ancor di più a breve ma, soprattutto, a sue spese.
Con il passare della puntata vediamo poi Nino partire per la guerra: giovane, bello, con la sua lucente uniforme e tutto il ghetto affacciato ai balconi per salutarlo, pronti e orgogliosi del fatto che un loro concittadino parta in nome della patria. Anche Giuseppe e Ida sono sui balconi e lo salutano, senza la minima idea di cosa sarebbe successo di lì a poco.
L’episodio 2 de La Storia termina con una scena enormemente straziante: S. Lorenzo viene bombardato e molte persone rimangono ferite o perdono la vita. Anche qui la cinepresa dispensa tutta la crudezza e il realismo di cui necessita la messa in scena in questo momento terribile e disumano; vediamo una una madre morta a terra con il cestino della frutta cadutole dalle mani e la sua figlioletta bionda con le treccine, che piange disperata in mezzo al fumo delle macerie e alla gente che le passa accanto correndo impazzita e spaventata. Oppure il bombardamento della casa di Ida, con una trave che cade rovinosamente e calpesta Blitz, il loro cagnolino, uccidendolo. O ancora le tante slide a rallentatore delle persone mentre vengono ferite o uccise, in mezzo a questa polvere grigia e fitta. Anche Ida si ferisce a una gamba, proteggendo Giuseppe con il suo stesso corpo e salvandogli la vita. Questa è l’ultima cosa che vediamo.
Due prime puntate dense e dal grande significato morale, che ci spingono a saperne ancora di più cosa accadrà a Ida, Nino, Giuseppe e tutti i personaggi ai quali ci siamo già affezionati. Immaginiamo cosa possa accadere a Ida, donna sola e di origini ebree, e cosa possa anche accadere a Nino, soldato neanche ventenne in piena guerra mondiale. Non ci resta che sperare – e aspettare – di vederli nelle prossime puntate.